Indeciso a tutto nella calura di Ferragosto. Silvio Berlusconi è sparito da giorni dai radar della politica, e ancora tace – almeno ufficialmente – rispetto alla nota del Capo dello Stato sulla propria vicenda giudiziaria. Un silenzio da interpretare come una rabbia montante per un salvagente atteso, ma che non è arrivato, secondo la lettura accreditata da chi il Cavaliere lo conosce bene.
Un leone ferito, una belva in gabbia, così lo descrivono i pochi che sono riusciti a bucare la cortina di riserbo che ha protetto il Ferragosto pensoso del leader del Pdl. Riflessione sulle mosse da fare in una partita diventata ormai mortale. È ogni giorno che passa Berlusconi vede sempre più nero. Nessuno spiraglio da Napolitano, se non dopo aver accettato la condanna. Nessuno spiraglio dai temporanei alleati di governo del Pd, secondo cui votare la decadenza da senatore e la c seguente incandidabilità, sulla base della legge Severino non sono argomenti negoziabili, ma “atti dovuti”.
L’agosto della politica italiana assomiglia sempre più a una commedia degli equivoci, ogni giorno che passa. A fronteggiarsi sono le minacce del Pdl di far cadere il governo, se i democratici votassero contro il Cavaliere in Senato e un Pd che non può che andare in direzione opposta a Berlusconi e ai suoi uomini, anche perché altrimenti rischierebbe di frantumarsi non in due, ma in mille pezzi. Due debolezze, insomma, a fare la voce grossa.
In mezzo ai due litiganti sta il governo Letta, un governo necessario, secondo Napolitano, deciso a difender,o sinché gli sarà possibile, perché giudicato dal Quirinale la linea del Piave contro il caos, l’ultima trincea prima del precipitare verso le elezioni. Il premier lo sa perfettamente e cerca in ogni modo di volgere la situazione a proprio vantaggio, inviando messaggi positivi al paese. Sarà così anche dal palco del Meeting di Rimini, dal quale – come preannunciato proprio a ilsussidiario.net – spiegherà che l’Italia può farcela e che gli sforzi e i sacrifici fatti ci consentono di dire che è finita l’epoca in cui altri in Europa ci potevano assegnare i compiti a casa.
Letta ha fretta di chiudere entro fine agosto la partita della riforma dell’Imu, per dimostrare che il suo è un governo dei fatti, tutt’altro che immobile. È, quella delle realizzazioni concrete, l’unica arma a sua disposizione per dimostrare l’utilità della prosecuzione dell’esperienza della “strana maggioranza” che lo sostiene. Un momento di stasi inconcludente gli sarebbe fatale.
C’è grosso modo un mese di tempo per dimostrare tutto questo, prima che il caso Berlusconi deflagri con tutta la sua forza dirompente nelle aule parlamentari. In quel momento la commedia degli equivoci avrà bruscamente fine e ciascuno si dovrà assumere le proprie responsabilità. Al massimo si potrà guadagnare qualche settimana grazie a qualche cavillo procedurale, ma si tratta di inezie: in autunno si arriverà al redde rationem intorno al futuro politico del “leader incontrastato” del centro destra, per usare l’espressione dello stesso Napolitano.
Il Pd non avrà scelta, voterà contro. E persino i montiani di Scelta Civica non sembrano aver dubbi. Al fianco del Cavaliere potrebbero rimanere solamente gli alleati storici della Lega. Forze troppo esigue per sottrarsi a un finale che sembra già scritto, e che atterrisce Berlusconi, che teme una nuova ondata di azioni giudiziarie nei suoi confronti nel momento in cui dovesse ritrovarsi senza lo scudo del seggio parlamentare.
Lui non ha intenzione di fare sconti o regali. L’ipotesi di dimissioni spontanee non viene neppure presa in considerazione, così come quella dell’affidamento ai servizi sociali. E chiedere la grazia al Quirinale equivarrebbe ad ammettere una colpa che Berlusconi continua a non sentirsi addosso.
Tutto lascia pensare comunque che alla fine la scelta destinata a pesare di più sarà proprio quella del leader del centro destra, la resistenza a oltranza (che comporterebbe il precipitare della situazione verso le urne), oppure l’incoronazione di un successore. Poco importa se questo successore porterà o meno il suo cognome, il problema è che questa seconda opzione (Berluosconi King maker e leader di riferimento anche se fuori dalle aule parlamentari) appare oggi la meno probabile.
Nonostante le resistenze dei falchi però, qualcosa nell’area del Pdl e affini sembra essersi ormai messo in moto. C’è chi si è iscritto anzitempo alla gare per le primarie, come Flavio Tosi e Giorgia Meloni, ma anche chi pensa ormai apertamente al dopo. Gianfranco Rotondi, persona usualmente ben informata, è stato sibillino: il successore di Berlusconi è già stato scelto, ha detto. Salvo poi doversi precipitosamente correggere, spiegando che è stato raggiunto un accordo su un misterioso nome da sottoporre al Cavaliere.
Tanti piccoli segnali che indicano come il dopo Berlusconi sia già cominciato. Spetta a lui stabilire, se questo dopo si costruirà con o senza di lui.