Etihad non rimane ferma. Mentre la due diligence di Alitalia continua, la compagnia medio-orientale dovrebbe crescere in Germania. Già azionista di Air Berlin al 30% con successiva riduzione dei costi nella compagnia, il vettore con base ad Abu Dhabi dovrebbe salire, secondo i rumors del mercato, al 49,9%. Una crescita dunque progressiva per entrare in forza nel secondo mercato europeo dell’aviazione in termini di passeggeri.
Infatti, il mercato tedesco rimane molto distante dal primo, quello britannico, che ha registrato un grado di liberalizzazione molto più elevato. Lo stesso mercato tedesco poi vede insediata la seconda posizione da quello spagnolo, che ha beneficiato molto di più della liberalizzazione europea completata il primo aprile del 1997.
Ma quali similitudini ci sono tra il mercato tedesco e quello italiano e quali sono i punti in comune tra Alitalia e Air Berlin? Si ricorda che il vettore tedesco è di dimensioni pressoché simili a quello di bandiera italiano, ma Air Berlin soffre la posizione di forza in determinati aeroporti del primo vettore europeo, Lufthansa. La quale ha molta paura di Etihad, che di fatto è molto competitivo grazie a delle posizioni vantaggiose che gode nell’operare con base negli Emirati Arabi Uniti. La competizione di Alitalia invece deriva soprattutto dalle low cost, Ryanair ed Easyjet, che stanno insidiando la leadership dell’ex vettore di bandiera. In particolare, Ryanair ha saputo conquistare più di un quinto dei viaggiatori italiani, più o meno la stessa quota di mercato di Alitalia.
Ma quante possibilità ha Alitalia di sopravvivere senza Etihad? Molto poche, dato che l’aumento di capitale degli scorsi mesi è di fatto servito a sopravvivere all’inverno, ma non ha potuto dare certo le risorse necessarie per sviluppare la compagnia aerea. Il vettore italiano ha assoluta necessità di nuova liquidità al fine di sviluppare il proprio business intercontinentale e questo può arrivare solamente da investitori che vogliano metterci i soldi. Etihad ha i mezzi per poterlo fare, sempre nel limite del 49,9%: nessun operatore extra-comunitario può salire oltre questa soglia senza perdere la licenza di vettore comunitario, che di fatto permette una libera circolazione dei propri aeromobili nel mercato europeo.
I medio-orientali, però, non mettono i soldi senza chiedere nulla in cambio. Come hanno dimostrato con Air Berlin, chiedono sacrifici a tutti. Vogliono anche la “famosa” riduzione del debito, ma qui si scontrano con le banche che dovrebbero cedere a una perdita del valore dei loro crediti nel vettore italiano.
Inoltre, insieme alla partita Alitalia si gioca quella parallela degli Aeroporti di Roma. Non dispiacerebbe a Etihad sviluppare il proprio business anche nel settore aeroportuale, ma sarà difficile trovare un accordo di prezzo con Atlantia, proprietaria degli aeroporti. Aeroporti di Roma, che vede lo stesso azionista che possiede anche una quota minoritaria di Alitalia, ha anche avvertito la compagnia aerea che può farcela bene lo stesso senza un vettore di riferimento. Ma è davvero così?
Sicuramente l’avere lasciato entrare più in forza Vueling ed Easyjet sullo scalo romano e avere “permesso” a Ryanair di creare una piccola base su Fiumicino è stato un segnale forte mandato agli altri azionisti di Alitalia. Ora è da valutare se sia possibile per AdR fare a meno della compagnia che fa hub and spoke sullo scalo e che fa circa il 50% del traffico di Fiumicino. Se fallisse Alitalia, anche AdR potrebbe non sorridere.
Un hub esiste solamente se esiste un vettore disponibile a creare un network su un determinato scalo. Per questo motivo Malpensa non è un hub, ma un aeroporto suddiviso in due terminal, di cui il più grande vede transitare meno di 12 milioni di passeggeri l’anno (3 in più di Bergamo Orio al Serio) e l’altro terminal (il numero due) di fatto controllato dalla seconda low cost europea, Easyjet.
In questa partita è interessante come sia calato il silenzio più assoluto. Ma si sa, le battaglie più dure si combattono nel silenzio e non certo sulle prime pagine dei giornali.