Le premesse non sono delle più felici. Sembra che la rinascita di Forza Italia sia contaminata da rabbie e malumori, da tante e tali divisioni interne da rendere impossibile accordarsi sulla nomina del nuovo capogruppo al Senato; nonostante il partito, in quanto raccoglitore dei reduci e dei fedelissimi, dovrebbe esser connotato da un certo grado di coesione interna. Circola un video, inoltre, che dà la netta percezione di quanto gli animi siano stanchi e di come la vera cifra della nuova creatura sia la nostalgia di ciò che mai più tornerà. Si vede Berlusconi che, in una riunione privata in cui si dice convinto della necessità di trovare volti nuovi, ammette che, un tempo, con lui c’erano personaggi come Urbani, Baget Bozzo, Colletti, Melograni o Tremonti. Sottintindendo che, ormai, gli sono rimasti i falchi. Abbiamo chiesto a Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore, che piega sta prendendo il partito.
Pare che quel video, tra i fedeli dell’ex premier, abbia destato parecchi malumori.
Può darsi ma, francamente, mi pare una forzatura voler vedere, in quel video, l’intento, da parte di Berlusconi, di rottamare i fedelissimi che lo hanno seguito in quest’ultima avventura. Ci sarà, evidentemente, invece, una riorganizzazione interna. Cosa che, considerando l’età e tutto quello che gli è successo, mi pare apprezzabile. Insomma, ci vuole una buona dose di forza di volontà e tenacia per rimettersi a fare i casting per un nuovo partito. Ovviamente, in una prospettiva elettorale. Non bisogna dimenticare che i partiti di Berlusconi sono degli enormi comitati elettorali.
Resta il fatto che le divisioni ci sono.
Vede, il partito di Renzi può permettersi di assemblare tutto e il contrario di tutto, da Giacchetti a De Luca, perché la sua prospettiva è la vittoria, e siamo in presenza di una leadership nascente. Al contrario, in Forza Italia, assistiamo al sistemico tramonto della leadership. Questo fa sì che gli uomini che si sono costruiti una carriera politica attorno a Berlusconi siano sotto pressione. C’è una corsa al “si salvi chi può”. E, nella prospettiva di perdere, ciascuno cerca di organizzarsi al meglio, presidiando i propri piccoli spazi di potere. Per questo, le divisioni di cui lei parla, ci sono, ma sono del tutto fisiologiche.
Come giudica il fatto che non siano riusciti ancora a nominare il nuovo capogruppo al Senato?
Effettivamente, la questione è grave. Non è un bell’esordio. Un partito che nasce dovrebbe essere fresco, pimpante, sicuro di sé e, quindi, anche della cariche da distribuire. Credo, in ogni caso, che tutto si risolverà, e che le varie contraddizioni, come sempre, saranno riassorbite nella figura di Berlusconi. Al quale, francamente, spero non gli passi per la testa di fare lui il capogruppo. Decadrà tra pochi giorni, sarebbe una sciocchezza. Il vero problema, in realtà, è che ciò che manca del tutto, è la politica stessa.
Cosa intende?
Forza Italia, o resta all’opposizione, e sarà ininfluente; o va al governo, e sarà influente. Ciò non significa che, in futuro, non avrà un ruolo. Per ora, tuttavia, mi pare su posizioni attendiste.
Non crede che la politica manchi anche sul fronte dei contenuti? Possibile che, dopo vent’anni, continui a definire Forza Italia il partito delle “rivoluzione liberale”?
No, non lo è. Ma, del resto, stiamo pur sempre parlando del partito di Berlusconi. Il collante, il manifesto, il motore di Forza Italia, resta lui. Da questo punto di vista, non conta tanto quello che dice, quanto che sia lui a dirlo e che abbia dato vita ad un soggetto che raccoglie gli uomini e le donne che non ha ancora deluso. In tal senso, l’assenza della politica è molto più percepibile sul fronte del ruolo che intende assumere nella partita.
Vorrà forse giocare di sponda con il Pd renziano per far cadere Letta?
Nei fatti, potrebbe verificarsi una situazione del genere. Ma Renzi non potrebbe mai accettarlo. Deve far cadere Letta senza darlo a vedere. Non si può di certo mettere d’accordo con Berlusconi; restare con l’area di governo, d’altro canto, lo destinerebbe ulteriormente all’insignificanza, essendo quella zona già presidiata da Alfano.
Berlusconi, ricordando parte di tutti quelli che non sono con lui, ha ammesso una sconfitta?
Ha posto l’accento sulla sua “colpa” più grave: ha promesso la rivoluzione liberale, mettendo insieme un embrione di classe dirigente che avrebbe potuto progettarla, e ha avuto ampissime maggioranza ma, per vent’anni, ha fatto il democristiano e lo statalista, aumentando le tasse e non scalfendo minimamente i veri poteri forti. Che non sono la Boccassini, ma i burocrati che impediscono agli italiani di lavorare. Su questo, il fallimento è completo. Non so quanto se ne renda conto. Normalmente, infatti, ha un atteggiamento auto-assolutorio: continua a sostenere che le riforme, nonostante avesse il carisma, la squadra, i voti, i soldi e le tv, non gliel’hanno lasciate fare.
(Paolo Nessi)