Non sarà la volontà dell’elettorato a far uscire la Grecia dall’euro. Sarà una politica intelligente delle istituzioni europee a farla restare. Ma come potrebbe essere intelligente la politica europea? Adattando il rispetto agli eurostandard ai tempi e modi possibili per una nazione nei guai e varando un programma speciale di aiuto dedicato alla nazione stessa.
Il problema del modello europeo è che non ammette tale flessibilità. Complicato dal fatto che la Germania spinge le nazioni più in difficoltà a programmi di austerità che impediscono la crescita rendendo loro impossibile il riordinamento. Tale politica controproducente è motivata dal criterio di non lasciare spazio ai governi delle nazioni disordinate, perché si ritiene venga usato per evitare decisioni difficili di riforma. D’altra parte, le condizioni di aiuto non devono imporre un politica di impoverimento.
Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra pressione esterna e fattibilità di un progetto nazionale di riforma. Finora tale giusto equilibrio non è stato trovato. Ma il salvataggio delle banche spagnole da parte del fondo europeo salva-stati con criteri condizionali leggeri e adatti al solo caso specifico fa intendere che, pur lentamente, la governance europea sta muovendosi verso un modello di interventi flessibili, differenziati per nazione. Quindi sarebbe il momento di formalizzarlo.
Le nazioni con problemi producono un progetto nazionale di stabilizzazione concordato con le istituzioni europee e queste varano azioni specifiche per sostenerlo. Nel caso greco: (a) garanzia da parte del fondo salva-stati, con retro-garanzia da parte della Bce, del debito greco (attorno ai 350 miliardi) e sua ristrutturazione in modo tale che il rimborso venga allungato e la spesa annua per interessi ridotta; (b) un progetto di almeno 10 anni per ridurre l’apparato pubblico e avviare la creazione di imprese allo scopo di aumentare, via incentivi, la base industriale della nazione; (c) un progetto di 15 anni di modernizzazione infrastrutturale del Paese sostenuto dalla Banca europea degli investimenti; (d) l’impegno a raggiungere il pareggio di bilancio pubblico entro il 2020, via riduzioni della spesa pubblica man mano che il settore privato riuscirà ad assorbire nuovi occupati.
Un programma del genere, nazionale, ma concordato con il complesso europeo, toglierebbe la Grecia dai guai. L’applicazione di questo modello – progetti nazionali diversi concordati con l’Europa di adesione agli eurostandard in tempi e modi realistici – darebbe stabilità a tutta l’Eurozona ora traballante. È così evidente da chiedersi cosa abbia finora impedito di fare così.