Le cronache di questi giorni sono decisamente avare di buone notizie, ma proprio nella consapevolezza delle crescenti difficoltà che il Paese attraversa si dovrebbero scorgere le basi di futuri programmi da condividere tra le diverse forze politiche fin da ora. L’obiettivo è quello di non lasciare solo l’esecutivo alla ripresa dei lavori parlamentari. Abdicare a questa funzione per il Parlamento ridursi al ruolo (ormai indigesto a tutti) di chi si limita a decretare con un sì o con un no la propria fiducia al governo, senza riuscire a entrare nel merito delle questioni.
Eppure un diverso spirito di collaborazione tra di noi, e non solo con il governo, potrebbe anticipare il cambio di rotta che il Paese chiede alla politica.
Solo pochi giorni fa il Cardinal Bagnasco ha rivolto a tutti, ma forse con una sottolineatura speciale proprio ai cattolici, un forte richiamo all’identità cristiana e alla coscienza di questa identità, e ha aggiunto:… La Chiesa fa il suo dovere accanto alla gente e dà loro voce …. Anche oggi ascolta l’ansia dei lavoratori che sono in apprensione per l’occupazione, di tanti giovani che non riescono a entrare nella società che produce e dà loro voce senza populismi, con umiltà …”. E proprio in continuità con quell’appello vorrei suggerire “umilmente” una proposta al governo per la prossima ripresa dei lavori dell’esecutivo.
Penso in concreto a tre dati che mi hanno particolarmente colpito in questa ultima settimana: a) il numero spropositato di giovani laureati disoccupati: oltre il 40%, mentre il recente decreto sulla spending review ha deciso di raddoppiare le tasse dei fuori corso; b) la chiusura dell’ILVA, con la rimozione del commissario appena nominato; c) l’interruzione delle trattative tra Alitalia e Windjet, con il duplice smacco di avere viaggiatori inferociti e nuovi disoccupati.
Tre fatti scelti proprio per la reciproca estraneità, mentre sono spie di uno stesso fenomeno. Ed è su questa comune radice dei problemi che si articola la mia proposta, sulla quale vorrei poter immaginare un’ampia convergenza.
Non c’è alcun dubbio che una delle sfide più forti del futuro sarà dettata proprio dalla necessità di garantire il diritto alla salute delle persone con un cambiamento radicale dei modelli di lavoro finora utilizzati. Alla evidente malafede che ha accompagnato la storia di alcune aziende, penso ad esempio alla drammatica produzione dell’amianto e al suo utilizzo in flagrante contraddizione con i più elementari diritti umani, si sta fortunatamente contrapponendo una diversa consapevolezza dei rischi che certe tecniche di produzione industriale hanno per la salute delle persone che lavorano in quelle aziende o più semplicemente vivono nel territorio che circonda le aziende stesse. Sono sfide nuove, che impongono una molteplicità di interventi che investono, medici, ingegneri, chimici e fisici, economisti, tecnici ambientali, ecc..
Sono le sfide del nostro tempo per una nuova cultura industriale che solo nuove generazioni di esperti sono in grado di immaginare capovolgendo radicalmente tecniche e modelli di produzione utilizzati finora. Serve un nuovo modo di pensare, nuove intelligenze che potrebbero essere individuate in quella schiera di neo-laureati condannati all’inerzia proprio in un momento in cui ci sarebbe urgente necessità della loro creatività imprenditoriale.
Qualcosa di simile viene in mente pensando a certe compagnie low cost, che ottengono profitti invidiabili gestite in modo snello, senza gli accessori che attualmente la maggioranza dei viaggiatori non può più permettersi, tanto più se giovani e spiantati. Eppure Windjet fallisce, perché rifiutato da un mastodonte come Alitalia, concepita con standard diversi, come conviene a una compagnia di bandiera, che ha target diversi, storia diversa e pure è stata diversamente aiutata in tempi di risorse generose. Perché non mettere intorno a uno stesso tavolo intelligenze nuove, nuova creatività per immaginare una spending review in cui i giovani laureati costruiscano un futuro per loro e per i loro coetanei, contando su di un forte impegno personale per far funzionare le cose. Abbiamo bisogno di un nuovo miracolo italiano, coerente con il nostro stile di pensiero e di azione; c’è un made in Italy anche a livello dei modelli industriali che va riscoperto. Ma il nuovo miracolo italiano ha bisogno di un pensatoio nuovo, originale, creativo.
La proposta allora è quella di sfidare il sistema complessivo di tutte le caste, mettendo in pista giovani talenti da affiancare ai tavoli istituzionali che si apriranno già dal primo settembre, ponendo loro domande molto precise.
Solo a titolo di esempio: Lavoro & salute. Quali misure per la prevenzione, ma anche quali misure per la reingegnerizzazione del sistema, quali interventi per riparare i danni prodotti alla vita di tanta gente. Lavoro & modelli organizzativi: come tutelare il core business di un’azienda riducendo drasticamente non solo gli sprechi, ma anche servizi accessori, ormai improponibili.
È una proposta che facciamo al Capo del Governo e al ministro Passera, su cui si concentrano gli sguardi preoccupati dell’intero Paese: servono posti di lavoro, più di quanto non servano alchimie politiche vagamente rassicuranti.
A settembre è sugli indici di disoccupazione che gli italiani misureranno la loro speranza di futuro, per questo bisogna uscire da quegli stessi schemi che si sono rivelati obsoleti. Colpa sì della politica, ma guai a illudersi che sia solo questo.
La proposta – insisto – è quella di invitare almeno una parte della nostra “migliore gioventù” per dare vita a veri tavoli di lavoro da affiancare a quelli istituzionali, per giovani capaci, con un contratto a breve termine: fino alla fine della legislatura. Potranno fare una esperienza preziosa.
Non è poco dare una risposta alle loro famiglie, che hanno investito con sacrificio personale risorse ingenti per aiutare i propri figli a concludere positivamente i loro studi e ora assistono sgomenti allo spreco di tanta ricchezza. Proprio perché “l’etica della vita e della famiglia non sono la conseguenza ma il fondamento della giustizia e della solidarietà sociale”, come appunto ha ricordato appena due giorni fa il Cardinal Bagnasco.