Giuseppe Fioroni a ruota libera, come raramente lo si è sentito. Evidentemente il duro confronto registratosi all’Assemblea del Pd ha lasciato degli strascichi. Se Pierluigi Bersani ha chiesto di smetterla con le beghe interne al partito, Fioroni non ha dubbi: abbiamo impedito ogni strumentalizzazione ideologica sul matrimonio gay. Chi voleva portare avanti una contrapposizione ideologica è uscito sconfitto. Lo dice in una intervista rilasciata a IlSussidiario.net, ribadendo come “la stragrande maggioranza del Pd non vuole equiparare i matrimoni omosessuali al matrimonio così come lo sancisce la Costituzione. Il partito ha una stragrande maggioranza che ha scelto la strada della saggezza e del bene comune e non delle contrapposizioni interne”. Ma Fioroni ne ha anche per i cosiddetti rottamatori, che nel corso dell’assemblea hanno contestato le regole delle primarie: “A me dispiace per il mio amico Matteo Renzi che ancora una volta deve trovare il tempo alla sera di frequentare qualche scuola da ballo. Non riesce mai a fare il passo al tempo giusto, è sempre fuori tempo e in politica andare fuori tempo è un errore”. Infine parlando di coalizione elettorale, rimanda a settembre senza possibilità “il pierino Di Pietro” (sua la definizione): “Se da qui a settembre riuscirà a dimostrare che non è un Grillo-dipendente e che non è stimolato a fare il grillo parlante ma sa esprimere una forza seria che si assume responsabilità di governo e rispetto per le istituzioni, allora lo prenderemo in considerazione. Per ora studi e si prepari perché deve riparare”.
Onorevole: beghe, come le definisce Bersani, o spaccature profonde dentro il Pd?
Noi ieri abbiamo fatto un significativo passo in avanti. In precedenza avevo preso una posizione netta nei confronti di Bersani e del Pd, sostenendo che un conto è il riconoscimento dei diritti delle unioni di fatto a prescindere dal sesso delle persone che convivono, altra cosa è l’equiparazione di queste coppie di fatto con la famiglia.
E’ un no al matrimonio gay?
Ieri in assemblea la stragrande maggioranza, e sottolineo la grande maggioranza del Pd, ha detto che condivide il riconoscimento dei diritti a persone che stabilmente convivono, quindi coppie di fatto e coppie omosessuali. Questo non potrebbe essere altrimenti, perché significa un riconoscimento di civiltà con diritti come la pensione, la casa, l’eredità, l’assistenza sanitaria. Allo stesso tempo però abbiamo impedito ogni forma di strumentalizzazione ideologica sul matrimonio gay.
Ci spieghi meglio, perché su questo punto le posizioni ci sembrano decisamente contrastanti.
In altri termini, sì al riconoscimento tramite un presidio giuridico, che dobbiamo definire, di alcuni diritti; e questa è una cifra di civiltà. Ma non potremo mai consentire a nessuno quello che fino a oggi è stato detto, cioè fare di questi riconoscimenti l’anticamera per arrivare alle nozze gay. Con quanto abbiamo deciso ieri abbiamo specificatamente sancito che quello che noi chiediamo è il presidio giuridico, senza nessuna assimilazione dei matrimoni gay alla famiglia fondata sul matrimonio come è prevista dalla nostra Costituzione.
Non tutti nel Pd la pensano così.
Credo invece sia stato fatto un passo avanti in tema di diritti, rafforzando l’alleanza fra moderati e riformisti e andando incontro al consenso di un’ampia parte del Parlamento. Lasciando però da parte coloro che non vogliono accettare questo dato di fatto.
Davvero si potrà lasciarli da parte?
Il dato vero è che ieri abbiamo archiviato, anche grazie a una battaglia che ho portato avanti personalmente da tempo, l’opposizione ideologica di chi dice che il matrimonio gay è uguale al matrimonio costituzionalmente identificato su cui si basa la famiglia. Dall’altro lato il superamento di questa contrapposizione ideologica permette il superamento della visibilità e dell’interesse particolare in direzione del bene comune. Teniamo conto che si tratterà di un progetto nel programma dei prossimi cinque anni di governo; è un contributo a dare in un momento di crisi anche alle coppie di fatto sicurezze e certezze davanti a tutte le emergenze economiche e sociali che abbiamo davanti.
Ieri però qualcuno ha definito il comportamento del presidente Bindi in assemblea “vergognoso”.
