Il Consiglio dei ministri ha dato il via liubera al decreto legge sulle pensioni con cui il governo risponde alla sentenza della consulta. In conferenza stampa, il premier Matteo Renzi ha fornito alcuni numeri sui rimborsi previsti per i pensionati. Il presidente del Consiglio ha voluto sottolineare che il governo sta cercando di rimediare agli errori fatti da altri nel passato e che un rimborso totale non sarebbe stato possibile, visto che avrebbe comportato importanti tagli a sanità e istruzione. Nel decreto pensioni c’è anche un articolo che, a detta di Renzi, permetterà di “evitare la rivalutazione montante contributivo. Stante la crisi economica cioè le pensioni avrebbero dovute essere abbassate, visto il coefficiente negativo di crescita, ma con questo intervento non c’è alcun decremento. Le pensioni non si toccano e nessuno perde un solo centesimo”. I rimborsi partiranno il primo agosto: “Da questa data a 3.7 milioni di pensionati arriverà il bonus Poletti”. Tale bonus non riguarderà però coloro che ricevono un assegno sopra 3.200 lordi al mese. Per pagare il bonus Renzi utilizzerà quello che era stato definito “il tesoretto”: “Vi ricordate quella meravigliosa parentesi rosa del Def, la differenza tra 2,5 e 2,6% di deficit che voi giudicavate inesistente? C’era ma la utilizziamo per le pensioni per un totale di 2 miliardi e 180 milioni che andranno a 3,7 milioni di pensionati”. Il premier ha spiegato così il meccanismo del rimborso approvato in cdm: “Se tu prendi 1700 euro lordi di pensione, l’1 agosto il bonus Poletti darà 750 euro, se 2200euro sarà di 450 euro, se 2700 sarà di 278 euro. E’ un una tantum”. Per quanto riguarda l’indicizzazione dal 2016, il presidente del Consiglio ha illustrato quanto avverrà: “Chi guadagna 700 euro avrà 180 euro di rivalutazione, 15 euro al mese, per gli assegni da 2200 euro sono 99 euro e per quelli da 2.700 avrà 60 euro all’anno, 5 euro al mese”. Il premier ha definito “troppo rigide” le normative del passato: “Bisogna lasciare un po’ di flessibilità in uscita e dare un po’ più spazio a chi vuole andare in pensione prima rinunciando a parte dell’assegno.