«Le riforme del ministro Padoan impoveriranno gli italiani anziché migliorarne il tenore di vita. Il programma messo in cantiere dal governo non basta, ciò di cui c’è bisogno è un piano ingente di investimenti per rilanciare l’economia». Lo sottolinea Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano. In un’intervista a Repubblica, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha sottolineato che “quella che è completamente mancata finora è la fase della crescita e dell’occupazione. E qui l’Europa è a un bivio. Dalla recessione può uscire in due modi. Il primo è quello che gli inglesi definirebbero ‘muddling through’: cioè vivacchiare, tra bassa crescita e deflazione. Il secondo è l’opposto: cioè crescita sostenuta, rilancio dello sviluppo e del lavoro”.
È davvero possibile rilanciare la crescita senza mettere ingenti somme di denaro pubblico sotto forma di taglio di tasse o di investimenti?
Per farlo il governo avrebbe bisogno di finanziare i suoi investimenti attraverso l’accesso al credito, in quanto lo Stato italiano non ha risorse interne. È indispensabile fare investimenti sul futuro consentendo al Paese di crescere a ritmi elevati, e quindi di ripagare nell’arco di tre anni quello che è stato investito. Ciò consentirebbe alla macchina della crescita di mettersi in moto in misura sostanziale. Per avere accesso al credito lo Stato italiano deve offrire delle garanzie dette “collaterali”.
Il nostro Paese è in grado di dare le garanzie necessarie?
L’Italia è in grado di offrire questi collaterali, e un esempio di collaterale sono per esempio le riserve auree della Banca d’Italia. Il punto centrale rimane che qualcuno finanzi questo grosso volume d’investimento da parte dello Stato, perché se è piccolo non serve a nulla. In questo modo si può innestare davvero una crescita interna e un’espansione delle esportazioni. Una crescita superiore a quella attuale nell’arco di un periodo di tre o quattro anni può consentire di migliorare il Paese e alla scadenza ripagare i prestiti. Se così non sarà rimarremo nella fase di bassa crescita in cui ci troviamo.
Chi potrebbe essere in grado di prestare delle somme di denaro così ingenti all’Italia?
I capitali ci sono. La situazione attuale rende però necessario un ridisegno delle regole Ue, senza strappi ma con una consapevolezza del fatto l’Europa in questo momento continua a essere divisa in due: una metà cresce e l’altra va indietro. Anche paesi come la Francia, che hanno problemi ma non così pressanti come quelli italiani, vedono con evidenza qual è l’impatto anche politico che una situazione di bassa crescita e alta disoccupazione può provocare.
La ricetta di Padoan può rilanciare il Paese?
Le riforme strutturali che ha in mente Padoan sono sostanzialmente due, e riguardano lavoro e pensioni. In pratica si tratta di liberalizzare i contratti e ridurre l’assegno ai pensionati. Questa ricetta non è in grado di rilanciare la crescita nel Paese, perché in questo modo il tenore di vita diminuisce e la precarietà aumenta. Sono dunque d’accordo con l’obiettivo individuato da Padoan, ma non con gli strumenti per raggiungerlo.
Le riforme di Padoan impoveriranno gli italiani?
Le riforme di Padoan impoveriranno gli italiani anziché migliorarne il tenore di vita, che ultimamente è andato indietro di 15 anni. Quando Padoan parla di crescita, il suo è un termine relativo. A tutti gli italiani basterebbe ritornare allo stesso tenore di vita del 2005, anche se ovviamente pretendere di ritornare a quello degli anni ‘90 è chiedere troppo. Non escludo che nel tempo le riforme delle pensioni e del lavoro possano produrre anche effetti benefici, ma ciò avverrà solo tra 15 anni quando l’attuale generazione di pensionati sarà andata al cimitero.
(Pietro Vernizzi)