Spread oltre quota 200, Piazza Affari in calo, rendimenti dei BTp 10 anni intorno al 2,50%, fuga dei capitali (secondo gli analisti della società di ricerca Epfr Global, nell’ultima settimana gli investitori hanno ritirato dai fondi azionari la cifra record di 380 milioni di dollari, la più alta da metà 2014). “Siamo sul filo del rasoio – avverte Alessandro Magagnoli, co-fondatore di Financial Trend Analysis (FTA online) –. Il mercato è pronto a muoversi in tutte le direzioni, e lo vedremo lunedì. Ma se il movimento sarà ancora al ribasso come oggi, confermando i livelli raggiunti in chiusura di ottava, non avremo più cuscinetti: al massimo potremo permetterci ancora una mezza giornata di confusione e di incertezza, ma oltre questo risicato limite non si sarà più da scherzare”.
L’ex ministro Padoan ha dichiarato: “Con la Ue si può trattare, con i mercati no”. Ieri lo spread ha superato il muro dei 200 punti e il rendimento del Btp ha sfiorato il 2,50%. In base all’osservazione dei grafici, è un avvertimento, un ultimatum o è partito l’attacco dei mercati contro l’Italia e il governo Conte?
Giovedì a Piazza Affari era successa una cosa strana, che aveva lasciato acceso un lumicino di speranza. È vero che lo spread tra Btp e Bund ha continuato a salire e, dopo aver toccato un massimo a 202,70, ha ripiegato intorno a 201, superando comunque la soglia dei 200 punti, che peraltro oggi è divenuta la base dalla quale far partire un nuovo rialzo. Il mercato azionario, però, ha continuato a oscillare attorno al supporto, molto importante, di 22.600, fermandosi senza mai violarlo. Quindi, la Borsa aveva manifestato fino a giovedì una discreta tenuta. Il taglio al ribasso, ieri, di area 22.600 rilancia invece un quadro ribassista preoccupante. Come già detto, si può ancora sperare che la sfuriata sia solo figlia dell’incertezza politica e del timore di rimanere con posizioni scomode in mano prima di uno stop di due giorni sui mercati, ma se lunedì questi prezzi verranno confermati bisognerà prendere atto dell’avvenuto cambiamento di tendenza. E si tratta di una tendenza che potrebbe anche estendersi nel medio periodo.
Anche la Borsa ha perso più dell’1,5%…
Il Ftse Mib scende non solo per motivazioni interne, ma anche sulla spinta degli altri indici europei, delusi e preoccupati per la debolezza della crescita tedesca, tanto che il Dax ha fatto segnare nel corso della settimana performance peggiori del nostro listino e ieri la Borsa spagnola si è dimostrata molto debole. Il calo generalizzato dei listini europei, rispecchiato anche dalla debolezza della moneta unica contro dollaro, non è certo solo figlio dell’incertezza italiana, ma contribuisce ovviamente ad affossare anche la nostra Borsa. La spia rossa, quindi, è ormai accesa.
In che senso?
Il Ftse Mib è sceso nelle ultime ore al di sotto del supporto dei 22.600 punti, un’area d’allarme, e se la violazione di questo supporto troverà conferma anche lunedì per il ribasso in atto dai massimi di inizio maggio più che di un ritracciamento ci sarebbe da iniziare a parlare di una vera e propria inversione dal trend rialzista.
Lo spread oltre i 200 punti che segnale rappresenta?
