L’Italia, in questo simile storicamente a tutta l’Europa del Sud, è l’emblema della non sincronia tra integrazione sociale e integrazione sistemica, sincronia che regge tutti i sistemi sociali dotati della capacità virtuosa dell’autosviluppo. All’Italia questa capacità manca, pur avendo una spiccata, fortissima integrazione sociale: non ci sono principi dissociativi sociali, bassa è la conflittualità collettiva, non esasperata quella individuale, affogate come sono tutte e due nei rapporti diadici, clientelari, familistico-morali e non solo al Sud, ma, ormai, in tutta Italia. Mentre, di contro, bassissima è la capacità di integrazione sistemica: facciamo aeroporti senza collegamenti, tramvie senza capolinea, stazioni senza treni e treni senza vagoni, insomma, anche istituzioni che dovrebbero “istituzionalizzare”…e non istituzionalizzano…basti pensare alla regolazione dei mercati, inesistente, a fronte di autorità, agenzie, burocrazie, eccetera.
Se volete un esempio di integrazione sistemica mancata e preclara, pensate alla vicenda Alitalia. Si dispone, da parte governativa, di creare delle società per azioni quotate in borsa come l’Alitalia – che un tempo era, come molte altre società prima delle privatizzazioni iniziate negli anni ‘90, un ente pubblico economico. Si assiste ora a una gara per “l’Opa di salvataggio all’ultimo tuffo” (una bella definizione alla De Rita, non vi pare) che si svolgerebbe in circostanze esilaranti se non fossero tragiche; dove non si ha neppure, come governo, la più elementare delle avvertenze: chiedere una moratoria di almeno tre anni per salvare l’hub di Malpensa (rinegoziando gli slot internazionali e quindi sottoposti a trattati internazionali), dove il Cda dell’Alitalia sceglie, con sofferenza, ma sceglie chi aveva offerto 35 centesimi rispetto a chi offre un centesimo e gli costa fatica perchè è francese, l’offerente, francese e olandese.
Ma così facendo, sentite un po’, si entrerebbe come Italia aviotrasportata in un grande gruppo internazionale piuttosto che stare tra l’Abruzzo e la Puglia, dove ci sono amici del concorrente di Air France. Anche se i debiti salgono e i pots de vins aggravano il costo – e quindi tutto sarebbe finito. No. Non è finito, si scopre che sarà il governo a dover dire l’ultima parola, attendendo ancora giorni e giorni, mentre il deficit della compagnia cresce a dismisura. Incredibile. Si sceglie di privatizzare smantellando gli enti pubblici economici. Si creano delle Spa. Si nominano dei Cda dove la quota di proprietà del governo è rappresentata con altri azionisti. Si fa tutto questo. Ci si quotò in borsa, momento topico per qualsivoglia società in mercati meno imperfetti del nostro e ben regolati. Ebbene, tutto ciò ora non serve a nulla: i decisori formali sono castrati, emasculati. Decideranno altri per loro. Tanto valeva restare nel limbo degli enti pubblici dell’economia, non far cadere un po’ di pietre delle foreste pietrificate che hanno liberato risorse – ma anche ammaccato palazzi e schiacciato corpi e anime che in quei passaggi istituzionali avevano creduto.