“Fare presto”: a raccomandarlo è il capo dello Stato, e sembra tornato lo spettro del 2011, quando a invocare una soluzione tecnica che liberasse il paese dalla crisi di fiducia e dello spread — e dunque da Berlusconi — erano il Sole 24 Ore, Corriere, Repubblica e per loro voce l’establishment euroatlantico. Oggi, dopo 50 giorni di trattative andate a vuoto, a volere un governo al più presto è Sergio Mattarella, che ieri ha assegnato il nuovo mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico. E Luigi Di Maio ha chiuso (almeno a parole) l’interlocuzione con la Lega. “Mattarella ha optato per un mandato esplorativo stretto, limitato alla verifica del perimetro M5s-Pd. Da esponente di M5s, Fico avrebbe potuto guardare nuovamente nei due forni di Lega e Pd. Non sarà così” — dice al Sussidiario Fabrizio d’Esposito, firma politica del Fatto Quotidiano.
Mattarella invece gli ha assegnato un mandato simmetrico a quello della Casellati. Perché?
Al Colle c’è irritazione per le furbizie tattiche di Salvini e Di Maio. I due hanno fatto intravedere la possibilità di un accordo che poi si è rivelato solo una fake news.
Sappiamo che nel colloquio con Roberto Fico, Mattarella ha detto di considerare esaurito nel corso dell’esplorazione Casellati lo schema M5s-Lega. Non le sembra un passaggio poco limpido?
A Mattarella non è piaciuto il comportamento di Salvini. Il capo della Lega, tra primo e secondo giro di consultazioni, ha dato ad intendere a Di Maio che c’era il passo indietro di Berlusconi, invece non era così, tanto che il centrodestra si è presentato unito da Mattarella e ha reclamato l’incarico; prova ne è che Di Maio, avendo scoperto da Mattarella che Salvini aveva bluffato, ha impiegato ben 25 minuti prima di uscire fuori dallo studio alla Vetrata per capire cosa dire in modo da non rompere del tutto con la Lega. E’ stato lo stesso giorno dello show di Berlusconi e dei 5 Stelle che secondo lui non conoscono l’abc della democrazia.
E Mattarella?
Anziché chiudere la trattativa, ha dato quattro giorni a Salvini perché decidesse cosa fare con Berlusconi. Con la Casellati però Salvini ha fatto lo stesso gioco: ha fatto trapelare ottimismo, ma quando è toccato a M5s, Di Maio ha scoperto dalla presidente del Senato che Berlusconi non aveva intenzione di fare passi indietro. Siamo così arrivati alla battuta dei “cessi”, alla sentenza sulla trattativa e a Salvini che ancora non molla Berlusconi.
Ieri Di Maio ha chiuso il forno con la Lega o almeno ha detto di volerlo fare.
Salvini aveva due opzioni: mollare Berlusconi e fare un patto di legislatura con Di Maio, oppure annettere Forza Italia nelle urne e diventare il leader del centrodestra. Ha scelto la seconda. In un modo o nell’altro, Di Maio e Salvini hanno fatto una pantomima di 50 giorni che il Capo dello Stato ha ritenuto chiusa.
E adesso che cosa ci riserverà il presidente della Camera?
Lo definirei un mandato esplorativo che non genera ottimismo. Però alla fine, come la Casellati ha smosso qualcosa, lo stesso potrebbe accadere anche con Fico.
Per ora il Pd sembra chiudere la porta. Esiste una via d’uscita?
Volendo sì. M5s e Pd non hanno un accordo politico, Di Maio non lo propone e il Pd dice di non volerlo. Significa che potrebbero essere i primi due partiti che rispondono all’appello di responsabilità del presidente della Repubblica per un governo di transizione o comunque lo si voglia chiamare. Un’ipotesi per votare non subito ma nel 2019.
E Di Maio accetterebbe?
Penso che l’obiettivo di Mattarella sia quello di portare passo dopo passo Di Maio a un maggiore senso di responsabilità.
Questo copione comporta che Di Maio non sarà capo del governo. Il leader di M5s lo ha capito?
Penso di sì. L’unica possibilità che aveva di diventare premier era di fare l’accordo politico con la Lega. Questa ipotesi al momento è tramontata, a meno che Salvini non dica esplicitamente, nei fatti, che rompe con Berlusconi. Solo in questo caso quello schema tornerebbe attuale.
Intanto Di Maio deve prepararsi al fuoco di sbarramento del Pd, che per parlare seriamente con M5s chiede di non essere considerato alla stregua della Lega.
Ieri Di Maio ha chiuso il forno di Salvini e lo ha fatto dopo che Mattarella ha posto i paletti al mandato esplorativo di Fico. Le condizioni volendo ci sono.
I programmi sono conciliabili?
Prima occorre tracciare il perimetro di un possibile governo, stabilire se è politico o tecnico, di legislatura o di transizione. Senza un orizzonte non ci si può neppure dare un programma. Ma se si costruisce una soluzione per votare nel 2019, come io credo, si può fare al massimo la legge elettorale e varare un paio di misure di aiuto alla povertà.
Chi potrebbe guidare un simile governo?
Una figura alla Rodotà. I nomi che sono circolati, come ad esempio Cassese o altri come lui, mi lasciano un po’ scettico perché darebbero l’idea di un governo tecnico e basta.
Che cosa chiederà Renzi in cambio del sostegno con M5s a un esecutivo del presedente?
Se riuscisse a ottenere un accordo con i 5 Stelle senza Di Maio a Palazzo Chigi per lui sarebbe una prima vittoria da sbandierare come successo personale, l’inizio della sua rivincita.
Quale rivincita?
Il suo intento è quello di tornare in pista e ricandidarsi premier.
Non crede che il maggiore ostacolo a un patto M5s-Pd sia l’unità del Partito democratico?
In effetti è così. Se il Pd si spaccasse, al Senato mancherebbero dai 15 ai 20, forse perfino 25 senatori renziani. Detto questo, non si può nemmeno escludere che tra le due forze si arrivi a un accordo politico. Soprattutto se c’è di mezzo la moral suasion di Mattarella. Tutto è ancora possibile.
(Federico Ferraù)