L’ultima volta che il vostro vecchio Yoda si è interessato all’Italia è stato in occasione dei risultati elettorali. Visto il responso delle urne non si aspettava certo una soluzione rapida, nonostante il fatto che tutti i leader politici avessero segnalato l’urgente necessità di dare un governo al paese. Lontano com’è, si è guardato e si guarda bene dal parteggiare per questo o per quello, limitandosi a seguire ogni tanto tv e giornali e a monitorare i social network.
Ma gli è bastato per rendersi conto di quanto sia grave, profonda e al momento irrimediabile la malattia virale che ha attecchito più o meno in tutti i partiti: il populismo demagogico.
I sintomi erano ben avvertibili durante la campagna elettorale: bastava una rapida occhiata alle promesse di tutti i contendenti per capire che erano tutte campate per aria, un’esca buona per pesci boccaloni. Ma tant’è, in molti hanno abboccato.
C’è poi da dire che la campagna elettorale non è mai finita, e le bugie si sono trasferite ad un altro livello. “Abbiamo vinto noi, siamo la prima coalizione”. “Abbiamo vinto noi, siamo il primo partito”. E giù a reclamare il diritto di governare, pur non avendo raggiunto nessuno alcuna maggioranza parlamentare.
Di menzogna in menzogna, si sta arrivando ora al termine di un lungo percorso a base di consultazioni ed esplorazioni, che sembrano portare allo stallo conosciuto sin dall’inizio. E’ evidente che partiti che se le sono date di santa ragione per molto tempo rimpallandosi le accuse più pesanti, ora fanno davvero fatica a trovare una qualche ragione plausibile per andare insieme al governo: boccone davvero troppo poco digeribile per elettorati nutriti quotidianamente a base di slogan aggressivi e delegittimanti.
La cosa che appare chiara è che Di Maio pur di andare al governo farebbe patti anche con il diavolo, cosa che pure diversi del Pd sarebbero disposti a fare pur di evitare un governo al traino del centrodestra. Quello che non è chiaro a loro è che gli elettori che hanno abboccato, oltre che il rispetto almeno parziale delle promesse, chiedono un minimo di coerenza, merce oramai sparita da tutti gli scaffali. Motivo per cui è corretta l’osservazione di chi sostiene che i 5 Stelle saranno pure dei bravi ragazzi, ma un conto è urlare in piazza e in tv, e un conto è governare. Non si capisce infatti come si farebbe a perseguire “l’interesse del paese” mantenendo anche solo in parte costose promesse mentre incombe la minaccia delle cosiddette clausole di salvaguardia. Motivo per cui altri autorevoli editorialisti sostengono che ai grillini converrebbe stare ancora un po’ all’opposizione. Peccato dimentichino che quelli di loro più in vista, se si tornasse a votare, sparirebbero dalla scena politica per via della regola dei due mandati che si sono imposti: ohibò, chi di spada ferisce, di spada perisce… e così capiamo perché Di Maio ha questa smania di governare a qualunque costo. Altri ancora si domandano come mai i mercati se ne stiano così tranquilli. Da alcune indiscrezioni sembra che nella sua trasferta londinese, agli investitori internazionali Di Maio abbia detto: “Diteci quello che dobbiamo fare e lo faremo”, cosa che li avrebbe oltremodo tranquillizzati. Perlomeno curioso, se fosse vero. Più plausibile il fatto che i mercati, che non sono gestiti da allocchi, abbiano capito che il presidente Mattarella debba esperire tutte le strade possibili prima di sfornare un governo del presidente (o istituzionale, che dir si voglia): alla fin fine un nuovo governo Monti, a cui già si candidano anziani ex presidenti o ex membri della Corte costituzionale, certamente più adatti a gestire una cattedra che un governo. Insomma, tanto rumore per nulla. Yoda una ricetta ce l’avrebbe: un bel doppio turno alla francese, e così il presidente di turno eviterebbe di doversi barcamenare tra prime coalizioni, primi partiti e persino grandi perdenti… di nuovo al governo.