L’alleanza con il Pd e con Sel, Casini, la farà. Certo, in una recente intervista si è affrettato a spiegare che deciderà solo dopo le elezioni con chi stare. E che, comunque, l’Udc andrà da sola. Ma a tutti è parso chiaro come tali dichiarazioni abbiano rappresentato semplicemente il tentativo di rassicurare il proprio elettorato. Del resto, lo stesso Buttiglione ha fatto presente che non sarà certo il suo partito a porre il veto all’alleanza. Sta di fatto che l’ipotesi crea non pochi problemi. La convivenza tra chi si richiama esplicitamene alla tradizione comunista e chi si richiama ai valori cristiani sembra piuttosto complicata. Resta da capire se l’asse potrebbe mettere a repentaglio la permanenza dell’Udc nel Partito popolare europeo. Abbiamo fatto il punto della situazione con Carlo Giovanardi.
Come valuta la svolta a sinistra del suo ex partito?
Non mi stupisce. Guardi: nello statuto dell’Udc, quando nacque dalla fusione di Cdc e Cdu, si sancì che il partito sarebbe stato incardinato nella Casa della Libertà e sarebbe stato alternativo al centrosinistra. Nell’ultimo congresso, avvenuto nel 2007, si confermò la collocazione nel centrodestra. Dopo di che, senza aver mai più fatto alcun congresso, Casini – che non è il segretario del partito, ma il “leader” – ha deciso che si sarebbe dovuto alleare con la sinistra. E siglò un patto con D’Alema per avvicinarsi, progressivamente, al partito oggi retto da Bersani.
A prescindere dal riferimento ai principi eticamente sensibili di cui il partito si è sempre fatto portavoce?
Ma a quel punto il partito non esisteva più! Del resto, già adesso governa in moti Comuni, Province e Regioni con Sel e, addirittura, con l’Idv. Casini, in realtà, è da anni che a livello locale prepara la svolta a livello nazionale. E il problema è che l’Udc coincide in tutto e per tutto con lui. Anche sul fronte dei tema dei principi non negoziabili qualunque ragionamento è inutile. Esiste Casini, e basta. Quello che lui decide quando si alza al mattino diventa la linea. Da un giorno all’altro, per intenderci, ha affossato l’esistenza del Terzo polo. A tutti gli esponenti dell’Udc non resta che adeguarsi alle sue decisioni. E, in genere, oltretutto, apprendendole dai giornali.
All’inizio, non era così?
Quando nel ’94 fondammo, con Casini, il Ccd, in polemica con Rosi Bindi, Martinazzoli, o Mattarella – la sinistra Dc, insomma – ritenemmo che la nostra tradizione, la nostra storia e i nostri principi fossero del tutto incompatibili con la sinistra. Fu lo stesso Casini a teorizzare tale incompatibilità.
Cosa lo ha spinto, quindi, a invertire la rotta?
Ha degli obiettivi – legittimi, per carità! – come la presidenza della Repubblica o quella del Consiglio e fa di tutto per perseguirli. Nella totale indifferenza dei contenuti.
Lei, perché è passato al Pdl?
Io, come tanti altri, ho aderito perché è un partito popolare, di ispirazione cristiana, saldamente ancorato nel Ppe. Si risponde a Casini, quindi, facendogli presente che sulle questioni che riguardano la famiglia, il diritto alla vita, la bioetica e la solidarietà, noi, a differenza sua, siamo stati coerenti. Difendendo dentro e fuori il Parlamento tali valori.
Ritiene fondata l’ipotesi di estrometterlo dal Ppe?
Credo che, di fatto, si sia già collocato fuori. Dal punto di vista politico, l’alleanza con Sel è un episodio gravissimo. Ma non credo che si possa risolvere semplicemente con una battaglia di carte bollate. Meglio valorizzare la componente cattolica e democristiana in seno al Pdl.
(Paolo Nessi)