«Il risultato del primo turno alle elezioni comunali di Milano rappresenta senza dubbio un terremoto politico. Non mi sembra però il momento di lanciarsi in facili previsioni perché in un attimo siamo passati da un quadro politico apparentemente solido come la pietra a uno fluido come una coppa di champagne. Ogni cosa comunque è ancora in movimento, tutto dipende da come tieni in mano il bicchiere». Giulio Sapelli nella sua analisi del voto milanese di sabato e domenica procede per immagini. «Lo smottamento del berlusconismo era nell’aria da settimane, anche se nessuno poteva prevedere quando sarebbe avvenuto. In ogni caso Berlusconi ha commesso un grave errore: quando le montagne smottano non è il caso di andare a sciare perché si rischia di creare delle slavine. Meglio essere cauti o stare direttamente a casa. Il verdetto del primo round ad ogni modo è chiaro: il centrodestra rischia davvero di perdere la città che ha visto nascere il berlusconismo e ne ha vissuto i momenti chiave, dalla fondazione fino al predellino».
Il premier ha sbagliato a dare un valore politico nazionale al voto di Milano?
Il Cavaliere non ha capito che si trattava di una lotta tra due fazioni della borghesia milanese in cui alla fine paradossalmente ha prevalso la borghesia moderata. Nella scelta di Pisapia non ha infatti pesato che fosse sostenuto dall’estrema sinistra, ma il suo profilo moderato e il fatto che fosse il figlio del grande Avvocato. In questo contesto la radicalizzazione dello scontro portata avanti dal Presidente del Consiglio si è rivelata una strategia suicida. I moderati, anche se sanno benissimo che la magistratura non ha un rapporto normale con la politica, non ne possono più di questa guerra quotidiana tra i poteri.
Anche Letizia Moratti ha qualcosa da rimproverarsi secondo lei?
Se un candidato debole come Pisapia prende una quantità di voti simile significa che non sono stati commessi soltanto errori di comunicazione. La più grave delle sviste della Moratti a mio avviso è stata comunque la scelta di accusare di estremismo e di vicinanza al terrorismo Pisapia al termine dell’ultimo confronto televisivo. Con questa battuta il sindaco uscente si è alienato una buona fetta della media e alta borghesia milanese, che spesso ha in famiglia almeno una persona passata attraverso il maoismo o l’esperienza dei vari movimenti sessantottini.
Una gaffe che denota un’incomprensione profonda di cosa è diventata Milano negli ultimi anni: una città quasi completamente gentrificata. Il popolo infatti è stato espulso. Chi non lavora nella finanza e non vive di politica, se non è ricco di famiglia, fa una grossa fatica a vivere a Milano. E così in città è rimasta la borghesia e una larga fascia di anziani che non hanno mai voluto andarsene e che provano ad andare avanti, anche se con difficoltà. C’è poi un altro dato preoccupante.
Quale?
La Lega Nord arretra. Da tempo era stata sdoganata da Berlusconi, ma negli ultimi anni, grazie all’intelligenza politica di Bossi, si era normalizzata e costituzionalizzata, portando su posizioni di democrazia parlamentare rappresentativa anche istanze che potevano diventare aggressive, come quelle contro le minoranze religiose e l’immigrazione. Purtroppo c’è un mondo protestatario populista di destra pronto a intercettare questi voti: da La Destra di Storace a Forza Nuova arrivando fino al Movimento a 5 Stelle di Beppe Grillo…
Il segnale che la base leghista ha inviato al Senatur potrebbe avere delle conseguenze politiche sugli equilibri di governo?
Penso proprio di sì. La Lega e altri mondi insieme a lei si preparano ad avere le mani libere da Berlusconi e sono convinto che in futuro ci saranno delle sorprese.
Il centrodestra a Milano può ancora sperare nella rimonta?
I giochi sono ancora aperti e lo stesso Pisapia dovrà stare attento. Se sulle ali dell’entusiasmo abbandonasse un atteggiamento moderato e sereno rischierebbe di compromettere la vittoria finale. Certo per la Moratti la corsa è in salita, non sarà facile conquistare gli elettori che al primo turno hanno scelto il Terzo Polo. E i poteri forti sono tutti dall’altra parte, le grandi banche soprattutto, frutto proprio del prodismo.
Cambiando versante l’affermazione di Pisapia e De Magistris sposta verso sinistra l’asse dell’opposizione?
Non direi, terrei conto anche della vittoria di Piero Fassino, uno che si è schierato con forza per il sì al referendum di Mirafiori. Mi sembra in pratica che per Bersani si possa parlare di una vittoria chiara, anche al di là del risultato milanese. Nonostante la pessima amministrazione di Napoli il centrodestra non è riuscito a passare e le vicissitudini bolognesi non hanno impedito al Partito Democratico di mantenere una delle sue roccaforti. Se fossi nei panni del segretario del Pd non mi preoccuperei dell’ipotetico estremismo di Vendola, che resta comunque un amministratore, ma nel populismo di Di Pietro e dell’Italia dei valori. È quello a mio avviso il tallone d’Achille di uno schieramento che voglia davvero costruire un’alternativa credibile al berlusconismo.
(Carlo Melato)