Sono, fondamentalmente, due le prospettive che si stanno fronteggiando rispetto all’esistenza e alla durata del governo. Per averne una raffigurazione precisa e sintetica, è sufficiente rileggere il Corriere e La Repubblica di ieri. Da un lato, Napolitano e Ferruccio De Bortoli a rappresentare i difensori della governabilità: il primo, replicando a Bertinotti (il giorno prima lo aveva accusato di aver sospeso la democrazia) e spiegandogli che le elezioni anticipate sarebbero un azzardo che non ci possiamo permettere. Il secondo, dando tra le righe una notizia bomba, volta a drammatizzare gli eventi e a lasciar intendere che si potrebbe tornare ad una situazione analoga a quella dell’autunno 2011, quando «un decreto di chiusura dei mercati finanziari era già stato scritto d’intesa con la Banca d’Italia. Quel decreto rimase in cassaforte – e speriamo che vi resti per sempre -, ma vi fu un momento nel quale temevamo di non poter più collocare sul mercato titoli del debito pubblico». Dall’altro, Ezio Mauro e Barbara Spinelli, promotori delle elezioni anticipate che affermano rispettivamente: «Serve almeno l’abolizione immediata del Porcellum, per rendere agibile il percorso elettorale quando servirà» e «Non sono le larghe intese a garantire stabilità. Vale la pena ricordare la Grande Coalizione tentata prima dell’avvento di Hitler, nella Repubblica di Weimar». In ogni caso, nel frattempo, Letta si è premurato di far sapere che non ci sono alternative a questa maggioranza. Il commento di Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera.
Va bene che Bertinotti è stato presidente della Camera, ma Napolitano non lo obbligava nessuno a rispondergli per lettera sul Corriere…
No, infatti. Napolitano, come tutti, sa benissimo che parte dell’opinione pubblica, soprattutto a sinistra, e soprattutto nel Pd, soffre le larghe intese come una costrizione. E’ stata, in particolare, Barbara Spinelli, su Repubblica, ad esprimere il sentimento di questa parte, affermando che giustificare l’attuale governo con l’esigenza della stabilità rappresenta pur sempre una grave limitazione della dialettica parlamentare. Napolitano, quindi, rispondendo a Bertinotti, ha voluto parlare a questo mondo. E, probabilmente, soprattutto al Pd.
Ha fatto presente che, effettivamente, ci troviamo in uno stato di necessità.
Più che altro ha ricordato lo stato delle cose. Sottolineando, cioè, che se ci troviamo in questa situazione è, anzitutto, perché non è stata cambiata la legge elettorale, come lui stesso ha più volte insistentemente richiesto; e che il partito giunto primo aveva in testa un sistema di alleanza che non reggeva. Direi, quindi, che siamo in pieno regime parlamentare. E’ il Parlamento (e Napolitano ha ricordato che può sfiduciare quando vuole il governo Letta) che si è dato un governo, non avendo potuto l’elettorato, attraverso la legge elettorale, indicarne uno. Di tutto ciò non si può di certo incolpare Napolitano.
Lo stesso mondo che soffre questa situazione vuole anche le elezioni anticipate?
In esso, c’è chi ancora si illude che far cadere questo governo possa aprire all’ipotesi di un governo con i transfughi del Movimento 5 Selle. Tuttavia, quasi tutti sanno che non solo mancherebbero i numeri, ma anche i presupposti politici per dare vita ad una maggioranza solida. L’ipotesi che, quindi, va per la maggiore, è quella di andare al più presto a elezioni. E’ l’opzione anche di chi sostiene l’urgenza di modificare la legge elettorale per sbloccare la situazione.
Quali sono gli obiettivi del “partito” di Repubblica?
Ho lavorato a Repubblica, e posso assicurare che non è un partito. Il quotidiano esprime opinioni autorevoli che interpretano parte del pensiero dell’elettorato di sinistra, e non crede che questo governo possa realmente avviare la Terza Repubblica. Un sospetto legittimo, dato che il governo di larghe intese segue vent’anni di “guerra civile”. Credo, tuttavia, che abbia ragione Napolitano.
Cioè?
Abbiamo l’urgenza di un governo che gestisca i rapporti con l’Europa, mentre la situazione finanziaria è ancora estremamente fragile e la stabilità rappresenta una condizione fondamentale per evitare le degenerazioni peggiori.
Tutto questo come condiziona Berlusconi e la ricostruzione del suo partito?
Il destino di Berlusconi dipende in buona parte dall’esito di questa fase politica, di cui ne è lo sponsor principale. Non sarebbe male se usasse questo tempo per dedicarsi al suo partito. Tutto, dall’anagrafe alle vicende giudiziarie, depone a favore della creazione di un soggetto di centrodestra moderato che possa fare a meno della sua leadership. Purtroppo, la nuova Forza Italia pare andare nella direzione opposta. Non solo si sta ricostituendo un partito di natura carismatica, ma la qualità del personale politico di chi ne farebbe parte non è, complessivamente, paragonabile a quella della prima Forza Italia.
(Paolo Nessi)