Alla fine, dopo l’intervento del Quirinale, il governo di Enrico Letta può respirare e affrontare con più serenità le difficili scadenze di autunno. Con la sua nota, rispettosa del dettato costituzionale, Giorgio Napolitano ha di fatto depotenziato tutti i “falchi” che volteggiavano intorno al governo della “strana maggioranza”. Non era semplice in una situazione come quella che si vive, con ormai uno squilibrio endemico nel rapporto tra magistratura e politica, trovare la strada che poteva permettere al governo di proseguire la sua azione. I commenti del giorno dopo sul comunicato del presidente della Repubblica sono un po’ tirati da una parte e dall’altra, a seconda dei punti di vista. C’è chi sottolinea soprattutto il punto dove si fa notare che le sentenze vanno rispettate, ma c’è ovviamente chi fa notare che c’è un riconoscimento della leadership di Silvio Berlusconi e che quindi il problema non è solo di natura personale. Poi ci sono le considerazioni di Napolitano sull’esigenza fondamentale della stabilità del Paese, in questo momento, ma anche il richiamo a una riforma della giustizia.
Giovanni Toti, direttore del Tg4, considera equilibrata la nota del Quirinale e in fondo era un tipo di risposta alla concitazione di questi giorni che ci si poteva aspettare e che era nell’aria.
A suo parere, anche Berlusconi si attendeva una precisazione di questo tipo da parte del Quirinale?
Penso proprio di sì. Ritengo che non si aspettasse di più. E in fondo la risposta del Quirinale puntualizza alcuni elementi che garantiscono la continuità del governo Letta su cui Berlusconi aveva puntato da tempo. È vero che rimangono aperti diversi problemi, ma tutti sanno, Berlusconi lo ha detto più volte, che in questo momento, non è possibile una crisi di governo.
Che cosa l’ha colpita di più nel comunicato stilato dal presidente della Repubblica?
Ci sono molto fattori di riflessione. Diamo per scontato il riconoscimento delle sentenze da rispettare, ma che altro poteva dire al proposito il capo dello Stato? Ma accanto a questa precisazione c’è proprio il riconoscimento del ruolo di Berlusconi come leader di una maggioranza. Quindi una certa “mentalità da sceriffo”, che era presente in alcuni settori del Partito democratico, è stata rintuzzata. Si noti poi che il presidente della Repubblica ha certamente presente soprattutto la stabilità del Paese, ma il richiamo a una riforma della giustizia, che deve fare il Parlamento, è importante in questo momento.
Secondo lei è come se riconoscesse implicitamente che c’è uno squilibrio, che dura da anni, tra magistratura e politica?
Non ci vuole molto per capirlo. Basta fare l’elenco dei governi che dal 1992 a oggi sono caduti o andati a rischio di cadere per l’intervento della magistratura. Chi non può rendersi conto di un fatto del genere. Quando Napolitano si riferisce alla riforma della giustizia, non credo si riferisca solo a quella civile…
Resta il dato di fondo che Napolitano sia soprattutto preoccupato della stabilità politica.
Questo è indubbio. Ma anche questo fatto creerà alcuni problemi nel dibattito precongressuale e congressuale del Pd. In sostanza nella strada tracciata da Napolitano ci sono i passaggi per garantire stabilità e fare in modo che si prenda coscienza di una situazione del tutto particolare. Con questa puntualizzazione, alla fine, Napolitano dovrebbe anche permettere al Pd di non implodere e nello stesso tempo al Pdl di essere riconosciuto, anche nella figura del suo leader, come uno dei cardini di questo governo.
(Gianluigi Da Rold)