“La Germania non è come erroneamente si crede un Paese felice, orgoglioso e sicuro di sé. Nell’attuale fase i cittadini tedeschi avvertono una profonda insicurezza e insoddisfazione”. Lo sottolinea il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, dopo le elezioni regionali in Meclemburgo alle quali il partito CDU della cancelliera Angela Merkel si è classificato terzo con il 19% dei voti. Primi sono arrivati i socialdemocratici con il 30,6% dei voti e seconda Alternative fur Deutschland con il 20,8%. Anche se per il professor Forte “non dobbiamo attenderci che dopo questa sconfitta cambi la politica europea di Angela Merkel e Wolfgang Schauble basata su austerità e rigore. Anzi il segnale dei risultati in Meclemburgo va nella direzione opposta: gli elettori tedeschi sono seccati per il fatto che non si riesca ad applicare il modello del rigore”.
Secondo lei la Merkel è stata penalizzata solo per la questione dei migranti, o anche perché la sua politica economica incomincia a non essere più apprezzata dai tedeschi?
Chiaramente i tedeschi incominciano a rendersi conto che la politica economica europea non va bene. L’Europa a guida tedesca secondo gli stessi tedeschi non funziona. La politica europea della Merkel è stata bocciata proprio nell’area in cui era ritenuta una grande leader. A Berlino non si vede un altro Helmut Kohl, o comunque un leader capace di dare all’Europa il benessere. Siccome il Meclemburgo è anche uno Stato con una capacità di sviluppo minore, in quanto appartiene all’Est europeo, è chiaro che questo preoccupa maggiormente.
Quali sono le pulsioni che attraversano la Germania?
Nell’attuale fase i tedeschi avvertono una profonda insicurezza e insoddisfazione. La Germania non è come erroneamente si crede un Paese felice, orgoglioso e sicuro di sé.
In particolare che cosa non soddisfa gli elettori tedeschi?
Nell’attuale fase l’euro non va più bene nemmeno ai tedeschi. O meglio, questo modo di gestire l’euro danneggia la crescita europea nel complesso, e quindi crea un problema ai tedeschi perché viene meno un bilanciamento nell’Eurozona. All’interno delle stesse regioni tedesche la crescita non è omogenea, mentre in altre c’è la sensazione che manchi una guida dell’Europa. A ciò si aggiunge la percezione che la politica internazionale della Merkel non funzioni, in quanto in Medio Oriente la Germania è completamente assente.
Dopo la sconfitta in Meclemburgo, la Merkel e Schauble andranno verso un minor rigore?
No. Da un lato la Merkel e Schauble ne risultano politicamente indeboliti. Dall’altra però non credo che gli elettori con questo voto intendano favorire una politica di minor rigore e di maggiore flessibilità. Anzi secondo me è il contrario, gli elettori tedeschi sono seccati per il fatto che non si riesca ad applicare il modello del rigore. Alternative fur Deutschland non è certo a favore del fatto che l’Italia si possa indebitare di più, anzi questa è una delle ragioni del voto contrario alla Merkel.
Nel frattempo l’Eurostat ha confermato il dato Istat, in base a cui nel secondo trimestre 2016 l’Italia ha registrato una crescita zero. Che cosa dovrebbe fare il governo Renzi?
L’Italia dovrebbe introdurre la riforma del mercato del lavoro attuata dalla Spagna imitando la Germania. In secondo luogo al posto dei bonus occorrono investimenti pubblici per fare crescere il Pil. Inoltre va rianimato il mercato degli immobili riducendo la tassazione. Poiché ciò non si può fare nella tassazione diretta, in quanto c’è il veto dell’Ue, occorre intervenire su quella indiretta.
Quali altre tasse vanno tagliate?
Il governo dovrebbe abbattere tributi come la tassa di registro, che ostacolano i movimenti economici e garantiscono un gettito limitato.
Che cosa ne pensa invece del piano “Casa Italia”?
Si tratta di un programma faraonico basato su programmi pluriennali complicatissimi, che prevedono il controllo del commissario anticorruzione, Raffaele Cantone. Questi appalti richiederanno tempi lunghissimi e non si sa bene dove e da chi saranno realizzati. L’idea è sovvenzionare scuole ed edifici pubblici, ma occorre anche capire chi dovrebbe attuare l’investimento.
Lei quali rischi intravvede?
Il rischio è quello di mettere in piedi un programma colossale che sarà attivo per decine di anni, basato su un apparato burocratico ingente, senza che per questo si produca un rilancio degli investimenti. Il piano “Casa Italia” tra l’altro sembra riguardare soltanto le residenze e gli edifici pubblici, lasciando da parte per esempio gli alberghi. E’ quindi più un programma di propaganda e di nuova spesa, che non effettivamente di rilancio degli investimenti.
In Italia ci sono 20 miliardi di euro di sprechi. Perché non si riesce a tagliarli?
E’ difficile dare una definizione esatta di che cosa siano gli sprechi, fatto sta che nel settore delle partecipazioni pubbliche e nelle sovvenzioni alle imprese ci sono enormi sacche di sperperi. Il punto è che le partecipate degli enti locali non sono privatizzate, in quanto servono al Pd per vincere le elezioni. Mandare a casa i membri dei consigli di amministrazione o ridurre le retribuzioni di questi enti inutili evidentemente è impopolare nel momento in cui Renzi ha bisogno di voti per conquistare la maggioranza assoluta.
(Pietro Vernizzi)