Napolitano ha firmato ieri la manovra economica e finanziaria del Governo. Alla conferma dei tagli precedentemente annunciati l’Anm ha annunciato un possibile sciopero. Alcune critiche sono giunte anche da governatori e amministratori locali con l’eccezione dei leghisti, che fin dall’inizio hanno appoggiato la “linea Tremonti”. «È un momento difficile – dice a IlSussidiario.net Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia -, ma può servire da impulso per rendere il sistema più efficiente. La manovra comunque non è in competizione con il federalismo, al massimo lo anticipa».
Alcuni presidenti di regione come Formigoni ed Errani hanno espresso nei giorni scorsi le loro perplessità davanti a “tagli insopportabili”. Lei non è di questo parere?
Il momento è certamente molto critico e impone un riposizionamento verso il basso della spesa pubblica. Penso che sia giusto, dopo i sacrifici chiesti alle imprese. L’economia non tornerà ai livelli precedenti, perché si è basata su un modello economico fuori dalla realtà. Per questi motivi siamo davanti all’ultima occasione buona per far dimagrire lo Stato a tutti i livelli.
La Regione Lombardia risponderà ai sacrifici richiesti come faranno le altre regioni.
Non c’è il rischio di penalizzare allo stesso modo enti virtuosi ed enti ad alto grado di inefficienza?
La preoccupazione è giusta, ma grazie al federalismo fiscale non sarà così. Una volta definiti i costi standard, chi sarà vicino a questi livelli salverà i propri servizi senza dover ricorrere a nuove imposte.
Su questo punto la discussione è piuttosto accesa. Innanzitutto, quando verranno definiti i costi standard?
Come dicono i ministri competenti il prima possibile, anche per zittire polemiche inutili. La mia speranza è che si raggiunga l’obiettivo entro l’estate.
Questi tagli porteranno secondo lei nuove tasse a livello locale? Chi si ritroverà lontano dai costi standard si rifarà sui propri cittadini?
Non è detto. Una volta capito il reale stato di salute di ciascuna regione, chi non sarà in regola dovrà cercare di far dimagrire le proprie strutture, eliminando gli sprechi, esattamente come ha fatto Regione Lombardia con i procedimenti virtuosi di tutti questi anni. Se siamo riusciti a farlo noi, non vedo perché non potrebbero riuscirci gli altri.
Questa sperequazione deve finire, non ci sono alternative. O meglio, un’alternativa c’è.
Quale?
Il fallimento, nel vero senso della parola.
Secondo lei le circostanze stanno rendendo più urgente il federalismo, c’è invece chi sostiene che sia una rivoluzione troppo costosa nel breve periodo, da rinviare visto che si sovrappone alla manovra. Cosa risponde?
È la preoccupazione di chi ha paura di essere smascherato sul piano politico. Quando uscirà il provvedimento relativo avremo un prospetto chiaro, in termini ragionieristici, di chi è in regola e di chi dovrà mettere a posto i propri conti. Chi ha sperperato ha tutto l’interesse nel seminare terrore ingiustificato.
La verità è che, in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando, l’unica strada possibile è la riduzione della spesa e la sua razionalizzazione attraverso parametri omogenei.
Per quanto riguarda il taglio delle province le posizioni sembrano invertirsi. La Lega si oppone, la sinistra le vorrebbe tagliare. Lo stesso Fini ne aveva fatto motivo di scontro con Berlusconi alla Direzione del partito. Perché siete contrari?
Perché riteniamo che la provincia sia il luogo dell’identità di un territorio. Ad oggi, molte competenze amministrative sono destinate a un organo intermedio che si colloca tra Regione e Comune. La nostra proposta è di potenziarle soprattutto su alcune materie esercitate in forma associata, in ragione del loro livello indispensabile, di quella visione d’insieme che i comuni non hanno. Riduciamo i costi facendole rendere di più, affidando loro alcune funzioni intermedie.
Cosa pensa della proposta di Formigoni di dare alle province il tempo utile per rimettersi in regola, dopodiché abolire con criteri di efficienza e non di grandezza?
Usare il criterio dell’efficienza è sicuramente meglio, rimango però in disaccordo perché l’inefficienza ha sempre una responsabilità politica, non dell’ente in quanto tale. Province grandi, ma poco efficienti, potrebbero pagare scelte politiche sbagliate. Dobbiamo capire invece se non servono o se sono soltanto mal gestite. È come se a livello regionale abolissimo la Campania a causa della sua cattiva gestione.
Difendendo le province per la loro forte carica simbolica non si rischia di aumentare la presenza dello Stato sul territorio (tribunali, prefetture, ecc.) come sostiene qualche commentatore?
Grazie alla Bassanini non c’è più bisogno di questa coincidenza. La razionalizzazione di alcuni organi di natura statale come quelli a cui faceva riferimento non devono rispettare i confini territoriali delle province.
Il centrodestra è compatto in questo delicato momento? Anche tra le sue fila si nasconde qualche “nemico del federalismo”?
Le resistenze al federalismo sono date dal fatto che molti territori, soprattutto al Sud, dovranno rimboccarsi le maniche. La riforma federale però farà bene al Paese ed è figlia del programma elettorale del 2008. Eventuali ripensamenti post-elezioni non hanno senso, anche perché stiamo dimostrando che è funzionale a un disegno di uno Stato meno costoso, più efficiente e giusto. Se vinceremo le rendite di posizione e le paure immotivate finirà un mondo, quello degli sprechi.
Da ultimo, vi aspettavate la convergenza del leader dell’Italia dei Valori su questo fronte?
A mio parere Di Pietro non è un federalista convinto, doveva solo trovare un argomento per togliersi di dosso l’etichetta di politico “contro tutto, comunque e sempre”. Probabilmente ha scelto questo tema perché su questo terreno è più difficile fare demagogia.
(Carlo Melato)