“Con Paolo Becchi non abbiamo niente a che fare. Si autoproclama quello che non è, quindi risponda lui delle sue azioni, non vedo perché dobbiamo risponderne noi”. Ai microfoni di Radio Capital, il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Giarrusso torna sulle parole del professore all’Università di Genova (i cui articoli sono spesso apparsi sul blog di Beppe Grillo) che ha sollevato un mare di polemiche dopo aver detto che “se qualcuno tra qualche mese prende i fucili non lamentiamoci, abbiamo messo un altro banchiere all’economia”. Giarrusso, dopo la presa di distanze dei gruppi parlamentari M5S di Camera e Senato e dello stesso Grillo, conferma che “di fatto noi non conosciamo questa persona, quindi non capisco come possa mai dire qualcosa a nome del Movimento”. Messo alla porta senza pensarci due volte, Becchi (anche se i grillini sembrano talvolta dimenticarlo) ha pubblicato sul blog di Beppe Grillo decine di articoli, raccogliendo spesso commenti molto positivi dagli utenti, oltre a rilasciare svariate interviste ad altri quotidiani in cui è stato sempre definito l’ideologo del Movimento 5 Stelle, un ruolo divenuto scomodo solamente dopo aver constatato la gravità delle sue affermazioni. Eppure, proprio il giorno in cui è avvenuta la sparatoria a Montecitorio, fu proprio Becchi a pubblicare sul blog del leader M5S un articolo intitolato “Mezzogiorno di fuoco a Palazzo Chigi”: “Un attentato come questo – scriveva il docente – ricompatta con il solito vecchio cliché: uniti contro la violenza e, al contempo, uniti contro chi semina la violenza e qui il messaggio è chiaro. Del gesto eclatante vi è comunque un responsabile: il M5S che con il suo linguaggio inciterebbe ad atti di questa natura. E così si prendono due piccioni con una fava. Ma il M5S non si farà impallinare tanto facilmente. Questo governo porterà il Paese alla catastrofe ma di questo è responsabile il Modello Unico e non il M5S che sarà l’unica vera opposizione”. Certo, nessun fucile viene citato nell’articolo, ma Becchi aveva comunque affermato che a trarre maggiore beneficio dalla follia di Luigi Preiti sarebbe stato il neonato governo di Enrico Letta. Poi ieri ha proseguito, scatenando la bufera dopo aver detto che “la prima provocazione doveva avvenire con atti di violenza quando Grillo era a Roma la sera dell’elezione di Napolitano. Poi lui non è andato in piazza, l’ha capito e per questo non è andato. Ora ne vedremo delle belle”.