Per il presidente degli Stati Uniti Barack Obama è giunto il momento di stipulare un nuovo patto per la classe media americana che rappresenta il motore dell’economia e pertanto merita maggiore attenzione e salari più equi dopo anni di erosione. Abbiamo chiesto un parere al professor Carlo Pelanda, docente di Politica ed Economia internazionale nell’Università statunitense della Georgia.
Professore, è solo retorica quella di Obama?
Obama sta preparando la campagna per le elezioni di mid term, che si preannunciano una vera catastrofe per i democratici. E cerca di recuperare, dicendo “qualcosa di sinistra”.
La crisi della classe media però è una cosa vera.
Certamente. Personalmente lo avevo già chiaro nel 1994 quando assieme a Luttwak e Tremonti scrissi “Il fantasma della libertà”. In quel libro proponevo anche una soluzione che però non è sicuramente quella a cui sta pensando Obama.
Che soluzione ha in mente Obama?
Non ho sentito il discorso che ha fatto, ma sono abbastanza convinto che quella a cui sta pensando Obama è qualcosa di statalista, di assistenzialista. Che pertanto non funzionerà.
Lei che soluzione propone?
In quel libro proponevo come ricetta un investimento educativo, che migliori le competenze della popolazione americana e la renda meglio capace di cogliere le opportunità: possa più facilmente trovare un’occupazione e anche un salario più alto. Una raccomandazione che tiene conto del modello americano che, diversamente da quello europeo, offre garanzie indirette, facendo in modo che il mercato sia sempre in crescita.
Una proposta molto originale.
Tutti i dati dimostrano che i salari sono rimasti fermi e le persone più penalizzate sono quelle con educazione più bassa. Se voglio un capitalismo di massa, in un’economia trainata dalla conoscenza, devo per forza creare più competenze di massa, investendo maggiori risorse nella formazione, sia in quella iniziale, che non è di altissimo livello, che in quella continua. Se ho più crescita, è vero che ho più opportunità, ma non necessariamente ho le persone con le capacità per coglierle. Il modello educativo americano è migliore del nostro, tuttavia non è sufficiente a inserire più elementi nei piani alti dell’economia.
Come si può fare?
Certamente, non aumentando il numero degli insegnanti. Ci vorrebbe una sorta di progetto “Manhattan” per l’educazione. Anche perché c’è un altro rischio da evitare.
Quale rischio?
Quello che la classe media vada in rivolta, come sta accadendo, e invochi il protezionismo. Perché così salta il mercato. Dovrebbe essere interesse di tutti noi che la classe media non vada verso quell’estremo, come sarebbe interesse di tutti che l’America non venga lasciata sola a combattere le guerre e l’unica a sopportarne i costi.
Per l’Europa il discorso cambia?
L’Europa non ha soluzione se non quella di una crisi di modello. Bisogna aspettare che crolli lo stato sociale e si avvii il processo di liberalizzazione.
E per quanto riguarda l’Italia? Anche da noi la classe media sta soffrendo parecchio…
In Italia abbiamo una massa di personale improduttivo, intendiamoci non per colpa dei singoli, che sta nel mercato protetto dell’amministrazione statale. Circa 3 milioni e 700mila persone, a cui vanno aggiunti altri 2 milioni di dipendenti delle municipalizzate.
Per loro non c’è la crisi?
Questa categoria, ripeto, non per responsabilità dei singoli, è diventata una classe parassita. È la classe media, statalizzata, un blocco sociale che impedisce qualsiasi tipo di riforma del welfare state. Ma la crisi è inevitabile: non possono esistere insieme l’eurozona e lo stato sociale. A lungo andare, o salta l’euro o salta l’eurozona. L’eurozona impone il pareggio di bilancio, quindi le garanzie sociali non si possono più finanziare a debito.
In Italia c’è anche una classe media che produce.
Certo, ci sono persone che vivono di mercato e purtroppo, lo vediamo, sono quelle che stanno pagando maggiormente i costi della crisi.
In America la destra come affronta questo tema?
I repubblicani hanno un compito molto importante. Lo stress cui è sottoposta la classe media rischia di coagulare consenso sulle posizioni di Obama, il quale ha intercettato un disagio vero. Mi auguro che siano in grado di offrire soluzioni alternative a quelle che propone Obama, riconoscendo innanzitutto che il problema c’è.
Lei cosa suggerirebbe?
Per governare bisogna dare risposte vere alla gente. Non è vero, come sostengono, che tutti i problemi della classe media si risolvono con meno Stato. Cioè con l’esatto contrario di quello che sostiene la sinistra, che per risolvere i problemi propone più Stato. Nel mio nuovo libro “Il nuovo progresso” approfondisco proprio questo tema: da liberalista dico che è necessario inserire nuovi concetti di garanzie. E quella dell’investimento nell’educazione è uno dei più importanti.