Il quadro politico è ancora scosso dalle fresche dimissioni del ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola e dallo scandalo degli appalti per le Grandi Opere che inizia a occupare le prime pagine dei giornali. I partiti della maggioranza di governo cercano di mostrare ottimismo, anche se nel Popolo della Libertà la frattura tra Berlusconi e Fini non sembra destinata a ricomporsi e la Lega Nord freme per le riforme. Il centrosinistra denuncia il pericolo di uno stallo e attende il governo in aula. Sullo sfondo l’ipotesi più o meno lontana di un voto anticipato che potrebbe rimescolare le carte.
Nicola Piepoli confida a IlSussidiario.net i dati in suo possesso per poter leggere meglio la situazione attuale e i suoi eventuali sviluppi.
Lo strappo tra i due cofondatori del Pdl consumato alla Direzione Nazionale davanti alle telecamere sembra proprio aver costituito, a distanza di tempo, un punto di non ritorno tra i due leader. In molti si chiedono quale fortuna incontrerebbe un nuovo partito a immagine e somiglianza di Fini…
A differenza di quanto si legge, il gradimento degli italiani nei confronti di Gianfranco Fini è sceso di ben 5 punti percentuali in 4 settimane. Se parliamo invece di un ipotetico nuovo partito penso che la rilevazione dell’amico Renato Mannheimer, che parlava del 7%, sia un tantino ottimista, anche se tendenzialmente corretta.
A chi potrebbe rubare più voti?
La percentuale di cui stiamo parlando non deve essere sottratta al Pdl, perché questo soggetto andrebbe a pescare un po’ da tutti i partiti, sia di destra che di sinistra. Forse in misura maggiore proprio alla sinistra.
Se le divisioni interne rendessero il governo incapace di proseguire nella sua azione e si andasse nuovamente alle urne quali esiti potremmo aspettarci?
La situazione è costantemente monitorata: allo stato attuale il centrodestra non dovrebbe avere problemi a vincere di nuovo. I valori, infatti, sono di poco distanti da quelli del 14 aprile 2008. Il Pdl confermerebbe più o meno il 37,4% che prese all’epoca, la Lega migliorerebbe il suo 8,3%. L’Udc passerebbe dal 5,6% al 5,5%. Per quanto riguarda il centrosinistra, invece, il Partito Democratico scenderebbe dal 33,2% al 29,3%, mentre l’Italia dei Valori guadagnerebbe oltre due punti e mezzo passando dal 4,4% al 7%.
Il ricorso alle urne resta quindi una carta da giocare per Berlusconi con una certa sicurezza, anche se Fini provasse ad andare da solo. Quanto hanno inciso però le dimissioni del ministro Scajola sul gradimento degli italiani nei confronti del governo?
Certamente sono state un brutto colpo perché stiamo parlando di un politico di peso e di uno dei ministri più importanti. Per ora non si registrano cali nel gradimento dell’esecutivo, che è buono e costante da parecchio tempo. Il fatto è molto recente, ma direi che in questo caso vale il detto “morto un Papa se ne fa un altro”. Il ministro apparteneva infatti alla categoria dei politici “controseduttivi”.
Cosa intende?
È una di quelle personalità della politica che, anche a causa della propria chiarezza, non è in grado di suscitare grandi amori nell’opinioni pubblica. Faccio un esempio. Gli italiani dimostrano di essere ancora molto sensibili sul tema del nucleare. Scajola non era certamente il politico più adatto a infondere sicurezza e a convincere la gente della bontà di una scelta energetica di questo tipo.
Passiamo al secondo partito della maggioranza, la Lega Nord. Ha ancora il vento in poppa come si è visto alle Regionali? È destinata a crescere ancora?
La Lega mantiene una fiducia considerevole tra le gente, soprattutto per la propria capacità di amministrare. Fino a quando continuerà così i risultati saranno sempre a suo favore. Penso che gli altri partiti dovrebbero imparare dal Carroccio. La gente chiede di potersi sentire al sicuro, vuole ordine nelle città e non sopporta il degrado e l’abbandono. Il partito è in forma e può permettersi anche qualche battuta di troppo sull’Unità d’Italia.
Un tema molto sentito dagli italiani?
Il 76% degli italiani è molto sensibile al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, mentre il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che sta puntando molto su questa ricorrenza, è il settimo Re D’Europa.
In che senso?
Raggiunge addirittura l’86% del gradimento tra la gente, di destra o di sinistra. In Europa a superare l’80% ci riescono in sei, direi che non è un cattivo risultato.
Guardando al centro si nota lo strano silenzio di Casini in una fase abbastanza travagliata per il bipolarismo…
Il leader dell’Udc è sicuramente in ombra: Fini gli ha rubato la scena, i risultati elettorali non sono stati entusiasmanti, il travaglio dei partiti principali non gli porta alcun vantaggio. Detto questo, è un personaggio politico che è destinato a tenere la posizione e non è assolutamente in calo.
Da ultimo, il Presidente della Camera ha voluto criticare un’eccessiva “cultura del sondaggio” che toglie prospettive all’azione dei governi. Lei cosa ne pensa?
Il ragionamento non è nuovo, ma rischia di rafforzare un luogo comune. Se torniamo un po’ indietro nel tempo, al ’59 in Francia, fu De Gaulle a imporre l’uso dei sondaggi e a creare ben due istituti, tutt’ora esistenti. Voleva essere aggiornato sull’opinione pubblica tutti i lunedì e venerdì.
Un buon politico però fa il bene del Paese, non quello dell’opinione pubblica. Per questo motivo farà i treni del colore più gradito alla gente o commissionerà, come fece Ciampi con me, un’indagine per decidere quale simbolo incidere sulle monete. Su tutto il resto invece, sapendo cosa pensa l’opinione pubblica avrà la forza, se necessario, di non seguirla.
(Carlo Melato)