“Le esigenze di corretto, lineare, spedito funzionamento del sistema giudiziario sono apparse e appaiano vitali al fine di dare le certezze e le garanzie di cui ha indispensabile bisogno lo sviluppo dell’attività economica e dell’occupazione”. Parlando davanti al Consiglio superiore della magistratura, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha sottolineato le “nuove ragioni di attualità e non rinviabilità dei problemi di riforma della giustizia”. Per Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità ed ex deputato dei Ds, “le crepe nel sistema giudiziario del nostro Paese sono ormai sotto gli occhi di tutti”.
Quanto è forte il “patto” tra Napolitano e Renzi?
Quella di patto mi sembra una definizione un po’ eccessiva, perché tra i due personaggi non c’è un feeling molto forte. E’ vero però che su questi temi, come giustizia, mercato del lavoro e legge elettorale la convergenza è molto pronunciata. Renzi può contare sul sostegno del Quirinale per portare avanti i suoi progetti.
L’attacco dei pm di Palermo al Quirinale sulla questione Stato-mafia mira a minacciare il primato della politica?
Il coinvolgimento di Napolitano nel processo sulla trattativa è una vicenda molto surreale. Gli stessi pm che insistono perché venga interrogato sanno e dicono che con la presunta trattativa Napolitano non c’entra nulla. Il capo dello Stato è stato coinvolto soltanto perché ha risposto a una telefonata del senatore Mancino, e quindi l’iniziativa dei pm di Palermo mira chiaramente a dimostrare la loro stessa onnipotenza, ma non ha alcun fondamento fattuale, anche perché i giudici stessi dichiarano che non ce l’ha.
E quindi?
Questo ripropone all’ordine del giorno il modo in cui la magistratura italiana si muove, con grandi crepe al suo interno. Quando i pm sostengono che l’interrogatorio di Palermo non è importante per quello che deve dire il presidente, ma per le domande che loro faranno, siamo di fronte a un’aberrazione giuridica.
Come giudica l’invito di monsignor Galantino a Renzi, con cui gli ha chiesto di passare dalle parole ai fatti?
E’ un invito saggio. Con questo Papato si è accentuata un’attenzione ai diritti e al sociale, e quindi sollecitare il presidente del Consiglio a passare dalle parole ai fatti è un invito serio, autorevole e totalmente condivisibile.
In un’intervista a ilsussidiario.net, Rino Formica ha spiegato che le critiche a Renzi mosse dal direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli, nascono dal fatto che si è aperta la partita per il Quirinale. Lei che cosa ne pensa?
Condivido questa analisi, e ritengo che i fattori in gioco siano tre. L’editoriale di de Bortoli in primo luogo nasce dal fatto che, dopo averlo sponsorizzato, il Corriere ha deciso di non appoggiare più il presidente del Consiglio. Renzi ha poca voglia di farsi influenzare, come dimostra per esempio la sua scarsa reverenza nei confronti delle critiche che già gli ha rivolto Eugenio Scalfari. De Bortoli del resto sta lasciando la direzione del Corriere e vuole farlo con un piglio più robusto. Ma soprattutto Renzi sta deludendo chi vorrebbe fare da subito con lui un accordo per il Quirinale. De Bortoli vorrebbe sponsorizzare Mario Draghi e Renzi non ci sta.
Qual è il vero valore della partita per il Quirinale?
Siamo in una fase molto importante, perché se con Renzi o i suoi successori Palazzo Chigi e la politica riprendono la loro centralità, la supplenza del Quirinale diventerà un po’ meno necessaria.
L’Italia è ancora a rischio troika?
Spero proprio di no. La troika si è materializzata in un solo, terribile caso, la Grecia. I fondamentali economici dell’Italia continuano a non farci pensare a uno scenario simile. Forse qualcuno, come Eugenio Scalfari, la desidera, anche se è una forma di tafazzismo. Da un punto di vista sociale, la troika in Italia sarebbe un bagno di sangue di proporzioni incalcolabili.
(Pietro Vernizzi)