Coniugare euro e crescita, Fiscal Compact e ripresa della domanda interna all’Eurozona è possibile. Parola di Andrea Terzi, docente di Economia alla Franklin University Switzerland e research associate al Levy Economics Institute di Bard College a New York. Nel libro “Salviamo l’Europa dall’austerità” illustra la sua ricetta per non lasciare la difesa della crescita nelle mani degli euroscettici. E propone una misura fiscale di respiro europeo, dimezzando l’Iva di tutti e 18 i Paesi che aderiscono all’euro ed evitando di conteggiare il disavanzo prodotto dal mancato gettito ai fini del Fiscal Compact.
Professor Terzi, lei ritiene che all’Italia convenga realmente continuare a restare nell’euro?
La permanenza nell’euro è una scelta politica prima che economica. Uscire dalla moneta unica, per qualunque Paese e soprattutto per l’Italia, vorrebbe dire dare un colpo fatale al processo di integrazione europea. Io non sono affatto a favore dell’idea che l’Italia debba uscire dall’euro, e la mia convinzione prima ancora che su un ragionamento economico si basa su un ragionamento politico, sociale e culturale. Quella dei miei figli è una generazione che gira per l’Europa liberamente, senza confini, con completa mobilità. Mentre l’Europa di mio padre e dei miei nonni era un’Europa di divisioni e di guerre. Dobbiamo chiederci quale delle due è quella che vogliamo.
Paesi importanti come Regno Unito e Polonia aderiscono all’Ue, ma non all’euro. L’Italia potrebbe fare altrettanto?
La moneta è sempre espressione della politica, e non è una buona strada dividere le due cose. Il motivo per cui oggi ci sono forze centrifughe e partiti che proclamano l’uscita dall’euro non mi sorprende né mi scandalizza, perché questo euro funziona malissimo. Lo documenta il fatto che le forze centrifughe sono evidentemente aumentate dopo il 2008. Oggi nell’Eurozona si contano 19 milioni di disoccupati, 8 milioni in più rispetto al 2006-2007.
E’ possibile coniugare permanenza nell’euro, Fiscal Compact e ripresa economica?
Sì, basta volerlo. Il Fiscal Compact è certamente un vincolo per ciascuno dei Paesi membri dell’Eurozona, e toglie a ciascuno di essi la possibilità di generare carburante per l’economia. Da un lato è del tutto ragionevole che ciascun Paese abbia dei vincoli fiscali, l’errore consiste nel fatto che questi vincoli valgano per l’Eurozona nel suo complesso, anche se in Stati Uniti e Svizzera vale una sorta di Fiscal Compact, addirittura più severo che nell’Ue.
Il Fiscal Compact europeo lascia alcuni margini di manovra?
Sì, anche se questi margini di per sé non sono sufficienti a innescare la ripresa economica. Il punto è che il trattato UE impone sostanzialmente un bilancio di pareggio, ma di tipo strutturale. Se si riconosce che l’economia di un determinato Paese sta girando al di sotto delle sue potenzialità, si concede un certo spazio per fare disavanzo. Questo spazio dipende da come calcoliamo quanto l’economia in oggetto sta funzionando al di sotto delle sue potenzialità. Se per esempio si stabilisse che l’Italia sta lavorando di molto al di sotto delle sue potenzialità, lo spazio per creare disavanzo sarebbe un po’ più grande, anche se ciò non basterebbe per risolvere il problema.
Quindi che cosa devono fare le istituzioni europee?
Per fornire carburante all’economia europea occorre che la tassazione complessiva dell’Eurozona sia mantenuta al di sotto della sua spesa pubblica creando un disavanzo europeo. Gli Stati Uniti hanno fatto il 10% di deficit/pil per uscire a fatica dalla crisi. E appena hanno provato a correggere il disavanzo hanno rallentato. In Europa, sarebbe sufficiente che il Consiglio UE si riunisse, riconoscendo la gravità della situazione dell’Eurozona e i problemi da cui origina: mancano carburante, domanda aggregata, reddito e denaro in circolazione. Per ridare carburante il Consiglio Ue decide che dalla mattina successiva l’Iva di tutti e 18 i Paesi membri è dimezzata. In Italia, ad esempio, l’aliquota del 22 passa all’11%.
In questo modo però si crea un buco nel bilancio dei singoli Paesi. Ciò non è contrario allo stesso Fiscal Compact?
Il mancato gettito potrebbe essere raccolto con l’emissione di un Eurobond garantito dalla Bce e suddiviso in parti proporzionali tra i diversi Paesi. La Germania non dovrà dare soldi all’Italia, ma tanto l’una quanto l’altra riceveranno soldi grazie all’Eurobond. Poiché inoltre si tratta di una decisione europea, il disavanzo che si creerà sarà tenuto fuori dal Fiscal Compact. Con questa soluzione già dal giorno successivo l’occupazione incomincerà a crescere.
(Pietro Vernizzi)