La Banca d’Italia ha rivisto al ribasso le stime per il Pil del 2013, che nell’ultimo Bollettino Economico è passato dal -0,2% al -1%. Per gli esperti di Via Nazionale la ripresa arriverà nella seconda metà di quest’anno, con il Pil che nel 2014 salirà leggermente dello 0,7%. Ma anche l’anno prossimo il tasso di disoccupazione aumenterà arrivando al 12%. Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, è convinto che questa tendenza nasca dall’utilizzo di un moltiplicatore scorretto nel calcolo degli effetti delle politiche di austerity.
Per quale motivo gli economisti continuano a fare stime sbagliate, che ogni volta devono poi rivedere al ribasso?
E’ dal 2010 che tutte le previsioni sull’anno in corso e su quello successivo sono riviste in modo negativo, mentre nell’arco di due anni si prevede che ritornerà la crescita. Il Fondo monetario internazionale ha dichiarato che i modelli a nostra disposizione sottostimano grandemente l’impatto dell’austerità, e quindi il potenziale delle politiche fiscali espansive per uscire dalla crisi. Il Fmi ha ammesso di utilizzare un moltiplicatore dello 0,5% per ciascuna manovra restrittiva da un punto di Pil, mentre il moltiplicatore reale è pari all’1,5%.
Può spiegare che cosa significa tutto questo in concreto?
Per ciascuna manovra di austerity il cui ammontare è l’1% del Pil, il Fmi prevede che il Pil scenda dello 0,5%. Se dunque una manovra aumenta le tasse di 16 miliardi di euro, i dati ufficiali calcolano che il Pil diminuirà di 8 miliardi, mentre in realtà si provoca una riduzione pari a 24 miliardi. Le manovre di Monti, pari al 2% del Prodotto interno lordo, hanno dunque avuto effetti sulla nostra economia che sono stati molto più pesanti del previsto. Il Pil del 2012 è diminuito del 2,4%, mentre sulla base delle stime fatte nel 2010 si prevedeva che l’anno scorso sarebbe stato positivo. Se non modifichiamo i modelli utilizzati, continueremo a sottostimare i danni enormi che le politiche di austerità generano.
Ormai questi danni sono sotto gli occhi di tutti …
Eppure fino a un anno fa gli economisti italiani continuavano ad affermare che grazie all’austerità, e soprattutto attraverso il taglio della spesa pubblica, il Pil sarebbe ritornato a salire. Oggi nessuno mette più in dubbio che il moltiplicatore sia un numero positivo, e che quindi se si fa austerità il Pil scende, mentre se si fa espansione fiscale il Pil sale. Se cioè abbassassimo le tasse o aumentassimo la spesa pubblica il Prodotto interno lordo ritornerebbe ad avere una tendenza positiva.
La spesa pubblica produce effetti positivi a prescindere da come è utilizzata?
La spesa pubblica che fa crescere il Pil è quella utilizzata per richiedere lo svolgimento di servizi da parte delle imprese in modo da creare occupazione e reddito. Se per ipotesi un funzionario utilizza un milione di euro di fondi pubblici pagati dai cittadini con le loro tasse per regalarli a un suo amico firmando una fattura falsa, non produce nulla e quindi il Pil non sale. Al contrario, quando lo Stato domanda beni e servizi alle imprese il Pil sale. Questo discorso vale quindi solo a condizione che lo Stato sia capace di non sprecare, evitando appalti truccati e corruzione.
In effetti è difficile non avere il dubbio che sprechi e corruzione in Italia siano una condizione inevitabile…
Gli economisti contrari alla spesa pubblica sostengono infatti che in Italia siamo tutti corrotti, e quindi qualsiasi investimento statale finisce in mazzette e non crea occupazione e Prodotto interno lordo. La domanda se l’Italia sia o meno capace di non fare sprechi è legittima. Se la risposta è sì, grazie agli investimenti possiamo uscire dall’attuale crisi, altrimenti in caso contrario significa raccogliere i soldi dei cittadini con le tasse solamente per dilapidarli. Con un presidente del consiglio valido come Mario Monti e un Commissario per la spending review come Enrico Bondi, non riesco a immaginare che non riescano a fare come in tutto il mondo.
In che senso?
Tanto negli Stati Uniti, quanto in Germania e nel Regno Unito, in un momento di crisi lo Stato spende di più senza fare sprechi, ma chiedendo beni e servizi alle imprese. Proprio perché c’è un governo competente anche in Italia, mi sarei aspettato che come prima cosa avrebbe attuato degli investimenti. Non attuandoli, è come se il governo dicesse di non essere in grado di controllare la corruzione e gli sprechi nella Pubblica amministrazione, e quindi rinunciasse a introdurre delle politiche fiscali espansive. La forza del governo britannico di Margaret Thatcher è stata proprio quella di tagliare tutti gli sprechi, dando una risposta ai cittadini inglesi che erano furibondi e non ne potevano più di una Pubblica amministrazione statalizzata e sprecona.
(Pietro Vernizzi)