“Oggi si dimostra che la riforma costituzionale al Senato non ha più i numeri. Se si insabbia la riforma costituzionale al Senato, l’Italicum diventa incostituzionale. È una vittoria di Pirro. Renzi è rimasto solo senza maggioranza”. E’ il commento di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati, dopo che Montecitorio ha approvato in via definitiva la nuova legge elettorale. Forza Italia, Lega nord e Fratelli d’Italia hanno abbandonato l’aula al momento del voto. Sono rimasti al loro posto solo la maggioranza e Sel, e alla fine l’Italicum è passato con 334 sì, 61 no e 4 astenuti. Il fronte dei contrari nel Pd si è dunque allargato rispetto alle votazioni precedenti, tanto da dare adito all’attacco di Brunetta. Ne abbiamo parlato con Cesare Mirabelli, docente di Diritto costituzionale alla Pontificia Università Lateranense di Roma ed ex presidente della Corte costituzionale.
Professore, ha ragione Brunetta a dire che senza riforma del Senato, l’Italicum è incostituzionale?
L’Italicum entrerà in vigore nel luglio 2016. Questo è legittimo perché il legislatore può stabilire un termine per l’entrata in vigore delle leggi. O la riforma del Senato viene attuata, e allora la legge elettorale riguarderà soltanto la Camera, oppure non è approvata e a quel punto vi possono essere delle difficoltà applicative. Dal punto di vista costituzionale parlare di un vizio di legittimità per questo motivo mi sembra però eccessivo.
Il fatto di applicare due leggi elettorali totalmente diverse non presenterebbe delle problematiche dal punto di vista costituzionale?
Presenta degli inconvenienti di fatto, ma non dei problemi di legittimità costituzionale. Camera e Senato sono due assemblee diverse, tra le quali vi è anche una parziale diversità del corpo elettorale, nel senso che le età per votare e per essere eletti sono differenti. Il Senato ha inoltre una composizione su base regionale.
E quindi?
Le due assemblee possono anche avere una divaricazione per quanto riguarda le maggioranze. Nel progetto originario la stessa durata delle due assemblee era diversa, anche se poi di fatto il Senato è sempre stato sciolto nello stesso momento della Camera. L’obiettivo del Costituente era un accentuato bilanciamento tra Camera e Senato, ora forse questa cautela è venuta meno. Ma comunque che ci possano essere due leggi elettorali diverse non è in conflitto con la Costituzione.
Quale legge si applicherebbe al Senato se la riforma costituzionale non passasse?
La Corte costituzionale ha dichiarato illegittime alcune disposizioni del cosiddetto Porcellum, e il presupposto stesso della decisione della Consulta è che Palazzo Madama rimanga comunque provvisto di una legge elettorale funzionante. Ci possono essere degli aggiustamenti attuati in sede applicativa, ma se Camera e Senato si sciogliessero nei prossimi mesi dovrebbero andare a elezioni in modo tale da consentire il rinnovo delle due assemblee.
Quindi si considererebbe valido il cosiddetto “Consultellum”?
Si considererebbe valida la legge che rimane dalla “potatura” del Porcellum messa in atto dalla Corte costituzionale.
L’Italicum di per sé soddisfa ai requisiti della Consulta?
Ci sono stati degli aggiustamenti nel testo legislativo che hanno portato a ridurre l’enfasi del premio di maggioranza. Ma certamente uno dei passaggi più delicati è il premio di maggioranza attribuito a una forza politica che dal punto di vista dei consensi in realtà è una minoranza. Questo passaggio, insieme a quello sui capilista bloccati, potrebbe essere oggetto di un intervento della Corte mantenendo in piedi il sistema che ne risulta senza difficoltà.
Quindi di per sé l’Italicum potrebbe essere considerato illegittimo?
Eventualmente ci potrebbero essere delle altre potature, anche se l’ossatura del sistema rimane. Del resto i sistemi elettorali sono una questione eminentemente politica, purché sia garantita la rappresentatività del corpo elettorale.
Come valuta la presenza del ballottaggio?
Il ballottaggio è una rettifica del premio di maggioranza, in quanto rimette sempre il giudizio al corpo elettorale che sceglierà le alternative che gli sono offerte. Lo stesso vale anche per le elezioni comunali, dove è capitato in alcuni casi che la forza che aveva ottenuto il maggior numero di voti al primo turno senza però arrivare alla maggioranza assoluta, al secondo turno risultasse sconfitta. Di solito si dice che al primo turno si vota cioè la forza politica più vicina alle proprie idee, al secondo quella che è meno lontana.
Il premio di maggioranza è previsto anche per le Regionali. Ci sono differenze sostanziali dal punto di vista costituzionale?
Bisogna vedere caso per caso quale sia il contesto normativo nel dettaglio e se ci siano stati dei giudizi di legittimità costituzionale. Non può essere fornita un’indicazione generale su questo tema.
(Pietro Vernizzi)