Con l’annuncio dei presidenti Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy riguardo l’accordo di collaborazione tra Edf ed Enel in materia di energia elettronucleare il tema è rimbalzato immediatamente all’attenzione dell’opinione pubblica.
La ripresa nel nostro paese della produzione di energia da fonte nucleare è peraltro all’attenzione del parlamento dalla scorsa estate. Infatti, come noto, a conclusione di un ventennio di fuoriuscita dal nucleare, il legislatore (decreto-legge 112 convertito in legge 133/2008) ha riaperto il dossier. Ha cioè indicato un percorso che dovrebbe muovere dalla convocazione di una Conferenza nazionale dell’energia e dell’ambiente propedeutica alla definizione di una “Strategia energetica nazionale” su iniziativa del ministro dello Sviluppo economico.
Successivamente il progetto del governo si è concretizzato nel ddl 1441-ter (oggi testo AS 1195) “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, tra cui spicca un sottoinsieme di norme cui è affidata la nuova disciplina del settore nucleare, ovvero in particolare gli articoli 14 (“Delega al Governo in materia di nucleare”), 15 (“Energia Nucleare”), 17 (“Agenzia per la sicurezza nucleare”). Allo stato attuale il “pacchetto nucleare” è ancora in discussione al Senato e l’approvazione non è certo dietro l’angolo a causa della valanga di emendamenti presentati dallo stesso governo.
È evidente il contrasto tra la dichiarazione “a effetto” della collaborazione tra i due (ex) monopolisti dell’energia, che sembra dare concreto avvio alla fase operativa di rientro nel nucleare, e la persistente assenza di una disciplina definita e certa, necessaria sia per i possibili operatori del settore che per garantire la sicurezza dei cittadini.
Non è infatti sufficiente il recupero di popolarità dell’energia elettronucleare sia a livello internazionale (esemplare il mutamento di posizione di un paese come la Svezia) che sul piano interno, dove il consenso sembra in graduale ascesa. All’origine di questo mutato orientamento c’è forse la generale preoccupazione per i cambiamenti climatici prodotti dai gas-serra e la convinzione che un nuovo mix di fonti per la produzione di energia debba prevedere una crescita delle energie rinnovabili e del nucleare.
Ma il “ritorno al nucleare” rischia di restare una locuzione vuota se non si procede in tempi brevi a definire un quadro di regole univoche e affidabili, riguardo tempi e contenuti, particolarmente rilevanti in un settore ad alto grado di sensibilità come il nucleare. Sono, questi, prerequisiti irrinunciabili della disciplina. La benché minima incertezza va a incidere fortemente sugli aspetti economici e organizzativi e può produrre negli stessi operatori la percezione di un maggiore rischio connesso al loro investimento. A questo proposito il legislatore dovrebbe evitare di inserire nel testo la prospettiva di una revisione entro un anno dalla approvazione dei regolamenti governativi. Chi oserà intervenire nel settore in questo frattempo?
Inutile riaprire in modo del tutto casuale il dibattito sui siti e sulla ancora attuale idoneità delle localizzazioni già definite nel passato. L’improvvisazione non porta mai a risultati positivi, tanto meno in ambiti dove l’acquisizione del consenso da parte delle collettività locali richiede una gestione motivata e razionale del dibattito. Su questo gli inglesi fanno scuola!
Quindi allo stato attuale è indispensabile un lavoro efficace di elaborazione del contesto normativo, che né il parlamento né il governo per ora sembrano in grado di garantire in tempi rapidi. Si tratta in estrema sintesi di mettere a punto pochi aspetti basilari quali, tra l’altro, il quadro della governance del settore e in particolare la costruzione dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare; le procedure relative alla autorizzazione di costruzione ed esercizio delle centrali così come le modalità di gestione dei rifiuti e di finanziamento della stessa.
Su questo, tra l’altro, il legislatore ha a disposizione un’ampia casistica di esperienze nazionali talvolta consolidate. talaltra recentemente rinnovate e di regole comunitarie e internazionali che gli possono consentire di mettere a punto, in tempi oltremodo ragionevoli, poche regole univoche e un chiaro sistema di responsabilità che consenta, se davvero si vuole, l’effettivo decollo del settore.