C’è una sorpresa nel dibattito finanziario, economico e politico italiano. E avviene, naturalmente per via mediatica, da parte de Il Corriere della Sera, attraverso una delle “penne” più accreditate dei media finanziari-economici, Massimo Mucchetti.
Quasi a sorpresa, dopo una settimana di pesanti perdite sui mercati, Mucchetti scrive una lettera aperta all’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. E, in parole povere, senza guardare in faccia a nessuno (in questo caso a un’azionista di peso del suo giornale) Mucchetti fa il “pelo e contropelo” a Marchionne: “Gentile dottor Marchionne, l’Italia è messa male, la Fiat peggio”. In pratica si dice che l’Italia vive perchè dietro di lei c’è la Bce, ma i titoli della Fiat rimangono “junk bond, titoli spazzatura”.
Da qui una serie di considerazioni che partono dall’arrivo di Marchionne alla Fiat, al parziale recupero fino al 2008 e, malgrado alcune operazioni anche giuste, a queste settimane, allo spettro di una crisi gravissima dell’azienda, al centro di una crisi globale. Diciamo subito che l’attacco non è dei più “leali”, se così si può dire, dopo appunto una settimana di terreomoto sui mercati e di fronte al crollo del valore dei titoli Fiat. Ma questa “sparatoria” sembra nascondere anche, se ci è consentito, una sorta di regolamento di conti all’interno del mondo politico e finanziario italiano e, particolare non secondario, all’interno dello stesso “patto di sindacato” de Il Corriere della Sera, di cui la Fiat fa parte storicamente.
A stretto giro, la risposta di Sergio Marchionne in visita al Meeting di Rimini per seguire l’intervento de Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Glissa nel merito, Marchionne, ma non risparmia una legnata al quotidiano di Via Solferino: “Ho letto l’articolo di Gramellini su La Stampa e l’ho trovato molto più incoraggiante per quanto riguarda il futuro dell’Italia. Parliamo del futuro del Paese e non di me”. Abbiamo parlato di questo con un’analista economico e finanziario di lungo corso, un grande giornalista, Ugo Bertone.
«Marchionne ha rotto tutte le consuetudini e le ritualità dell’economia italiana – dice Bertone – nel suo modo di operare. Non ci ha pensato molto a rompere con la Fiom, arrivando al referendum. Ma non ci ha pensato molto a rompere le ritualità complessive delle relazioni industriali, sia con i sindacati in generale che con la stessa Confindustria. E non si è tirato indietro neppure nelle critiche al Governo Berlusconi. Persino chi ha cercato di seguirlo, nella sua logica di un possibile rilancio della Fiat, come Raffaele Bonanni della Cisl, o come il ministro al Welfare, Maurizio Sacconi, non è stato certo ripagato dalla “simpatia” di Sergio Marchionne. In parole brevi, l’impressione è che in tanti aspettassero questo momento per mostrare il conto all’amministratore delegato della Fiat».
Mucchetti però, nella sua lettera aperta fa intendere che, dopo aver affermato di essere preoccupato, nel bene o nel male il destino della Fiat si è sempre intrecciato a quello dell’Italia. Quindi, nonostante gli orizzonti grandi di Marchionne, Mucchetti dice espressamente che dalla Fiat si attende un cambio di passo. Ma allora Mucchetti coglie una sorta di sentimento generalizzato nei confronti della Fiat?
«È un discorso difficile da affrontare. Io penso che ci sia un’interpretazione generale che è condivisa da molti soggetti, ma ci sia anche una vicenda familiare all’interno della Fiat. Chi dà credito illimitato a Marchionne sono John Elkann e Andrea Agnelli. I due giovani. Ma la famiglia Agnelli, per connotarla nel suo complesso, è un mondo vasto, con una parte che non nasconde le sue simpatie verso Luca Cordero di Montezemolo che, come è noto, non trova “simpaticissimo” Marchionne. Insomma, è cosa nota che tra i due non corra buon sangue. Si può anche azzardare che una parte della famiglia abbia magari nostalgia di Montezemolo e, in un momento delicato come questo, la nostalgia aumenti. E Montezemolo, ne Il Corriere della Sera, non ha un peso secondario. Stiamo ragionando a voce alta, s’intende. Solo qualche settimana fa, è stato Montezemolo a ricordare che non ci sono ancora le possibilità di quotare in Borsa la Ferrari, tanto per fare un esempio».
Ma probabilmente non ci si può limitare solo a questioni di natura familiare? «Beh, è noto che il liberismo che predica Marchionne non piace a un uomo importante come Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa-San Paolo. E non c’è feeling neppure tra l’amministratore delegato di Intesa, Corrado Passera, e l’amministratore delegato della Fiat. In questo caso bisognerebbe fare la storia di questi ultimi anni e chi voleva entrare anche nelle vicende Fiat più direttamente».
Si può dire che Marchionne stia rischiando? «Diciamo piuttosto che ci sono dei rischi reali per la Fiat. Se i mercati vanno avanti in queste condizioni fino a ottobre, se in altri termini si passa una sorta di “settembre nero”, il rating della Fiat viene abbassato. A questo punto si pongono degli interrogativi anche su Fiat-Chrysler. È difficile non immaginare che a quel punto ci vorranno anche investimenti dei soci di famiglia, magari occorrerà fare qualche taglio, magari vendendo Ferrari. Difficile immaginare il futuro, anche se prossimo. Ma è evidente che in una situazione come questa qualche problema sorgerà. Alla fine la lettera può essere un avviso a Marchionne».
(Gianluigi Da Rold)