Al netto dei franchi tiratori e di altri clamorosi imprevisti, Guglielmo Epifani sarà il nuovo capo del Pd. Ieri sera è stato raggiunto l’accordo sul nome dell’ex leader della Cgil. Un’elezione da cui potrebbe dipendere la sopravvivenza del partito, e da cui ne discenderanno una serie di elementi necessari per la sua ricomposizione. Luciano Violante, ex presidente della Camera, penalista, spiega l’importanza dell’assemblea del Pd di oggi.
Quali sono i principali problemi del partito?
Credo che la priorità consista nel ricostruire un senso di appartenenza e di identità politica tra il partito, i suoi iscritti, e l’elettorato. In secondo luogo, dovremo tornare a parlare al Paese, tenendo conto delle due dimensioni che connotato un partito politico: quella nazionale e quella storica.
Cosa intende?
Un partito deve pensarsi, anzitutto, come soggetto di una nazione, o di parte di essa; inoltre, deve saper rispondere costantemente alle domande relative al ruolo che può ricoprire e alla storia che vuole costruire all’interno del proprio Paese. Ecco, penso che, negli ultimi tempi, non siamo più stati in grado di rispondere a questa domande.
Perché il segretario dovrebbe essere in grado di avviare un processo in grado di rispondere a tali esigenze?
Dobbiamo, anzitutto, tener conto del fatto che la segreteria di Bersani è stata condizionata da molteplici occasioni elettorali, interne ed esterne. Il che gli ha sottratto il tempo materiale per produrre un’azione politica estesa e incisiva all’interno della società italiana. Ora, poiché nell’attuale sistema di comunicazione politica il segretario – pur senza scadere in eccessivi leaderismi – è colui che parla a nome del partito e ne rappresenta l’unità, disporre di qualcuno in grado di interloquire con tutte le anime del Pd è la condizione necessaria per ripartire. In tal senso, l’elezione di una personalità che ha guidato uno dei più grandi sindacati del mondo può rispondere alle suddette esigenze.
Prima dell’elezione del segretario ci sarà un dibattito?
Benché, probabilmente, l’assemblea non sia il luogo ideale – sarebbe preferibile la direzione o il congresso – è auspicabile che un dibattito ci sia. Tanto più che non abbiamo ancora avviato un confronto su quanto accaduto dalle elezioni ad oggi. Sarebbe altresì opportuno che il dibattito si estendesse a quante più persone possibili, coinvolgendo, per esempio, le direzioni regionali del Pd.
Questo processo non dovrebbe essere propedeutico all’elezione del segretario, invece che successivo?
Certo. Tuttavia, il prossimo congresso non sarà indetto prima di alcuni mesi. Attualmente, invece, è necessario eleggere un segretario che possa gestire questa fase di transizione nella quale ricostruire, tra le altre cose, una comunità umana, di valori e di ideali: un partito non è un taxi sul quale si sale e si scende a piacimento.
La regola non scritta secondo cui il segretario che sarà eletto domani non dovrà ricandidarsi al congresso, specialmente se proveniente dalla “vecchia guardia”, dovrà essere rispettata anche laddove Epifani dovesse fare un buon lavoro?
Si ricorderà che quando Franceschini succedette a Veltroni dopo le dimissioni di quest’ultimo, promise che non si sarebbe ricandidato. Invece, si ricandidò. Ebbene, francamente, in politica, a questo genere di promesse, non si può attribuire chissà quale valore. Quel che conta, sono le condizioni che si determineranno quando ci sarà il congresso.
Con Epifani segretario, il Pd in che termini interloquirà con il governo?
Il Pd ha espresso il presidente del Consiglio ed è il partito, in Parlamento, maggioritario; la sua responsabilità è quindi indubbia. In tal senso, credo che Epifani caratterizzerà la propria azione con un’attenzione particolare alle condizioni materiali in cui versano i cittadini.
(Paolo Nessi)