Ogni volta che il vostro vecchio Yoda si decide a fare un po’ di zapping con il suo ricevitore interstellare sulle tv del Bel Paese rimane sempre più stupito. Tutte le volte che gli italioti gli sembrano aver toccato il fondo, gli tocca scoprire che in realtà c’era ancora un doppio fondo. È il caso della nuova legge elettorale, che peggio non poteva essere, in quanto, secondo tutti i politologi, non sarà in grado di garantire la formazione di alcun governo. Yoda non sa se dare retta ai retroscenisti che sostengono che è stata fatta apposta così da chi era sicuro che non avrebbe mai potuto vincere (vale a dire il Pd di Renzi) oppure a quelli che sostengono essere stata frutto di una serie clamorosa di errori di prospettiva e di ignoranza amministrativa. Sia come sia, da quello che si vede e si legge anche da molto lontano è evidente che la campagna elettorale è già partita, mentre fanno grandi affari le società di ricerca, che sfornano sondaggi a tutto spiano, veri o anche un po’ pilotati.
Su questo scenario di cartapesta, come tante marionette si agitano i capipartito, che ostentano grande sicurezza mentre blandiscono od osteggiano i pupi nuovi entranti nello spettacolo. Nel lanciare il suo partito che dovrebbe accogliere i fuoriusciti dal Pd, varie frange di sinistra sparsa e – nelle sue aspettative – anche un po’ di indecisi, il presidente del Senato Grasso ha dichiarato che il Pd gli aveva prima promesso un seggio sicuro e poi anche suggerito di restare come riserva della Repubblica per chissà quali alti incarichi. Ma lui non si è fatto incantare ed è sceso nell’agone. Intanto, a destra, Giorgia Meloni ridisegna il simbolo del suo partito, e “Non spegne la fiamma ma cancella il partito di Fini”, come titola Il Tempo. Cercando di liberarsi degli effetti negativi degli scandali familiari del suo ex-capo, e accogliendo nel contempo a braccia aperte, proveniente da da Forza Italia, Daniela Santanchè.
Visto da quassù, tutto assomiglia a un continuo sliding doors. Dopo aver appoggiato il governo Renzi e poi Gentiloni, Alternativa Popolare (Alfano) è lacerata: secondo Il Foglio “Per ora sul tavolo le mozioni sono due, e sono note. Quella di Alfano rema verso il Partito democratico di Matteo Renzi. Quella di Lupi verso l’indipendenza per posizionarsi con il centrodestra o il centrosinistra a seconda dei territori”. Curiosa fine di giovani politici che dovevano far ben sperare e invece si dibattono in tatticismi che neanche De Mita. Anche perché, se a livello centrale si pencola verso Renzi, a livello di importanti regioni, come la Lombardia, la visione è ben diversa, visto che governano con il centrodestra! Nella Lega si agita ogni giorno il muscolare Salvini, che deve fare però i conti con un assai scontento e critico Bossi, mentre Forza Italia recupera ogni settimana nuovi consensi, ancorché Crozza dipinga Berlusconi come una mummia nel sarcofago.
Crozza a parte, in effetti “c’è da rimanere stupiti per il fatto che un condannato in via definitiva torni a guidare il centrodestra senza che nessuno sollevi qualche obiezione”, come sostiene Travaglio in ogni intervento televisivo e non. Grande stupore ha destato pure l’indicazione di voto espressa da Scalfari: “Piuttosto che Grillo voterei Berlusconi”, al punto che De Benedetti gli ha mollato un bello schiaffone facendosi intervistare dal Corriere (primo concorrente di Repubblica) per dargli dell’opportunista “che ha voluto riprendersi la scena”.
Chi abbia visto almeno una volta un’opera dei pupi si può rendere conto che questa è la vera immagine odierna della politica. Bastonate, sgambetti, salti di campo, con un fatto curioso: Berlusconi non bastona mai Renzi, anzi, neppure lo nomina, quasi certamente perché, avendo deciso di governarci assieme dopo, non gli conviene scavare troppi fossati prima. Ma potrebbe anche essere perché, grazie ai sondaggi quotidianamente fornitegli dalla Ghisleri, che raramente sbaglia, essendo al corrente del progressivo tracollo del Pd non ci perde tempo e si dedica a ogni possibile denigrazione dei 5 Stelle. E il pupo Renzi? Suo malgrado non è più al centro della scena nonostante le sue manovre contro Visco, che si rivelano immediatamente pericolosi boomerang. Fa pure sorridere l’improvvisa battaglia “civile” contro un’assai improbabile onda nera fascista: quattro esaltati ragazzotti di borgata come ci sono sempre stati, improvvisamente elevati al rango di nemico pubblico, si direbbe tanto per darsi un tono democratico, quello che l’attuale Pd pare aver perso proprio grazie a Renzi.
A differenza poi di qualche artefatto retroscena per nulla credibile, chi lo frequenta realmente lo descrive come un leone in gabbia, incapace di leggere la realtà, furibondo per essere stato scaricato da Scalfari, De Benedetti, Marchionne (la frase più benevola è “ha deluso”), chiuso nel bunker delle segreteria del Pd come in una sorta di Repubblica di Salò, animato soprattutto da spirito di vendetta e di rivalsa. Il che lo fa apparire come un bambino cui è stato sottratto il lecca lecca: non proprio l’immagine di un leader in grado di governare il Paese. Semmai quella di un pupo, per l’appunto.