Nel nostro Paese siamo di fronte ad una complessa situazione (il prezzo del petrolio a valori altissimi, la prevalenza di uso del gas naturale e comunque forte dipendenza dall’estero dell’approvvigionamento del combustibile, disponibilità di potenza ai limiti del fabbisogno) e a sfide decisive (il rispetto dell’ambiente e l’economicità della fornitura di energia). Qual è, a suo modo di vedere, la situazione in Italia per quanto riguarda la generazione di energia elettrica?
Oggi, in Italia, unico paese d’Europa, produciamo oltre il 60% dell’elettricità bruciando gas. Un combustibile molto costoso perché il suo prezzo è legato a quello del petrolio. Per di più, circa il 90% del gas di cui abbiamo bisogno viene importato. Proviene in gran parte da Russia e Algeria, attraverso due soli gasdotti. Se una di queste arterie si occlude siamo nei guai. Che fare? Per mettere in sicurezza gli approvvigionamenti di gas occorrono nuovi rigassificatori – capaci di trasformare il metano liquido importato via nave – e nuovi gasdotti.
Enel sta facendo la sua parte: investiremo oltre 600 milioni di euro per costruire un rigassificatore in Sicilia che importerà in Italia gas liquefatto proveniente dalla Nigeria e dall’Egitto e altri paesi per 8 miliardi di metri cubi l’anno; inoltre partecipiamo alla costruzione di un nuovo gasdotto che porterà altri 10 miliardi di metri cubi di gas dall’Algeria.
C’è un secondo aspetto della nostra vulnerabilità energetica che occorre affrontare: circa metà del gas che consumiamo in Italia viene usato nelle centrali termoelettriche. È questa dipendenza da un solo combustibile che va ridotta, se vogliamo avvicinare i prezzi dell’energia elettrica italiana a quelli europei, diversificando le fonti attraverso il ricorso alle fonti rinnovabili e al carbone, come avviene in tutto il mondo.
L’Italia, nel settore dell’energia, è già uno dei paesi più liberalizzati e meglio regolati d’Europa. Oggi sono attivi in Italia i più grandi gruppi europei e un centinaio di agguerriti operatori locali e nazionali. I clienti grandi e piccoli, comprese le famiglie, sono liberi di scegliere le offerte che preferiscono. Ma non è il numero dei concorrenti che fa il prezzo: è la materia prima impiegata. Se continueremo a usare soprattutto il gas che, come dicevamo, è il combustibile più costoso, inevitabilmente il prezzo dell’energia in Italia rimarrà il più alto d’Europa.
Dal punto di vista della programmazione energetica, il nostro Paese ha bisogno di un nuovo corso. Quali sono le priorità?
Il nostro Paese ha bisogno di investimenti per diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, sia geograficamente che per tecnologia, e per riequilibrare il mix di produzione, che, come abbiamo visto è eccessivamente sbilanciato sul gas.
L’industria energetica è pronta a investire, ma deve essere messa in condizione di farlo. I tempi per ottenere le autorizzazioni devono esser certi e – fatti ovviamente salvi tutti i crismi dell’accuratezza – possibilmente brevi. Le discontinuità amministrative e i campanilismi che caratterizzano il nostro sistema non solo rendono difficile la vita a chi vuole investire ma impongono anche costi inaccettabili al paese: secondo lo studio AGIC-Finanza d’impresa i costi del “non fare” ammontano per il solo settore energetico a 40 miliardi di euro al 2020. Su questo fronte ci aspettiamo risposte positive dal nuovo governo.
Noi nel frattempo stiamo convertendo da olio combustibile a carbone pulito la centrale di Civitavecchia che, nella nuova versione, avrà un rendimento netto del 45% contro il 37% dell’impianto precedente, per di più con una drastica riduzione delle emissioni inquinanti e di CO2, gas ritenuto il principale responsabile del cambiamento climatico. Questo progetto vale da solo 2 miliardi di euro, e avrà un doppio beneficio per il sistema Paese: ambientale e economico. Il costo del Megawatt ottenuto da carbone è pari circa la metà di quello ottenuto da olio combustibile. Abbiamo in cantiere un progetto analogo a Porto Tolle, in Veneto, dove siamo in attesa delle necessarie autorizzazioni da parte del governo.
Naturalmente la programmazione energetica – che per noi significa principalmente riequilibrio del mix dei combustibili – deve essere compatibile con la normativa sull’ambiente. Enel nel periodo 2000-
Abbiamo poi avviato già da qualche anno una campagna di informazione capillare sull’uso intelligente dell’energia elettrica. Abbiamo distribuito 17 milioni di lampadine fluorescenti che durano 8 volte di più e consumano l’80% in meno rispetto a quelle tradizionali, con un risparmio annuo di circa 1.190 milioni di chilowattora, evitando l’emissione in atmosfera di circa 825.000 tonnellate di CO2. Oltre alle lampadine, sono stati distribuiti più di 4 milioni di economizzatori idrici che consentono di risparmiare fino al 60% di acqua calda, con risparmio annuo di circa 201 milioni di chilowattora e minori emissioni per 139.000 tonnellate di CO2.
Nel mondo intero si assiste ad una sorta di “rinascimento nucleare”. Voi siete impegnati all’estero, in Slovacchia, e collaborate in Francia. Quale strada seguire per un ritorno al nucleare anche in Italia? Quale piano attua ENEL per una ripresa delle competenze in ambito nucleare?
