Quando si parla di sussidiarietà non è mai facile far capire cos’è, a cosa serve, come si usa. Far capire che è un modo di affrontare la realtà diverso (non alternativo) rispetto ad altri modi consolidati nell’esperienza: ad esempio la regulation degli Stati, la competizione economica sul mercato, etc.
La sussidiarietà si spiega meglio da sola, per fatti, per casi. L’intervento della Santa Sede nella svolta tra Usa e Cuba è un esempio perfetto di diplomazia sussidiaria. Di fronte a un problema – un problema vero come la pace e la sicurezza – gli strumenti tradizionali spesso non funzionano o non funzionano più. Occorre un “modo diverso”: occorre che qualcuno che dispone di risorse (la Segreteria di Stato vaticana ha accumulato nei secoli un patrimonio di competenze e di relazioni in campo internazionale) le metta al servizio, le voglia mettere al servizio di una situazione: anche se non c’è un interesse diretto o un ritorno immediato, al di là di un cambiamento della realtà che fa bene a tutti. E non c’è differenza tra una singola persona o una grande istituzione: conta la coscienza del proprio posto nella realtà e l’obiettivo di cambiare in meglio (e alla fine le situazioni in cui non c’è alcun dubbio su cosa sia “meglio” sono la maggioranza).
Il cardinale Piero Parolin, un sacerdote vicentino che di mestiere ha sempre fatto il diplomatico, non ha perso molto tempo a rispondere alle attese di Papa Francesco: c’era una situazione in cui le risorse – le vere risorse – del Vaticano erano utili, c’erano già grossi “investimenti sussidiari” (dall’intervento di Papa Giovanni nella crisi del 1962 alle visite all’Avana di Papa Wojtyla), c’erano tutte le condizioni per portare a casa “il profitto sussidiario”, risparmiando definitivamente al mondo altre ansie e ai cubani altri anni difficili. Andava fatto, ora: è stato fatto. Non molto diversamente, una mamma che ha tempo libero la mattina, organizza un servizio d’accompagnamento di molti bambini a scuola: facendo risparmiare al Comune i soldi del pullmino. A Cuba come in Italia. In tutte le periferie dove tutti viviamo.