È difficile comprendere appieno l’evoluzione della crisi bancaria in corso in Italia dopo che le autorità, Visco e Padoan, hanno dichiarata finita l’emergenza. I singoli episodi e avvenimenti hanno sin qui coinvolto solo alcune banche in termini di sopravvivenza, lasciando le altre nel limbo dell’esistenza per inerzia. Questo è stato considerato sufficiente a superare gli enormi baratri di bilancio, compassionevolmente chiamati Npl, non performing loans o crediti deteriorati, ma non mai errori o truffe di gestione.
In attesa che gli organismi europei di controllo decidano a quanto ammontino i valori da iscrivere, tutto il sistema si adopera per puntellarsi vicendevolmente, anche per garantire i bonus di fine anno ai managers – sempre gli stessi, salvo i pochi pescati con le mani nella marmellata.
Che Banca Intesa si sia fatta carico delle popolari venete, in applicazione di un convertendo decreto in odore di incostituzionalità, non dimostra la forza della banca, ma la sua debolezza che l’ha costretta a piegarsi al volere della politica. Ascolteremo in assemblea il Ceo e il Collegio sindacale spiegarne le ragioni. Certo è che si evidenzierà come qualche migliaio di casi particolari di risparmiatori ingannati siano stati risolti, ma il tema sono gli oltre centomila azionisti/obbligazionisti per i quali resta un pugno di mosche in mano.
I risarcimenti previsti, ridottissimi, sono stati comunque messi a carico del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), alimentato da quasi tutte le banche, il cui presidente si è pubblicamente opposto alla decisione. Sembra evidente che il solo modo di affrontare la crisi ora sia quello di trovare pannicelli caldi che sistemino piccoli aspetti, rinviino le decisioni, evitino l’accumularsi del malcontento e, infine, si riesca a tenere sotto la cenere il fuoco. Non si tratta però di incapacità politica di questo governo, o di qualsiasi altro: l’insieme delle regole, dei vincoli, degli obiettivi è incoerente e logicamente inconsistente.
Non si può rispettare l’art. 47 della Costituzione che parla di protezione del risparmio e salvare questo sistema bancario. A maggior ragione quando si vuole rispettare il vincolo di bilancio e accettare le regole europee e, contemporaneamente promettere la crescita ed evitare la rivolta popolare. In breve, facendo di tutto per mantenere l’euro.
È banale, ma matematico, e anche Totò lo ricordava: “È la somma che fa il totale”.