Sono 28 le pagine e 10 i possibili punti di “convergenza programmatica” che compongono la “prima stesura del contratto di governo” — all’insegna della “leale cooperazione” tra le parti e di “uno stretto coordinamento in sede europea” — da siglare tra M5s e Pd o Lega (giusto citare per primi i dem, alla luce dell’incarico che proprio ieri ha ricevuto, dal capo dello Stato, il presidente della Camera, Roberto Fico, per esplorare un possibile accordo M5s-Pd per formare il nuovo governo, anche se le possibilità di riuscita appaiono molto risicate).
Ma ad attirare l’attenzione del documento di lavoro, redatto su sollecitazione di Luigi Di Maio dal comitato coordinato dal professor Giacinto della Cananea, è un paragrafo, il n. 3, intitolato “Le divergenze”. Il capitoletto, un paio di pagine in tutto, viene — come logico — subito dopo la “Premessa” e l'”Avvertenza metodologica”. Ma ciò che conta è che precede tutti gli altri paragrafi: “Le convergenze: gli obiettivi”; “Le convergenze: gli strumenti”; “Ipotesi di lavoro”; la “sinossi”, dettagliata in cinque pagine, sulle “convergenze tra i programmi delle forze politiche” e, a chiudere, lo “Schema di accordo tra le forze politiche”.
Insomma, quel paragrafo, messo lì in quella posizione, a mo’ di preambolo, se può aiutarci una metafora ciclistica è come se dicesse: cari ciclisti, la tappa è anche pianeggiante, ma prima di raggiungere quel tratto in cui si può pedalare più o meno compatti, sappiate che dovete affrontare un muro, con fortissime pendenze e curve insidiosissime, dove rischiate di rimanere sui pedali, di forare, di sgranare il gruppo, di ritirarvi dalla corsa. Il documento del comitato, infatti, dice esplicitamente che “vi sono divergenze che derivano da diverse, se non opposte, concezioni della vita associata e di ordine morale”, facendo riferimento a quattro “materie”, che non sono proprio bruscolini per chi si candida a guidare un Paese come l’Italia, caratterizzato da faglie di vario genere (sociali, economiche, valoriali, generazionali): la giustizia penale, i vaccini, l’Unione economica e monetaria e le pensioni. Materiale tutto altamente infiammabile.
Proprio sull’Europa il documento del comitato è lapidario: “Nel programma d’una forza politica si afferma che la realizzazione dell’Unione economica e monetaria costituisce un importante progresso, pur se se ne sono criticate talune parti, nel programma di un’altra che l’Uem dev’essere riconsiderata per intero. Infine, nel programma della terza forza politica è a più riprese espresso il convincimento che occorre tornare alla situazione precedente alla stipulazione del Trattato di Maastricht”. E come a rincarare la dose — aggiunge il documento — “si potrebbe continuare con altri, e forse più significativi esempi, ma il punto di fondo è chiaro: le divergenze, che si sono ampiamente manifestate ben prima dell’ultima campagna elettorale, riguardano temi e problemi tra quelli più rilevanti per l’azione dello Stato, all’interno e all’esterno, e sono quindi tali da rendere ardua la formazione di un governo coeso”. Paletto, quello della coesione, non secondario.
Ma come nel diritto vale la presunzione d’innocenza, in questo caso è giusto contemplare la possibilità che il gruppo di ciclisti pentastellati e piddini (o leghisti) riesca a superare l’erto colle delle divergenze. Come dicevamo all’inizio, il comitato ha individuato 10 possibili punti “pianeggianti” di contatto programmatico: giovani e famiglie; povertà e disoccupazione; squilibri territoriali; sicurezza e giustizia; sanità; imprese; fisco; infrastrutture; ambiente, Pubblica amministrazione.
Tanta carne al fuoco, non c’è che dire. Ma a sfogliare la tabella sinottica delle convergenze, si scopre che in molti casi si tratta di enunciazioni generiche, di buoni propositi. Per esempio, sul contrasto al bullismo, al cyberbullismo e alla violenza di genere è difficile non esser d’accordo o trovare qualcuno in Parlamento che sia contrario. E annunciare un Piano straordinario per gli asili nido o misure di conciliazione famiglia-lavoro o un finanziamento adeguato al funzionamento degli atenei o politiche attive di sostegno al reddito e riforma dei centri per l’impiego o la semplificazione della burocrazia equivale a porre l’accento su programmi ancora troppo vaghi.
Molto spesso sui princìpi e sugli obiettivi si registrano consonanze ampie e inaspettate, ma è sugli strumenti, sui percorsi legislativi e soprattutto sulle risorse (non ci sono milioni o miliardi per il “libro dei sogni”, ogni legislatura ha le sue priorità e il bilancio dello Stato è fatto anche di delicati equilibri di spesa) che si gioca la partita vera. E poi, nel caso di accordo di programma con il Pd, come verrà affrontato il nodo del Jobs Act (su cui il documento sorvola)? Se invece l’intesa avvenisse con la Lega, la discussione sulla flat tax (rubricata alla voce “Maggiore equità pressione fiscale sul ceto medio”?) farà sbandare in curva i due alleati?
Insomma, un contratto giuridico — tale è “l’accordo alla tedesca” vagheggiato da Di Maio e proposto agli eventuali partner di governo — si può sempre firmare, ma una sintonia, un’armonia d’intenti, una coesione non si costruiscono siglando un pezzo di carta. Lo sanno bene marito e moglie, figurarsi se ciò non vale per una coalizione politica.
Un po’ lo ammette anche il documento. Serve tempo: per il “completamento del programma di governo”, si prevede infatti che “le forze politiche protagoniste dell’accordo si impegnano, anzitutto, a nominare dieci gruppi di lavoro, che avranno il compito di approfondire e precisare gli obiettivi e gli strumenti di azione previsti nell’accordo”. Ma quanto durerà questo lavoro di carotaggio? E se nel frattempo dovessero insorgere delle diversità (il sale del confronto politico)? “Le parti si impegnano a discuterne con massima sollecitudine” (e questo è senz’altro positivo); nel caso in cui le diversità persistano, verrà convocato un comitato di conciliazione”, con sospensione “per almeno dieci giorni” delle azioni riguardanti i temi controversi “in modo tale da dare al comitato di conciliazione il tempo necessario per raggiungere un’intesa e per suggerire le scelte conseguenti”.
Al team guidato dal professor Della Cananea sono bastati dieci giorni di intenso lavoro per redigere il documento. Ad alleati litigiosi e orgogliosi della propria identità basteranno, di volta in volta, per appianare i contrasti?