In un contesto di crisi profonda come quella attuale non ha certamente senso chiudere gli occhi di fronte alle continue e crescenti difficoltà, ma è anche fondamentale riuscire a cogliere (e a valorizzare) i segnali positivi che in ogni situazione, anche nella più grave, sono sempre presenti.
Per quanto attiene alle prime (le difficoltà), anche nella scorsa settimana il bollettino di guerra della recessione è stato pesante. Negli Stati Uniti il prodotto interno lordo nel quarto trimestre 2008 è stato rivisto al ribasso con una contrazione del 6,2%, la peggiore dal 1982, in netto peggioramento rispetto alla riduzione del 3,8% della prima lettura. Il 2008 si chiude così per l’economia americana con una crescita risicata appena del 1,1%.
La situazione appare pesantissima anche in Giappone, dove a gennaio la produzione industriale è calata del 10% rispetto al mese precedente e, su un anno, è diminuita addirittura del 30,8%. In questo quadro di grande preoccupazione devono essere inseriti anche i crescenti timori sulla capacità di tenuta delle banche dell’Est europeo. Non sorprendentemente quindi tutti i mercati borsistici hanno chiuso la settimana in forte calo.
Anche in Italia non sono mancate le cattive notizie. Secondo le prime elaborazioni del Centro Studi di Confindustria, nel nostro Paese la produzione industriale sarebbe calata a febbraio del 15,1% rispetto allo stesso mese del 2008. Questa forte riduzione andrebbe ad aggiungersi al già consistente arretramento registrato a gennaio.
In mezzo a tutta questa marea di dati negativi (e qui veniamo ai segnali positivi) va registrata fortunatamente anche l’attuazione di qualche buon provvedimento anti-crisi. Ci riferiamo in particolare alla firma da parte del Ministro Giulio Tremonti del prospetto relativo alla possibilità di emissione da parte delle banche italiane di peculiari strumenti finanziari (i cosiddetti “Tremonti Bond”, già peraltro previsti dal decreto legge n. 185 dello scorso 29 novembre).
Si tratta di una misura volta a sostenere l’accesso al credito delle nostre Pmi in presenza di un sistema bancario ormai fortemente sotto-patrimonializzato, e consistente in speciali obbligazioni che potranno essere emesse dalle sole banche quotate e che saranno poi sottoscritte dal Tesoro. La cifra complessiva messa a disposizione dovrebbe aggirarsi attorno ai 10 miliardi di euro. Grazie all’effetto leva, da questa misura potrebbero potenzialmente derivare circa 150 miliardi di finanziamento al nostro sistema produttivo in affanno. Quanti di questi arriveranno effettivamente alle nostre piccole e medie imprese è però difficile da dire in anticipo.
La ragion d’essere della misura varata da Tremonti per sostenere e accrescere la patrimonializzazione delle nostre banche va ricercata nella effettiva grande difficoltà con cui attualmente le Pmi riescono a ottenere credito bancario. Nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia si legge che, mentre l’esposizione delle imprese nei confronti del sistema bancario si è mantenuta in crescita sostenuta nel terzo trimestre del 2008, ha invece rallentato bruscamente nel bimestre successivo e addirittura per «le piccole imprese il ritmo di crescita è sceso all’1,9% in novembre». Siamo in presenza dunque di una vera e propria restrizione del credito alla piccola impresa che, dato il nostro peculiare sistema produttivo fondato proprio sulle attività imprenditoriali di dimensioni ridotte, comporta conseguenze micidiali in termini di peggioramento degli effetti recessivi.
Sono ormai ben note le condizioni alle quali le banche potranno accedere ai Tremonti Bond. Come indicato dallo stesso Ministro si tratta di strumenti volti a favorire l’erogazione del credito alle Pmi, e dunque gli istituti di credito aderenti dovranno rafforzare la dotazione del fondo di garanzia per le Pmi e aumentare le risorse a disposizione per il credito alle Pmi stesse.
