“Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere”. Comincia così l’editoriale di Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera di mercoledì, una stroncatura dell’azione di governo del presidente del Consiglio dopo le aperture di via Solferino a inizio mandato. Come ha ricordato ieri Antonio Fanna sulle pagine del nostro quotidiano online, “sempre il Corriere nel 1994 aveva calato la ghigliottina sul primo governo Berlusconi con lo scoop dell’avviso di garanzia. E nel 2011 gli diede l’avviso di sfratto, che sarebbe diventato esecutivo a novembre dopo il G20 a Cannes. Ora la campana dell’ultimo giro è suonata per Matteo Renzi”. La vera posta in gioco però è un’altra, come spiega Rino Formica, ex ministro del Lavoro e delle Finanze. Si sono aperti i giochi per l’elezione del successore di Napolitano e il mondo di via Solferino, sentendosi debole e diviso per il conflitto tra la Fiat e gli altri azionisti, è ansioso di entrare nell’arena per dire la sua.
Formica, ci troviamo di fronte a uno scenario come quello dell’autunno 2011 che segnò il tramonto politico di Berlusconi?
Non darei questa lettura. La riflessione del direttore del Corriere fa riferimento soprattutto all’intesa tra Renzi e Berlusconi, non solo sulle riforme costituzionali come appare ufficialmente, ma anche sull’elezione del presidente della Repubblica, qualora la legislatura dovesse durare cinque anni. Napolitano ha più volte affermato sin dal momento dell’investitura che il suo mandato è a termine. Se regge il rapporto di intimidazione con cui Renzi minaccia continuamente il Parlamento, l’elezione del presidente della Repubblica è un problema che si porrà molto presto. De Bortoli faceva riferimento a questo complesso di accordi.
Quella per il Quirinale è sempre una partita che si decide all’ultimo minuto. Che senso ha iniziare a discuterne con così largo anticipo?
Quando la previsione della elezione riguarda un termine già prefissato, i giochi si fanno negli ultimissimi mesi. Adesso però le dimissioni di Napolitano possono arrivare in qualsiasi momento, e quindi è naturale che la preparazione e la predisposizione sia già in corso da alcuni mesi.
Lei ritiene che Napolitano si dimetterà entro pochi mesi?
Le dimissioni di Napolitano sono imminenti. Il presidente della Repubblica ha detto che sarebbe rimasto in carica soltanto per 18 mesi, e il termine scade quindi a fine anno.
Il Patto del Nazareno prevede che il prossimo presidente della Repubblica sarà Berlusconi?
No, questa mi sembra un’ipotesi talmente assurda che neanche Forza Italia la voterebbe.
Quale accordo tra Renzi e Berlusconi si configura quindi per il Quirinale?
Sicuramente la convergenza deve essere su un personaggio debole e fragile, che sia disposto ad avere un atteggiamento e una linea ossequiosa nei confronti delle prepotenze renziane. Nello stesso tempo, il nuovo inquilino del Quirinale dovrà essere rispettoso dello stato di salute giudiziaria di Berlusconi. Non c’è dubbio che la convergenza dovrà avvenire su un personaggio di questo tipo.
Quali poteri rappresenta il Corriere della Sera con la sua presa di posizione?
Il mondo del Corriere della Sera in questo momento va visto non come un potere unitario, ma come un terreno in cui è in atto uno scontro tra più poteri. Da un lato c’è l’aspirante azionista egemone, cioè la Fiat, che in qualche modo si contrappone a tutti gli altri. La partita non è stata ancora chiusa, e quindi non c’è un candidato per il Quirinale che sia espressione del potere del Corriere della Sera. La preoccupazione di via Solferino riguarda il fatto che, nell’elezione del presidente della Repubblica, il Corriere non potrà unitariamente svolgere un ruolo univoco. Forse è proprio questa la questione. C’è una debolezza all’interno del Corriere della Sera che gli impedisce di esercitare un ruolo unitario nella condizione della partita per l’elezione del presidente della Repubblica.
Allora come si spiega un editoriale così netto da parte di de Bortoli?
Ha giocato anche il fatto che il suo sia un articolo “a futura memoria”, o una sorta di testamento, in quanto il direttore sa che deve andare via e che vuole uscire senza ambiguità
(Pietro Vernizzi)