I grandi media italiani continuano a ignorare cosa succede nel nord-est, ma questo silenzio si fa sempre più assordante: il Veneto ha fatto un passo importante nel possibile cammino per l’indipendenza. Dopo lo sciopero della fame di Anna Durigon, 24 anni, e di Maurizio Giomo, 47 anni, esponenti di “Indipendenza veneta”, si è diffusa qualche giorno fa una nota della Regione Veneto che ha comunicato una novità rilevante: la nota annuncia l’insediamento a palazzo Balbi della commissione tecnica composta da sei giuristi e costituzionalisti istituita dal presidente della Giunta veneta, Luca Zaia, e dal presidente del Consiglio regionale, Clodovaldo Ruffato, voluta dall’assemblea regionale di palazzo Ferro-Fini, per fornire un parere consultivo sulla possibilità di indire un referendum tra i veneti al fine di “accertarne” la volontà di autodeterminarsi come “popolo”, con proprie forme di autonomia giuridica.
La commissione, che non è a libro paga, è composta da Mario Bertolissi, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Padova; Luigi Benvenuti, ordinario di diritto amministrativo a Ca’ Foscari di Venezia; Luca Azzano Cantarutti, avvocato del foro di Rovigo; Andrea Favaro, docente incaricato alla facoltà di diritto canonico “San Pio X” dello Studium Generale Marcianum di Venezia; Maria Patrizia Petralia, dirigente “affari legislativi” della Regione; Alessandro Rota, dirigente “affari istituzionali” del Consiglio regionale. “Ai sei esperti di ordinamenti e diritto costituzionale – spiega la nota – la Regione affida il mandato di accertare la percorribilità giuridica, con riguardo anche al diritto comunitario e internazionale, del percorso referendario, a seguito del voto espresso il 28 novembre scorso dal Consiglio regionale”: ci furono 29 sì, 5 astenuti e 2 contrari alla mozione di Mariangelo Foggiato e dei capigruppo Pdl e Lega che impegna i presidenti del Consiglio e della Giunta a “tutelare in ogni sede competente, nazionale e internazionale, il diritto del popolo veneto all’autodeterminazione” e a costituire un’apposita commissione “per verificare la possibilità di indire una consultazione referendaria che accerti quali siano le reali intenzioni dei veneti in merito alla propria autodeterminazione”.
Luca Zaia ha detto che “si tratta di un passaggio fondamentale, perché vogliamo muoverci nell’alveo della legalità. Il lavoro di questi ottimi giuristi indicherà quali strade sono giuridicamente percorribili e costituirà la base di future iniziative”. Future e presenti, perché come ricorda Zaia nella medesima nota, “molte regioni Ue – Catalogna in primis – stanno battendo la strada dell’autodeterminazione dei propri popoli”. Un risultato intanto c’è stato: con la convocazione della commissione si è fermato il digiuno di Anna Durigon, e Maurizio Giomo. Lo sciopero della fame era iniziato il 14 marzo proprio per protestare contro lo stallo in Regione e per convincere le autorità venete a dare rapida attuazione agli impegni contenuti nella Risoluzione 44 (così è denominato il provvedimento del Consiglio Regionale Veneto del 28 novembre 2012).
Come infatti abbiamo già riportato su queste pagine, il 28 novembre scorso in Veneto si è messo in moto un processo volto a ottenere un referendum per l’indipendenza. Il Consiglio regionale ha infatti approvato una mozione che impegna i presidenti di Giunta e dello stesso Consiglio a mobilitarsi – anche a livello comunitario e internazionale – affinché sia rispettato il principio sancito dall’Onu dell’autodeterminazione dei popoli. I giornali locali hanno molto parlato della cosa e lo stesso la stampa estera, ma il silenzio dei media nazionali è stato imbarazzante. Anche per questo alcune associazioni (tra cui Diritto di Voto) hanno promosso un manifesto sottoscritto da eminenti intellettuali (tra cui Frank van Dun, Hans-Hermann Hoppe, Donald W. Livingston, Ralph Raico, Xavier Sala-i-Martin, Pascal Salin e l’italiano Marco Bassani). Il testo – on line in inglese, italiano, veneto e catalano (www.risoluzione44.org) – appoggia la richiesta di un referendum e ora può essere sottoscritto da chiunque.
L’Europa sta cambiando a grande velocità e dopo l’età degli Stati nazionali stanno riemergendo comunità locali che rivendicano il pieno diritto ad autodeterminarsi e dare vita a istituzioni indipendenti. Nello stesso Regno Unito, il premier David Cameron ha annunciato che interpellerà il suo popolo attraverso un referendum sull’uscita dalla Ue, che metta quantomeno in discussione la pretesa sacralità dell’Unione: il processo di centralizzazione dei poteri non può essere sottratto dal dibattito pubblico. L’uscita dei britannici potrebbe favorire un’Europa ancora più unita, come del resto è anche possibile che altri seguano la strada di Londra e che – assieme a svizzeri e norvegesi – prenda corpo una seconda Europa, strutturata sul mercato e non sulla burocrazia.
Negli ultimi mesi, i veneti – come prima i cittadini di Catalogna, Scozia, Fiandre e di altre regioni europee – sono diventati attori di un processo di cambiamento. Tale trasformazione porterà gli elettori di questa regione a scegliere, per via referendaria, tra due possibilità: quella di restare in Italia, oppure quella di dar vita ad una nuova entità politica, che rinverdisca i fasti della Serenissima.
I firmatari di questo appello invitano le autorità internazionali ed europee a favorire il processo di autodeterminazione avviato il 28 novembre 2012 con l’approvazione – da parte del Consiglio Regionale del Veneto – di una Risoluzione che impegna le massime istituzioni venete a fare tutto il possibile affinché i cittadini possano decidere in merito al loro futuro.
Le norme internazionali riguardanti il diritto di autodeterminazione consentono a una comunità di decidere per via democratica, e il referendum lo è, se restare all’interno di uno Stato o crearne uno nuovo. Nella storia dell’Occidente, l’avvento degli Stati nazionali è stato accompagnato da grandi difficoltà interne e da terribili guerre. I casi di Veneto, Catalogna, Scozia, Fiandre e Regno Unito, chiedono un’Europa che lasci spazio a nuove entità statali. Se Europa Unita sarà, è giusto che lo sia dei popoli e non dei burocrati: le recenti politiche economiche europee hanno rivelato qualche limite della forte egemonia tedesca, spesso un po’ coatta rispetto alle reali difficoltà degli stati nazionali.