All’estero abbiamo ricostituito la nostra cultura nucleare, che era praticamente scomparsa fino a tre anni fa. Oggi, grazie al successo della nostra crescita all’estero, siamo entrati in tutte le principali filiere tecnologiche: da quella francese di ultima generazione, partecipando al progetto EPR, a quella russa in Slovacchia, a quella americana in Spagna, dove abbiamo acquisito la maggioranza di Endesa. Se vinceremo la gara in corso, ci acquisiremo anche diretta conoscenza della tecnologia canadese che sarà utilizzata per i reattori da costruire in Romania.
In Italia, se il Parlamento e il governo decideranno di tornare al nucleare, Enel si farà trovare pronta. È però necessaria un’assunzione di responsabilità da parte della politica: sono necessarie una legge che riapra al nucleare, e una riforma del titolo V della Costituzione, per riportare al centro il processo autorizzativo che attualmente è troppo frammentato e attribuisce un potere di veto alle autonomie locali.
Nel frattempo non siamo rimasti con le mani in mano. Abbiamo costituito un’area tecnica di 65 ingegneri, prevalentemente dedicati ad attività di progettazione. E a questi vanno aggiunti 2.400 ingegneri e tecnici operativi slovacchi e 1.260 spagnoli. In totale siamo circa 3.700 persone. In Italia continueremo ad assumere, in modo da avere circa 50 ingegneri in più nel 2008. Lo faremo attingendo molto dalle università italiane, da Roma a Milano, da Torino a Bologna, da Pisa a Palermo. Perché per noi il nucleare è una fonte indispensabile per raggiungere un mix bilanciato per la produzione di energia, poco costosa, amica dell’ambiente e oggi sempre più sicura.
Attualmente nel mondo sono in servizio 439 reattori che producono il 15 per cento dell’elettricità mondiale, di questi 198 sono in Europa e generano il 31 per cento dell’energia elettrica. E la capacità di produzione nucleare è ulteriormente in crescita. Sono molti i Paesi stanno valutando seriamente un rilancio del nucleare per la produzione di energia elettrica. Nel Regno Unito, il governo ha recentemente annunciato l’intenzione di massimizzare il contributo di generazione da fonte nucleare nei prossimi 10-15 anni, in modo da portare la quota complessiva di energia elettrica prodotta da questa tecnologia oltre l’attuale 19 per cento.
Ci si attendono nuove tecnologie per il carbone “pulito”. Quali programmi avete nelle cosiddette CCS?
Dal 2002 abbiamo investito decine di milioni di euro per avviare programmi di ricerca dimostrativi su tutte le tecnologie più avanzate per la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica. In tutti i casi, abbiamo lavorato con l’obiettivo di arrivare ad avere una tecnologia collaudata, applicabile su scala industriale ed economicamente sostenibile, che ci consenta di utilizzare il carbone ad emissioni zero.
Nel campo delle tecnologie di cattura della CO2 post combustione, è in fase di progettazione e autorizzazione un impianto pilota presso la centrale di Brindisi, che sarà operativo dall’aprile 2009. Siamo attivi nella ricerca sulla combustione in ossigeno con la sperimentazione di un processo di ossicombustione in pressione, sviluppato da ITEA, un’impresa italiana del gruppo Sofinter. In questo caso, il primo passo del programma dimostrativo prevede la realizzazione, a Brindisi, di un impianto pilota di taglia 50 MW termici, attualmente in fase di autorizzazione, che sarà operativo all’inizio del 2010. Nel campo delle tecnologie di precombustione e utilizzo dell’idrogeno, all’interno della centrale di Fusina sono iniziate le opere di realizzazione di un ciclo combinato pilota da 12 MW elettrici alimentato a idrogeno, che sarà ultimato nell’agosto 2009. Il combustibile per questo impianto sarà fornito dalle industrie petrolchimiche presenti nell’area industriale adiacente.
Da oltre un anno, abbiamo poi avviato uno studio complessivo sulle potenzialità di stoccaggio di CO2 in siti sotterranei in Italia, di concerto con i principali istituti di geofisica nazionali ed internazionali (INGV, OGS, CO2 Net). Sono allo studio diversi siti di stoccaggio geologico, sparsi su tutto il territorio italiano e prossimi alle centrali a carbone Enel al fine di valutare la capacità di stoccaggio, la sicurezza del processo di segregazione, nonché le caratteristiche geologiche, geofisiche, geochimiche e sismiche.
Infine le energie da fonti rinnovabili: fotovoltaico ed eolico. Che piani avete?
Abbiamo messo a punto un piano di sviluppo delle fonti rinnovabili e della ricerca che ha ben pochi paragoni al mondo. Il Piano Ambiente e Innovazione di Enel prevede investimenti per 7,4 miliardi di euro di qui al 2012: di questi 6,8 miliardi di euro saranno destinati alla crescita di Enel nelle fonti rinnovabili, soprattutto l’eolico, mentre 600 milioni di euro sosterranno i nostri progetti di ricerca, dalla frontiera dell’idrogeno al solare termodinamico, dalle tecnologie più avanzate per la cattura e sequestro della CO2 che abbiamo descritto prima, alla generazione distribuita. Grazie agli investimenti programmati, la nostra capacità di produzione con la forza dell’acqua, del sole e del vento salirà da 3.112 Megawatt (escluso il grande idroelettrico) a 7.382 MW in quattro anni, consolidando la nostra leadership internazionale. In definitiva, dobbiamo sviluppare l’innovazione e quelle tecnologie che ci permettono di produrre energia elettrica a costi più contenuti, aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti delle materie prime e ridurre le emissioni effetto-serra.