Il direttore del Corriere della Sera, forse inconsapevolmente, ha consegnato alla vigilia delle magre ferie estive di quest’anno un “pacchetto avvelenato” al governo di Enrico Letta. E’ vero che il primo giornalista di via Solferino spiega che questo governo è “tanto fragile quanto necessario”. Quindi, come maggioranza quasi insostituibile. Ma nello stesso tempo lo invita ad avere più coraggio ad abbattere la spesa pubblica per poi abbattere la pressione fiscale, come hanno sentenziato i suoi due “guru” Alberto Alesina e Francesco Giavazzi (che non ne hanno azzeccata una dalla crisi dei subprime del 2008, pur facendo acrobazie ideologiche spericolate) sul Corriere. Questo invito ad aggredire la spesa è certamente giustificato. Il problema è come si realizza questo “programmino”, che dovrebbe ridurre il debito italiano, ormai enorme, gli sprechi, e quindi permettere di far ripartire la crescita e il lavoro.
Forse il direttore del Corriere dovrebbe dilungarsi un po’ di più su questo problema. E anche specificare le voci che si devono tagliare. Perché in materia di abbattimento della spesa c’è un po’ troppa imprecisione, o comunque vaghezza. Qualche giorno fa, ad esempio, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, ha dovuto precisare che in una conferenza stampa, lontana dall’Italia, non ha mai parlato di vendere i cosiddetti “gioielli” di quello che è rimasto dell’industria pubblica italiana. Ieri, il direttore del Corriere si è limitato a scrivere “Di cessioni pubbliche non si parla”. Magari sarebbe anche il caso di arrivare a un migliore controllo sui costi della sanità nelle diverse regioni italiane, magari sulla funzionalità della pubblica amministrazione. Gli esempi sono tanti e ogni tanto affiorano per venire poi velocemente dimenticati nella loro specificità.
Ma il “pacchetto avvelenato” che il Corriere consegna al governo Letta è quello mescolato ai ricordi e alle ricorrenze. Scrive infatti il giornale di via Solferino: “Il 5 agosto coincide con i cento giorni del governo Letta”. Ma il 5 agosto è un “anniversario delicato, perché secondo il direttore del Corriere, dopo che arriverà la sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi (30 luglio), questo 5 agosto sarà il secondo anniversario di quel 5 agosto 2011 quando il governo Berlusconi ricevette la contestata lettera della Banca centrale europea, allora a guida Trichet, controfirmata da Draghi, ancora Governatore”. In pratica, il direttore ricorda a Letta che quella fu la vigilia della grande speculazione degli investitori esteri contro l’Italia, fino alla necessità, secondo il direttore, di chiamare il “salvatore” Mario Monti.
Sul quale, il direttore di via Solferino non risparmia parole di elogio: “A proposito del leader di Scelta civica: le troppe critiche offuscano i non pochi meriti. L’Italia, grazie al suo governo, ha evitato la catastrofe alla fine del 2011. L’episodio è inedito ma, nelle ore più drammatiche di quel tardo autunno, un decreto di chiusura dei mercati finanziari era già stato scritto d’intesa con la Banca d’Italia. Quel decreto rimase in cassaforte – e speriamo che vi rimanga per sempre -, ma vi fu un momento nel quale temevamo di non poter più collocare sul mercato titoli del debito pubblico”.
La rivelazione è autorevole e degna di fede. Ma perché non renderla completamente di dominio pubblico? Era un timore giustificato o un timore “montato come la panna”? Sarebbe giusto in questo caso la massima pubblicità per restituire grande credibilità a quello che viene oggi chiamato “il tecnico incompetente” e magari spianargli la strada fino al Quirinale, nel momento in cui Giorgio Napolitano abbandonerà per sfinimento. La chiarezza cristallina (non siamo in epoca di trasparenza conclamata?) dovrebbe essere la via maestra per spiegare all’opinione pubblica quali momenti abbiamo passato e che cosa ci attende. Non si può dire, scrivere e poi cercare di far dimenticare o comunque di sorvolare per carità di patria. Il momento è troppo delicato.
Anche perché, come spiega sempre il direttore del Corriere della Sera, quel 5 agosto può anche essere l’inizio di un nuovo “Calvario”. Se per caso, ad agosto, arrivasse un altro declassamento di Standard&Poor’s “molti investitori internazionali sarebbero costretti, per regole interne, a liberarsi delle attività italiane. E un serio imbarazzo lo avrebbe anche la Bce di Draghi”.
Insomma può darsi che il direttore del Corriere mandi solo un avviso ai naviganti. Ma non c’è dubbio che lo scenario che prefigura, evocando alcuni anniversari, non corrisponde per nulla alle speranze del governo Letta. Sarà un caso, ma questo scenario e queste paure di anniversari, così come la mancanza di coraggio di Letta, corrisponde ai sentimenti dell’attivissimo sindaco di Firenze, Matteo Renzi e anche del professor Mario Monti. Non pare impossibile che più che a un cambiamento di maggioranza, magari dopo un agosto finanziario tumultuoso, più che a un cambiamento di “strane maggioranze” si pensi a un cambiamento di “cavalli”: a Palazzo Chigi e al Quirinale.