AUMENTO IVA, 242 EURO DI RINCARI PER OGNI FAMIGLIA
Non è ancora chiaro se nascerà il Governo Lega-M5s. In ogni caso, qualunque esecutivo ci sarà in autunno, se con la Legge di bilancio non verrà bloccato l’aumento dell’Iva, l’anno prossimo ogni famiglia italiana rischia di dover pagare circa 242 euro in più. Secondo la Cgia di Mestre, questa è la media tra i rincari che saranno diversi a livello territoriali. A Nord, infatti, l’aumento sarà di 284 euro, mentre al Sud di 199 euro e al Centro di 234. Per il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, “bisogna assolutamente evitare l’aumento dell’Iva. Non solo perché colpirebbe in particolar modo le famiglie meno abbienti e quelle più numerose, ma anche perché il ritocco all’insù delle aliquote avrebbe un effetto recessivo per la nostra economia. Ricordo, infatti, che il 60 per cento del Pil nazionale è riconducibile ai consumi delle famiglie. Se l’Iva dovesse salire ai livelli record previsti, per le botteghe artigiane e i piccoli commercianti sarebbe un danno enorme, visto che la stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda interna”.
AUMENTO IVA, L’ITALIA DIVENTERÀ IL PAESE CON L’ALIQUOTA PIÙ ALTA
Se non verrà disinnescato l’aumento previsto, dal 2019 l’Italia sarà il Paese con l’aliquota Iva ordinaria più elevata dell’area dell’euro. Dall’attuale 22%, infatti, si passerà al 24,2%. Questo balzo ci consentirebbe di scavalcare tutti e di posizionarci in testa alla classifica dei più tartassati dalle imposte indirette, davanti a Grecia e Finlandia, la cui Iva è al 24%. “Se è vero che in questi 45 anni abbiamo subito l’incremento d’aliquota più significativo, è altresì vero che nel 1973 quella applicata in Italia era, ad esclusione della Germania, la più contenuta. Tuttavia, se l’aumento previsto non sarà ulteriormente spostato in avanti, dal 2019 i consumatori italiani saranno sottoposti all’aliquota Iva ordinaria più elevata tra tutti i Paesi dell’area dell’euro, con un serio rischio che l’economia sommersa assuma dimensioni ancor più preoccupanti”, è la conclusione del Segretario della Cgia Renato Mason.