Bersani e la legge di Murphy. Edward Murphy era un ingegnere dell’aeronautica statunitense specializzato nel testare la resistenza alle grandi accelerazioni. Un giorno, preparando un esperimento particolarmente complesso con più varianti e discutendone animatamente con i suoi collaboratori che gli suggerivano soluzioni diverse dalla sua, commentò: “Se ci sono due o più modi per fare una cosa e uno di questi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo”. La frase divenne nota come legge di Murphy, citata in tutto il mondo nella sua versione semplificata: “Se qualcosa può andar male lo farà”. Oggi questa legge ha trovato applicazione nel Pd che si prepara alle elezioni. La scelta dei candidati viene fatta con delle primarie annunciate come rottamatrici, ma in realtà predeterminate, con il segretario che si assicura 125 fedelissimi scelti al di fuori da ogni consultazione e con il recupero di alcuni dinosauri esentati dalla regola statutaria che limita a due i mandati parlamentari. Fra questi beneficiati dall’affetto bersaniano c’è Anna Finocchiaro. Ve la ricordate per qualcosa di importante? No? Pensateci bene. Non molto tempo fa i giornali si sono occupati di lei perché è andata a far la spesa in un supermercato e si è portata appresso la scorta, ma ha avuto sfortuna perché un paparazzo l’ha fotografata in mezzo alle sue bodyguard che, cavallerescamente, le spingevano il carrello. Questo per dire che i signori di sinistra, quando dispongono di un po’ di potere, ne abusano come tutti gli altri smentendo quanto sostiene Bersani che rivendica la diversità della sua parte. E questo per dire anche che le donne, quando dispongono di un po’ di potere, ne abusano come i colleghi uomini. Il fatto è che, secondo le voci, Bersani avrebbe in mente di portare Finocchiaro alla presidenza di una delle più alta cariche dello Stato; si parla di Palazzo Madama. Eh sì, Murphy è vivo e lotta con noi.
Grazie Imu. L’odiata nuova tassa sulla casa introdotta dal governo di Mario Monti, appena entrato in carica, nel decreto Salva Italia è stata un gran successo. Gli statistici ci hanno informati che, a conti fatti dopo il 17 dicembre, ultimo giorno valido per il versamento, risulta che l’erario abbia incassato un cifra vicina ai 24 miliardi. Esattamente 3 in più di quanto previsto dai tecnici governativi al momento di introdurre appunto l’Imu. E sembravano, questi statistici, molto contenti nel dare la notizia come uno che si trova nel portafoglio 50 euro in più. Credo che gli italiani non partecipino a questa loro letizia per due ragioni. Perché quei 3 miliardi avrebbero preferito tenerseli in tasca loro; perché dai tecnici che predispongono misure delicate come una nuova tassa si aspettano che siano competenti e sappiano quello che fanno e non che si comportino come i salumieri quando hanno tagliato mezz’etto di prosciutto in più e chiedono: “Cha faccio? Lascio?”.
Grazie Monti. Il Monte dei Paschi di Siena ieri ha registrato un balzo record in Borsa, segnando un +5%. Questo perché l’Unione europea ha dato il via libera ai Monti bond che porteranno alla sgangherata banca toscana 3,9 miliardi di euro permettendole di sopravvivere. Quei 3,9 miliardi sono, ovviamente, pagati dallo Stato, dai contribuenti e corrispondono, quasi, ai 3 miliardi più del previsto entrati nelle casse pubbliche dall’Imu (vedere sopra). Agli azionisti di Mps dunque è andata bene. In prima fila fra questi fortunati c’è la Fondazione Mps controllata da sempre dai politici locali, da sempre di sinistra (Pci.Ds.Dp), gli stessi che hanno portato la banca sull’orlo del fallimento. È la meritocrazia, bambole!
Rating sballati. Le temute agenzie di rating, quelle che con i loro voti promuovono o bocciamo un po’ tutti sui mercati, in realtà per fare le loro valutazioni lanciano la monetina. Uno studio pubblicato ieri ha fatto scoprire che dal 1974 a oggi nel 47% dei casi i mercati non hanno seguito le loro indicazioni per quanto riguarda i debiti sovrani, cioè le emissioni di bond statali. Una volta su due quando i soloni di Standard&Poor’s o Moody’s dicevano “downgrade”, i mercati compravano, mentre di fronte all’indicazione “upgrade”, vendevano. L’ultimo esempio è venuto poche settimane fa dalla Francia: ha perso la tripla A, ma il suo debito è stato molto richiesto dagli investitori. Anche noi dei media dovremmo riflettere su questo dato e declassare le agenzie di rating a quello che sono diventate: junk.
Pensionare Benigni. Non ho visto la trasmissione costituzionale di Roberto Benigni perché su un altro canale c’era un bel film. Ha detto – secondo quanto riportato dai giornali – che bisognerebbe mandare qualcuno in pensione. Ha ragione. E se si incominciasse da lui?
Rottamare Malagò. Giovanni Malagò, amico della Roma che conta a partire da Luca Montezemolo, detto anche prezzemolo perché lo si trova dappertutto, si candida alla guida del Coni presentandosi come rottamatore. E se si incominciasse da lui?