In primo luogo, nella storia finanziaria assistiamo sistematicamente a questa rincorsa tra mercato e regolamentazione, dove di solito il mercato è sempre un passo avanti. Se esso produce benefici con la sua innovazione, di solito poi ci si accorge che l’innovazione, quando non è più tale, va regolamentata; quindi, sotto certi punti di vista, niente di nuovo. La novità sostanziale è la velocità con cui questo meccanismo di azione e reazione si è sviluppato, soprattutto per quanto concerne le dimensioni. La grande novità è che abbiamo mercati molto integrati, praticamente funzionanti in ogni momento del giorno, mercati internazionali di dimensioni rilevanti; la regolamentazione segue ancora, invece, i confini delle nazioni.
Ne risulta quindi che il mercato è integrato, mentre le regole sono segmentate. Questo crea buchi e ritardi: quando tutto va bene, di buchi e ritardi non se ne cura nessuno, quando c’è qualche scricchiolio o qualche deficit ce ne accorgiamo. Questa la risposta alla prima domanda, soprattutto tenendo conto che le regolamentazioni razionali hanno regolamentatori razionali, (cioè) quanti si preoccupano quando vedono qualcosa che succede nel proprio perimetro di competenza. Ma se esiste un pericolo non meglio definito o un rischio non meglio definito che gira per i mercati internazionali, senza comprendere bene dove questo rischio va a colpire, c’è un meccanismo di deresponsabilizzazione, per cui ciascun regolamentatore si preoccupa solo quando accade qualcosa all’interno del proprio perimetro di responsabilità.
Occorre procedere tendendo presenti due strade. Potremmo definire la prima strada “ri-regolamentazione”: chiede con forza la ridefinizione di vincoli, barriere, paletti etc., ovvero la necessità di interventi diretti dello Stato. C’è una seconda scuola di pensiero, che potrebbe essere chiamata “evoluzionista”, che guarda al grande ruolo che può svolgere la trasparenza: conoscere ciò che sta accadendo anche attraverso lo scambio di informazioni tra comparti e autorità. A questa seconda scuola di pensiero, per cui il mercato deve essere trasparente e regolamentato ma non soffocato, appartiene quel rapporto firmato dal Governatore Mario Draghi, letto in occasione del Financial Stability Forum. Semplificando: (da una parte) una scuola della restaurazione, (dall’altra) una scuola dell’evoluzione. Queste due scuole si stanno confrontando e non è facile comprendere quale direzione prenderà la regolamentazione.
La risposta è senz’altro no. Siccome di solito sono fenomeni di crisi che partono in un punto del globo e possono ripercuotersi altrove, è molto importante che si intensifichino meccanismi di coordinamento e di scambio di informazioni tra le diverse autorità nazionali. Si può trovare un elemento di novità nell’attuale situazione di turbolenza finanziaria: negli ultimi decenni eravamo abituati a vedere i focolai delle crisi che partivano dalla “periferia” e poi arrivavano ai mercati finanziari più evoluti. La turbolenza di questi ultimi mesi è partita dal mercato finanziario più evoluto e sviluppato e ha avuto riflessi su altri mercati: il mercato europeo, in parte il mercato asiatico, riflessi che fino a questo momento risultano controllati e controllabili.
Finora l’economia reale è rimasta preservata dalla crisi economica in atto. I paragoni con il 1929 sono stati davvero affrettati: nel ’29 c’era un intreccio globale di crisi reale che si intrecciava con quella finanziaria. Un circolo vizioso. Da questo punto di vista, se si osservano i dati complessivi dell’economia mondiale, sembra che non sia successo nulla, nel senso che il pianeta ha continuato a crescere soprattutto perchè la “locomotiva” statunitense è stata in parte sostituita da altre “locomotive”, quelle asiatiche. Da questo punto di vista il sistema reale ha retto bene, potrebbero esserci riflessi se l’aggiustamento nei bilanci bancari, soprattutto degli Stati Uniti, il paese più colpito, dovesse provocare una restrizione del credito; pare tuttavia che questo pericolo sia ben conosciuto sia dagli intermediari che dalle autorità e si sta facendo il possibile per evitarlo. Negli Stati Uniti siamo in campagna elettorale, quindi sarei molto stupito di vedere situazioni di restrizione. Le autorità faranno di tutto perchè questo non accada.
Assolutamente coerente con il mandato attuale della Bce. Aggiungo che, a mio parere, non deve essere cambiata perchè può dare potere d’acquisto all’euro senza per questo creare danni alla crescita, e finora è stato così. Credo che la politica monetaria della Banca centrale europea sia da apprezzare.