Al Meeting di Rimini ci si confronta su tutto. Anche sulla sanità. Ieri mattina si è svolto un interessante incontro nel quale alcuni autorevoli attori del sistema sanitario italiano hanno dibattuto sulle sfide e le criticità che occorre affrontare per migliorarlo.
“O protagonisti o nessuno” recita il titolo del Meeting di quest’anno: vale anche nel mondo sanitario dove o ciascuno (sia esso medico o paziente, amministratore o ricercatore) si assume le sue responsabilità e si sente parte di un sistema complesso, nel quale l’operato di ognuno si interseca con quello degli altri, oppure sarà difficile promuovere quel miglioramento complessivo del sistema che le sfide di questi tempi richiedono.
A partire da questa considerazione, espressa da tutti i relatori, ognuno di essi ha riportato esperienze, lanciato provocazioni e analizzato alcune delicate questioni che non sempre emergono in dibattiti di questo tipo.
Innanzitutto il tema della tanto proclamata centralità del paziente: come ha notato la Dott.ssa Marina Panfilo, Institutional & Stakeholders Relations Director Pfizer Italia, “si parla spesso del paziente al centro del sistema, ma in realtà non è così. Il paziente dovrebbe muoversi nel sistema in modo competente, dovrebbe essere messo nelle condizioni di decidere ma anche assumersi le sue responsabilità”.
Perché il paziente sia concepito e trattato come un soggetto protagonista del percorso di cura non servono proclami e dichiarazioni d’intenti, ma una concezione dell’uomo che ne riconosca il valore e la capacità di scelta: solo così possono svilupparsi anche azioni e progetti che concretamente esprimono questo riconoscimento.
Tra questi si può annoverare lo sviluppo del sistema informativo socio-sanitario della Regione Lombardia, uno dei più avanzati d’Europa, le cui caratteristiche fondamentali sono state esposte da Alberto Daprà, presidente di Lombardia Informatica: “Grazie al fascicolo sanitario elettronico, che raccoglie tutti i dati relativi al percorso sanitario di ogni cittadino, il paziente è realmente messo al centro del sistema. Ogni persona potrà accedere al proprio fascicolo (che garantisce la privacy dei dati), conoscere il suo percorso di cura e anche utilizzare le ricette elettroniche, che sostituiranno quelle cartacee”.
La raccolta dei dati amministrativi e clinici è anche uno strumento cruciale per impostare la programmazione sanitaria: “I decisori di politica sanitaria sono in grado di conoscere i processi amministrativi e di spesa in atto nel sistema e tutti i fenomeni sanitari che incidono nella vita dei cittadini – ha affermato Daprà – potendo prendere le decisioni in modo appropriato”.
Naturalmente questo processo richiede molto spesso di scardinare una concezione culturale e organizzativa che spesso fatica ad accettare la misurazione, la raccolta di dati e il controllo sulle attività svolte.
Anche per maggiori investimenti nella ricerca biomedica (altro tasto dolente nel nostro Paese) è importante disporre di dati. “Per investire – ha dichiarato la Dot.ssa Panfilo – bisogna misurare i risultati ottenuti dagli investimenti economici in sanità, servono dati e indicatori validati che permettano di giudicare che cosa funziona e che cosa no. Non è possibile che ci siano differenze così marcate tra le regioni italiane”.
Quest’ultimo punto è cruciale: obiettivamente, se alcune regioni offrono servizi sanitari di qualità migliore di altre spendendo di meno, la cosa deve far riflettere, e bisogna veicolare e valorizzare le migliori esperienze presenti sul territorio affinché le regioni con performance meno buone possano crescere migliorare.
Poi c’è il tema del controllo. Come hanno ricordato sia Cesana che Carlo Lucchina, Direttore Generale Sanità RegioneLombardia, nel nostro Paese spesse volte accade che siano i tribunali o la Guardia di Finanza ad effettuare i controlli e a valutare l’appropriatezza delle prestazioni: naturalmente è giusto perseguire chi sbaglia o viola la legge, però “è il sistema sanitario stesso che deve dotarsi di tutti gli strumenti di controllo necessari al suo monitoraggio. Occorre un salto di qualità sui controlli” ha dichiarato Lucchina.
Ma come può accadere ciò? “Ogni professionista deve sentirsi parte di un sistema – ha detto sempre Lucchina – la responsabilità è del singolo ma ciascuno è inserito nel sistema sanitario che mette insieme l’operato di tutti. Deve crescere lo scambio di informazioni tra gli operatori, ad esempio promuovendo, come stiamo cercando di fare in Lombardia, il confronto tra professionisti dello stesso settore, tramite le reti di patologie, perché lo scambio di conoscenze e di informazioni è l’unico strumento in grado di migliorare l’appropriatezza delle prestazioni. In questo modo è possibile valutare la qualità nei servizi e nelle prestazioni erogate”.
Le altre priorità evidenziate dal dirigente lombardo riguardano la valorizzazione dell’autonomia del medico, perché anche disponendo di linee guida e protocolli è sempre il medico che poi concretamente si trova a decidere il caso del singolo paziente, l’equilibrio di bilancio, senza il quel ogni proclama si tramuta in pura utopia e la valutazione della performance che permette di stabilire se si utilizzano le risorse in modo adeguato e se le prestazioni erogate sono appropriate.
Infine, un affondo sugli stili di vita: ciascuno deve essere più responsabile, perché si rischia di incorrere in situazioni di cronicità già in giovane età a causa di alcool, droghe, stupefacenti, etc.
Cosa si evince da tutte queste considerazioni? Innanzitutto la complessità presente nel sistema sanitario, che non permette valutazioni riduttive o semplicistiche delle criticità presenti. In secondo luogo il fatto che esistono realtà dove la sanità funziona meglio che in altre, e questo significa che si può migliorare. In ultimo, che ciascuno è chiamato ad impegnarsi in prima persona, ad essere responsabile, a non pensare che tanto ci penserà qualcun altro. Anche questo vuol dire essere protagonisti.