Inoltre la sottoscrizione da parte del Tesoro dello strumento è effettuata sulla base di una valutazione della Banca d’Italia circa la sostenibilità del prestito e la solidità della banca emittente e, all’atto di emissione, la banca dovrà assumere una serie di impegni quali l’adozione di un codice etico e l’impegno a sospendere per almeno 12 mesi il pagamento della rata di mutuo per i lavoratori in cassa integrazione o percettori di sussidio di disoccupazione. Sono condizioni che hanno, a nostro avviso, oltre a un concreto valore economico, anche un significato culturale e valoriale molto importante.
Non ci soffermiamo qui sui dettagli relativi ai costi del nuovo strumento finanziario, ovvero sulle diverse soluzioni di pagamento offerte alle banche. In estrema sintesi l’onerosità dipenderà essenzialmente dal numero di anni di permanenza dello strumento nel portafoglio della singola banca.
Quello che sembra comunque evidente dati i tassi di rendimento nominale stabiliti, che partono da una forchetta compresa tra il 7,5% e l’8,5% all’anno per i primi anni ma che potranno essere anche sensibilmente superiori negli anni successivi, è che lo strumento ideato dal Ministero dell’Economia non si prefigura certamente come un regalo di soldi pubblici agli istituti di credito. In un momento in cui in molti altri Paesi non si esita a intraprendere operazioni di nazionalizzazione più o meno strisciante, anche questo è un segnale importante e condivisibile.
Non tutte le questioni relative ai Tremonti Bond sono state tuttavia ancora pienamente definite. Ci sono in particolare tre incognite che avvolgono l’intera operazione. Bisognerà in primis vedere quale sarà la concreta efficacia complessiva della misura varata da Tremonti, ovvero quanti dei potenziali circa 150 miliardi di euro di ulteriori finanziamenti alle piccole imprese diventeranno poi effettivi.
Il problema qui nasce in particolare dalle misure che il Governo porrà in essere per controllare che i fondi pubblici che affluiranno al sistema bancario siano poi effettivamente erogati sotto forma di crediti al sistema imprenditoriale. All’atto di emissione dello strumento la banca dovrà sottoscrivere l’impegno a garantire il mantenimento, almeno per i tre anni successivi, di risorse finanziarie, in particolare alle piccole e medie imprese, «non in decremento rispetto al biennio 2007-2008».
Probabilmente già questa settimana conosceremo i dettagli relativi alle procedure di controllo che dovrebbero essere gestite in tandem dalle Prefetture e dalla Banca d’Italia. L’impressione a dire il vero è che l’intera operazione di monitoraggio si caratterizzi per una certa macchinosità ma l’esperienza francese, a cui si ispira l’opera del Governo, sembra sia stata invece piuttosto efficace.
Sarà poi importante capire come lo Stato intende coprire l’importo da stanziare previsto per i Bond, che come abbiamo detto è stimato nell’ordine dei 10 miliardi di euro. A questo riguardo, seguendo quanto indicato nel già citato Decreto Legge 185 dello scorso novembre, al di là di possibili ulteriori tagli agli sprechi nei Ministeri, che comunque non sembra possano essere di entità sufficiente, appare probabile il ricorso alla emissione di nuovi titoli di Stato.
La terza questione che andrà approfondita fa riferimento alle intenzioni del Governo nel caso, oggi assai probabile, che le richieste dovessero superare l’importo stanziato. Dalle prime indiscrezioni sembra di cogliere un orientamento favorevole all’accoglimento di queste ulteriori richieste.
In conclusione, pur con le riserve espresse, la mossa di Tremonti sembra per ora davvero ben pensata perché si prefigura come un’efficace risposta alla crisi finanziaria e al tempo stesso come un valido sostegno all’economia reale.
Sembra davvero che questa volta, accanto a una solidarietà solo redistributiva, e quindi di tipo statico, si stia cercando di promuovere anche una solidarietà dinamica volta alla produzione e allo sviluppo. Se l’effetto redistributivo che lo strumento ideato dal Ministro dell’Economia si propone di porre in essere riuscirà a dispiegare tutti i previsti benefici effetti, il nostro sistema di piccola imprenditorialità diffusa saprà certamente fare la sua parte. E l’aumento di ricchezza prodotta sarà a vantaggio di tutti.