Con l’approvazione della legge di stabilità, il percorso del governo si è idealmente e sostanzialmente concluso. Restano il disbrigo dell’ordinaria amministrazione e la predisposizione delle nuove elezioni. Il provvedimento ha affrontato la più svariate questioni. Dai fondi per la Tav, alla salvaguardia degli esodati e alla rimozione dell’onerosità per i ricongiungimenti pensionistici, dallo sgravio dei salari di produttività alla Tobin Tax. Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ci rivela le sue impressioni.
Su queste pagine, il senatore Nicola Rossi si è detto convinto del fatto che con questa legge si è persa un’occasione per spostare l’aggravio contributivo dalle persone alle cose. E’ d’accordo?
Non credo che il momento giusto per compiere un’operazione del genere sia questo, né che si sarebbe potuto fare nell’ambito della legge di stabilità. Uno spostamento strutturale della fiscalità, infatti, impone un consenso ampio e una discussione ad hoc. Certo, inizialmente c’era l’idea di abbassare leggermente l’Irpef, alzando di poco l’Iva. Già allora, tuttavia, non ero d’accordo. I risultati ottenuti sarebbero stati decisamente esigui.
Perché?
Togliere da una parte per mettere da un‘altra, rispetto alla crescita, è un gioco del tutto irrilevante. L’Italia non ha tanto un problema di squilibrio fiscale, quanto di eccessivo carico contributivo. Lo squilibrio, al limite, c’è tra chi le tasse le paga interamente e chi no. Forse, esclusivamente da questo punto di vista lo spostamento dall’Irpef all’Iva avrebbe sortito qualche effetto. L’Iva, infatti, non è eludibile. Resta il fatto che uno tra i principali problemi non è stato risolto.
Quale?
L’incertezza fiscale. Al di là dei nostri problemi strutturali, gli italiani hanno smesso di consumare, provocando il crollo immediato del Pil quando, a luglio 2011, il governo di centrodestra iniziò a metter mano alle aliquote, ad affermare che avrebbe aumentato l’Iva, e a prodigarsi in una serie di annunci di modifiche dell’impianto fiscale. La gente si è sentita minacciata e ha smesso di comprare.
Anche questa manovra sortirà effetti analoghi?
Direi di sì. Poco importa come sono stati organizzati i vari capitoli. Nel momento in cui il saldo di prelievo è positivo, vuol dire che si sta ulteriormente drenando denaro dall’economia. Purtroppo, siamo saldamente incardinati sui binari sbagliati. In recessione, non si aumentano le tasse e non si taglia la spesa. Lo si fa quando si torna a crescere.
L’aggravio contributivo, cosa comporterà per le famiglie e i cittadini?
Chi ha un lavoro o dei risparmi, si sentirà ancora più minacciato, e consumerà ancora di meno. Tale contrazione, a sua volta, produrrà una nuova perdita di posti di lavoro; la perdita di posti di lavoro, infine, alimenterà ulteriormente la paura di chi un impiego ce l’ha. Come se non bastasse, già adesso è piuttosto diffusa la consapevolezza del fatto che le risorse provenienti dalle nostre tasse non restano in Italia ma vengono destinate ai vari Fondi Salva-Stati.
Nel merito, l’Imu resterà interamente ai comuni. Cosa ne pensa?
L’imposizione va vista complessivamente e, al cittadino, del fatto che 100 euro vadano al comune e 100 allo Stato non gliene può importar di meno: sono pur sempre 200 euro. Oltretutto, il Comune che tiene per sé tutta l’Imu, si vedrà tagliare ancora di più i fondi dallo Stato, e si troverà costretto ad aumentare le tasse di sua competenza.
E della detassazione di 2,1 miliardi di euro dei salari di produttività?
Guardi, l’argomento è estremamente importante. Ma può essere affrontato con provvedimenti spot. La produttività è una questione mal’intesa. I nostri problemi, infatti, non derivano certo dal fatto che abbiamo una domanda imponente che non riusciamo a soddisfare perché disponiamo di lavoratori sfaticati che non hanno voglia di fare il loro mestiere. In questo momento, al contrario, manca la domanda. Si tratta, quindi, di un provvedimento estemporaneo, come, del resto, il fondo per agevolare le imprese.
Lei cosa propone?
Sarebbe, anzitutto, necessario aprire un serio dibattito sul perché stiamo crollando. E rimuovere completamente l’incertezza fiscale. Le aliquote non vanno più toccate, mentre le tasse non devono più essere aumentate.
(Paolo Nessi)