La notizia di ieri è che Sergio Marchionne non sarà presente oggi al Salone dell’auto di Francoforte. Ha annullato per “imprevisti impegni di lavoro” la conferenza stampa fissata e mancherà anche alla riunione dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei. Tanto è bastato per scatenare le illazioni dei media. C’è chi ha parlato di problemi legati alla sentenza della Corte americana che deciderà il prezzo del 42% di Chrysler. Chi ha sussurrato un rinvio dei nuovi modelli previsti per il rilancio di Alfa Romeo. E chi ha collegato le due cose spiegando che senza una fusione tra Fiat e Chrysler non ci sono i soldi per i nuovi modelli.
Tutte cose possibili, intendiamoci, ma che non giustificano l’assenza a Francoforte di Marchionne che non ha mai lesinato bugie con i giornalisti quando ce n’è stato bisogno. L’unica cosa che spiegherebbe davvero il forfait del numero uno di Fiat in Germania è il suo impegno in una fase decisiva di una trattativa importante, magari con il sindacato americano Veba per rilevare, ancor prima della sentenza di mediazione, il suo pacchetto di Chrysler. E un accordo del genere segnerebbe davvero un punto di svolta storico per Fiat.
Proviamo a spiegare perché. Oggi l’agglomerato Fiat-Chrysler è come se fosse un animale a quattro zampe due delle quali vanno a 100 all’ora, la parte americana e quella brasiliana, mentre le altre due (l’Europa e l’Italia) viaggiano come lumache. In Brasile, dove Fiat mantiene da anni una leadership difficile da scalzare, il mercato, con alti e bassi, è importante, consolidato e in crescita. Negli Stati Uniti Chrysler continua a aumentare le vendite mese su mese, seguendo l’andamento generale del settore e qualche volta sopravanzandolo. Mentre persino la 500, dopo qualche affanno, sta facendo segnare bei numeri commerciali. In Europa e in Italia, invece, è il disastro.
Quest’anno nel nostro Paese si riusciranno a vendere poco più di 1,2 milioni di vetture, meno della metà di quelle piazzate nel 2007. Il mercato continentale nel suo complesso è in affanno e per molti esperti ci vorranno almeno altri cinque anni per tornare ai livelli passati. Peugeot, Opel (General Motors) e Ford hanno già annunciato la chiusura di stabilimenti nel Vecchio Continente e persino il Gruppo Volkswagen ha dovuto prendere atto della crisi annunciando una riduzione degli utili.
In questi frangenti non ci sono formule magiche per rovesciare a proprio favore il trend di mercato. Tutti vendono poco e vince solo che riesce a perdere meno della media, aumentando la propria quota di mercato. Gli investimenti sui prodotti spesso non hanno un ritorno economico perché le vendite dei nuovi modelli si riducono in proporzione. L’unico obiettivo è restare in piedi e presentarsi a una possibile e plausibile ripresa del mercato nei prossimi anni con qualche freccia ancora nel proprio arco.
La parola d’ordine, insomma, è “resistere”, stringendo la cinghia dove c’è poco da mangiare (senza abbandonare nulla perché prima o poi le cose cambieranno) ed emigrare come fanno i nostri ragazzi, andando a cercare il cibo, ovvero le vendite dove ci sono. Lo hanno dimostrato i marchi tedeschi che hanno cercato, e trovato, spazio in Cina e in Russia, diventato il primo mercato per le automobili europee superando la Germania. E lo ha fatto anche Fiat con l’Operazione Chrysler negli Stati Uniti. Ma la Casa automobilistica torinese finora ha potuto beneficiare solo dei flussi di cassa e dello scambio tecnologico con l’azienda americana. Dopo una fusione, possibile solo se Fiat possiede il 100% delle azioni di Chrysler, tutto cambierebbe in meglio. Ci sarebbe una sola azienda, con un solo conto economico, una sola linea di credito delle banche, un sola politica di investimento. Ci sarebbero sinergie produttive e commerciali, i marchi potrebbero specializzarsi ulteriormente e i problemi in un’area del mondo potrebbero essere bilanciati dai successi di un’altra zona.
Allora, forse si potrebbero affrontare i veri problemi di Fiat che sono l’eccesso di capacità produttiva in Europa, l’assenza in mercati emergenti importanti e il futuro di marchi importanti come Lancia e Alfa Romeo.