È una sorta di dichiarazione di guerra dei mercati, soprattutto se dovesse restare sopra questa soglia. Anzi, c’è addirittura chi teme che, qualora fosse infranto stabilmente il muro dei 210 punti, dove si collocano i massimi dell’aprile 2017, potremmo tornare a rivedere quota 400. A me personalmente sembra ancora un riferimento troppo lontano, ma è giusto ricordare che in un solo mese lo spread è raddoppiato, da 100-115 punti a oltre 200, e che a luglio del 2012 eravamo a 540 circa. Il ritorno a metà strada tra i massimi del 2012 e i minimi del 2015 riporterebbe lo spread a 310 punti circa. A ulteriore conferma che siamo in una fase difficile e delicata, è giusto ricordare che si sta ampliando anche lo spread con i Bonos spagnoli, in un momento in cui il quadro politico della Spagna non è certo positivo, visto che il governo Rajoy è sotto pressione per lo scandalo tangenti che ha coinvolto il Partito Popolare e che la partita con la Catalogna non è certo ancora chiusa. I 108 punti base sui Bonos rappresentano il massimo da sei anni a questa parte.
E il BTp?
Per il BTp future quota 130,50 rappresenta uno spartiacque importante. Il cedimento al di sotto di quei livelli avrebbe lo stesso effetto della violazione di area 22.600 da parte del Ftse Mib e costringerebbe a considerare il ribasso visto dai massimi di aprile e maggio allineati in area 140 non come una pausa correttiva, ma come l’inizio di una vera e propria tendenza destinata a durare.
Resta, dunque, forte la tensione sull’Italia. Quali sono gli indicatori e i livelli di guardia da tenere sotto stretta sorveglianza per capire la severità di giudizio dei mercati?
Segnalo una terna da monitorare con grande attenzione. Partiamo dai titoli di due banche: Intesa Sanpaolo e Unicredit. Giovedì in Borsa hanno calamitato il 24% degli scambi ed entrambi sono sotto l’influsso nefasto di un doppio massimo ribassista, una delle figure di inversione più conosciute da chi segue i grafici. Secondo indicatore: il Ftse Mib al di sotto del supporto dei 22.600 punti. Terzo: lo spread alle prese con quota 210-215.
Par di capire che sia una terna altamente infiammabile. Che cosa potrebbe succedere?
Il doppio massimo è già stato completato da Intesa Sanpaolo il 21 maggio, mentre nel caso di Unicredit la stessa tipologia di figura, che si è costruita in 10 mesi, è stata completata ieri con la discesa al di sotto dei 15,45 euro (minimo intraday a 15,35 euro, seguito da un rimbalzo nuovamente sulla soglia critica). Se la violazione del supporto troverà conferma anche lunedì, sarà lecito attendersi l’avvio di un’ulteriore scivolata che non si esaurirà in poche sedute, ma sarà ben più lunga e profonda. L’obiettivo del doppio massimo, calcolato come da manuale tramite la proiezione dell’ampiezza della figura dal suo punto di rottura, si colloca infatti a 12,50 euro circa. E se anche il Ftse Mib dovesse trascorrere un po’ di tempo sotto i 22.600 punti e lo spread infrangesse stabilmente i 210 punti, direi che dobbiamo prepararci al peggio.
Perché?
Di cuscinetti non ne abbiamo più e, se a partire da lunedì dovessimo assistere a più di una mezza giornata di incertezza, non ci sarà più da scherzare. In quel caso i ribassi, anziché essere occasione d’acquisto come negli ultimi mesi, potrebbero diventare il tema dominante del mercato e costringerebbero a cambiare logica operativa, andando alla ricerca di livelli sui quali neutralizzare le posizioni in attesa di una schiarita, che – è bene sottolinearlo – potrebbe anche non arrivare subito.
Uno scenario allarmante. Non ci sono spiragli di speranza?
Se i tre indicatori sopra ricordati dovessero invece reggere alla prova di lunedì, sarebbe il segnale che il mercato ha solo voluto saggiare la loro tenuta. Qualora il tentativo di sfondare non andasse in porto, potremmo assistere a un movimento di ripresa che potrebbe essere anche robusto. E questo darebbe un respiro di sollievo.
Insomma, lunedì per Borse, spread e titoli di Stato sarà una giornata campale?
Siamo sul filo del rasoio, il mercato è pronto a muoversi in tutte le direzioni: in caso di tenuta, c’è la speranza che il mercato possa cambiare atteggiamento. In caso contrario, allacciamoci le cinture.
(Marco Biscella)