Le dico la verità: per aver detto no ai matrimoni gay ho subito per giorni attacchi di ogni tipo. Sono diventato il quinto più twitterato al mondo: dai cinesi agli americani ho ricevuto contumelie di ogni sorta. Il presidente Marino mi ha detto: bene Fioroni, lo dica apertamente così ci contiamo in assemblea, vediamo cosa ne pensa il Pd. Io credo che ieri non sia stato impedito a nessuno di votare. Abbiamo votato e abbiamo deciso che veniva precluso l’esatto contrario di ciò che era previsto.
Caso chiuso, allora?
Il documento, approvato con pochi voti contrari, prevede testualmente il riconoscimento dei diritti, tramite un presidio giuridico, delle persone che stabilmente convivono. Abbiamo chiuso la strada a chi pensava di fare di più: quelli che dicono “mi chiamo fuori del Pd”, credo abbiano avuto una dimostrazione che il Pd ha una stragrandissima maggioranza che ha scelto la strada della saggezza e del bene comune, e non delle contrapposizioni interne.
Nell’assemblea di ieri si sono registrate polemiche anche sulle regole per le primarie.
Anche in questo caso credo che sia un fatto di democrazia e di rappresentanza. E anche qui esiste una stragrande maggioranza su alcune scelte che sono chiare. Ho detto come la penso: le primarie per la scelta del premier devono essere primarie di coalizione. Dobbiamo scegliere chi guiderà il governo, non il segretario di partito, perché quello si sceglierà l’anno prossimo dopo le elezioni come prevede il nostro statuto.
Primarie di coalizione dunque?
Le primarie devono essere una grande festa della coalizione che vuole costruire l’alternativa di governo. Dobbiamo evitare che i moderati a partire da Casini si sentano estranei a questo procedimento, e dall’altra evitare che quella sinistra che fa riferimento a Vendola si senta marginalizzata. A oggi già ci sono quattro candidati tutti in area Pd: non vorrei arrivassimo all’inverosimile, che il Pd ostacola la coalizione. L’alleanza non è una cifra irrilevante: se vogliamo che i mercati abbiano fiducia nel dopo Monti c’è la necessità di una coalizione forte, coeva e credibile, e non la fanno tale i confronti tra tifosi. La fanno tale i programmi. Diversamente, salta la coalizione e le primarie allora non servono a niente.
I rottamatori però insistono.
A me dispiace per il mio amico Matteo Renzi, che ancora una volta deve trovare il tempo alla sera di frequentare qualche scuola da ballo.
Scusi?
Non riesce mai a fare il passo al tempo giusto, è sempre fuori tempo. In politica andare fuori tempo è un errore.
Qual è il punto che Renzi e gli altri non accettano?
Guardiamo il caso, differente, delle primarie per i deputati. Lo ripeto ancora una volta: il porcellum va cambiato. Non ci può essere un atteggiamento pregiudiziale di nessuno nel dire di no alle preferenze. I miei simpatici amici come Civati fanno le parti in commedia, del tipo “vorrei ma non posso”, sbraitano per le primarie e per scegliere i candidati da mettere in lista. Quando il cittadino si presenta alle primarie e scrive il nome di chi deve essere candidato nel Pd, quel nome e quel voto è giusto, non è inquinato, è trasparente; se invece la scheda gliela dà la Repubblica italiana e il cittadino scrive il nome del candidato, quel voto diventa inquinato. Io li ritengo troppo intelligenti per capire che questa doppiezza interpretativa è una vergogna.
Cioè?
Dicono che vogliono cambiare il procellum ma in realtà, forse, nessuno di questi che è tifoso delle primarie pensa che il porcellum debba essere cambiato. E questo sarebbe molto grave.
A proposito di coalizione, lei ha detto sì a Vendola e no a Di Pietro. E’ così che la pensa?
Ho spiegato con chiarezza che Di Pietro, che in realtà è un po’ il Pierino rimandato sempre a settembre, deve capire che in una coalizione su cui si costruisce l’alternativa di governo il Pd è il primo partito e il perno della coalizione. Quindi se c’è qualcuno che è stato rimandato a settembre e a luglio e agosto deve riparare il debito di credibilità nell’assunzione di responsabilità di governo, e deve dimostrare che non è dipendente dagli umori di Grillo, questo è Di Pietro. Se da qui a settembre riuscirà a dimostrare che non è Grillo-dipendente e che non è stimolato a fare il grillo parlante ma è una forza seria che si assume la responsabilità del governo e porta rispetto per le istituzioni, lo prenderemo in considerazione. Per ora studi e si prepari perché deve riparare.