Nella scia di un rimbalzo dei mercati europei, la Borsa di Milano riguadagna 16mila punti, con un aumento di oltre quattro punti percentuali. E’ un respiro di sollievo, una boccata d’ossigeno dopo una settimana di tormenti e un giovedì sera ricco di voci allarmistiche, che arrivavano a prefigurare addirittura una crisi di governo a causa della situazione delle banche intrecciata con il tormentone referendario sulle riforme istituzionali. E c’era da considerare in più il grottesco “caso Alfano”.
Ci sono stati diversi scenari in questa giornata afosa. A Roma era in corso l’assemblea dell’ Abi, l’Associazione delle banche italiane, la confindustria delle banche, e da quella sede sono partiti diversi appelli, un po’ accorati e un po’ minacciosi, a Bruxelles. E’ stato il pPresidente dell’Abi, Antonio Patuelli, il più ardito: “E’ inammissibile che qualcuno metta il veto sulla realizzazione del ‘terzo pilastro’ dell’Unione bancaria europea, cioè l’assicurazione comune dei depositi a livello comunitario”. Il ministro all’Economia, Pier Carlo Padoan, seguiva a ruota: “La condivisione dei rischi deve andare in parallelo alla riduzione dei rischi”.
Sul bail-in, Patuelli si è scatenato: “E’ anticostituzionale”. Il ministro Padoan frena subito, naturalmente, e parla invece di “dialogo continuo” e di flessibilità delle norme europee. Anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, cerca di sdrammatizzare la situazione, e dice: “Si può gestire”. Ma la sostanza che emerge da tutto questo gran parlare da esperti e tecnici, è che, di fronte a un rischio sistemico, qualcuno ha riscoperto il vecchio e deprecato intervento pubblico, quello che fino a qualche tempo fa veniva quasi annoverato tra le bestemmie economiche del credo liberista.
A questo punto, si capisce benissimo che qualcuno pensa, di fronte a dinieghi rigidi da parte europea, che tutto possa saltare per aria, che l’Europa possa arrivare alla disgregazione.
Adesso si apriranno discussioni, nel “dialogo costante” con Bruxelles. In realtà, si assiste allo sbandamento di una costruzione tutta ideologica e a ripensamenti impensabili, perché qualcuno ha scoperto che il risparmio è anch’esso importante quasi (non esageriamo!) come la libera speculazione finanziaria che ha caratterizzato questi anni di crisi economica profonda e di impoverimento generale.
Senza illudersi oltre il lecito, è auspicabile che questo “rischio sistemico” venga preso in dovuta considerazione anche nelle stanze di Bruxelles e di Berlino, mentre le dichiarazioni del croupier lussemburghese e di Jeroen Dijsselbloem sul bail-in possono anche essere dimenticate. Un rischio sistemico in effetti, a conti fatti e a derivati in bilancio, servirebbe anche a quel grande hedge fund che viene chiamato Deutsche Bank?
Forse questo week end potrebbe servire a riflessioni approfondite, anche se i problemi da risolvere non sono affatto semplici e per quanto riguarda l’Italia non si fermano solo alla questione delle banche.
Vicino alle emergenze economico-finanziarie, nel Belpaese c’è il “Renzi furioso” che deve fare i conti con il suo partito e una serie di problemi legati a un referendum che sta diventando sempre più problematico. Al momento, anche se c’è chi cerca di far precipitare la situazione, non sembra possibile una crisi di governo imminente, ma che ci si siano ostacoli da affrontare questo è senz’altro fuori discussione.
In fondo il caso Alfano va per conto suo, ma sono le dichiarazioni degli esponenti del Nuovo centro destra, gli alleati di governo del Pd renziano, che sono contrassegnate da ripensamenti di fondo. Spiega ad esempio Roberto Formigoni sull’Italicum, la legge elettorale: “Bisogna stipulare un nuovo patto di legislatura che provveda a correggere le storture di un sistema pasticciato. Quella di consegnare un Paese a un partito votato dal 15 percento degli italiani è un’ipotesi da scongiurare. A prescindere dal vincitore”. E aggiunge: “In un’ottica di lungo termine pensare a un partito popolare moderato sarebbe auspicabile. Ma in termini più realistici, ciò che più urge è rinsaldare i moderati sulla scorta dell’esperienza Parisi in vista delle prossime elezioni”.
In sostanza, Formigoni dice: “Non saremo tanto irresponsabili da far cadere il governo mentre infuria il terrorismo e l’Europa va a rotoli”. Ma poi? Tutto è in movimento e tutto viene messo in discussione.
A ben vedere, si può dire che “l’estate di ferro e fuoco” passerà, probabilmente senza contraccolpi. Nel loro ultimo incontro il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio devono aver valutato la situazione e probabilmente qualcuno deve aver richiamato a una generale volontà di evitare salti nel buio.
Ma non c’è dubbio che la copertina dell’Economist di questa settimana, dal titolo “The Italian job” con il sottotitolo “Europe’s next crisis” e l’immagine di un pullman tricolore che sta precipitando nel baratro, deve aver fatto un effetto non esaltante in vari palazzi del “potere”.
E’ possibile che in questi due o tre mesi si giocheranno varie carte, anche di ripensamento “elettoralistico” e “referendario”. Ma un fatto è certo, l’appuntamento d’autunno è diventato l’ultimo tram per il nostro giovane “rottamatore”. E’ auspicabile che non sia “Un tram che si chiama Desiderio”, un vecchio film di Elia Kazan.