Il debito pubblico italiano, il deficit e il rispetto dei parametri europei sono al centro della campagna elettorale. Ieri il ministro dello Sviluppo economico Calenda si esprimeva in questi termini: “Il problema non è l’Europa, ma sono i mercati, che potrebbero decidere di non comprarlo più”; e ancora: “Chi ha un debito deve essere credibile”. La narrazione che si fa in Italia su questo tema è singolare e sinceramente si fatica a comprendere come si possa trattare questo argomento con così tanta superficialità. Facciamo quattro esempi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Giappone. Il debito pubblico americano è salito dal 67,7% del 2008 al 106,1% del 2016; quello inglese dal 50,2% all’89%; quello francese dal 68% al 96% e quello giapponese dal 192% al 250%. Sono tutte traiettorie insostenibili nel lungo periodo, ma nessuno se ne è preoccupato e se ne preoccupa. La ragione è che tutti questi Paesi sono, in modo diverso, credibili. La conclusione che possiamo trarre è che non importa di quanto cresca il debito e, in un certo senso, non importa nemmeno il suo valore assoluto: quello che conta è, giustamente, la credibilità. Chiunque abbia appena sottoscritto un mutuo ha un debito “fuori controllo”, ma è credibile nella misura in cui continua ad avere un lavoro e dei risparmi.
Non ci sono dogmi che possano definire la credibilità di uno Stato. Il deficit non è un criterio perché la Francia ha sforato i parametri europei dal 2012 al 2016 inclusi mentre l’Italia li rispettava. Per avere credibilità una condizione necessaria è la crescita. Se si rispettano i parametri del 3%, ma si distrugge la competitività, i debitori, inevitabilmente, si preoccuperanno. Se invece quei parametri vengono sforati, ma il sistema economico tiene o addirittura si rafforza, i debitori non hanno motivo di preoccuparsi. I dati sul risparmio privato, sui debiti privati o sul tasso di proprietà della casa dovrebbero essere considerati. In questo caso l’Italia dovrebbe essere premiata.
L’ultimo punto è la sovranità “monetaria” di un Paese. La Fed ha lavorato fin dall’inizio per creare le condizioni perché gli Stati Uniti potessero permettersi di contrastare con il debito gli effetti della crisi del 2008; negli ultimi anni il dollaro si è persino rafforzato. Gli investitori sapevano che dall’altra parte c’era la Fed. Una sicurezza e una minaccia allo stesso tempo. In caso di evoluzioni negative una valuta e una banca centrale proprie permettono agli Stati Uniti, o al Giappone o agli inglesi, di far pagare parte del conto ai propri creditori. Non solo. Gli attacchi speculativi si spingono in avanti solo fino a un certo punto, perché poi si combatte contro la banca centrale.
L’Italia non ha più una valuta e una banca centrale. La sua banca centrale, la Bce, nel 2011 non è scesa in campo; è scesa in campo solo dopo il cambiamento del governo e solo dopo l’accettazione da parte italiana di una austerity che ha distrutto l’economia, peggiorato di molto i saldi di finanza pubblica, ma ha trasferito sovranità e ricchezza a Germania e Francia. La Francia non ha una sua banca centrale e una sua valuta, ma il suo governo, come quello americano, può lavorare a debito per preservare l’economia e la sua banca centrale scenderebbe in campo per evitare una recessione, come invece accaduto in Italia nel 2011/2012, o per fermare un attacco speculativo. Questo basta per sconsigliare gli speculatori.
L’Italia non è credibile non perché ha il debito alto, ma perché non ha crescita, perché non ha una banca centrale pronta a difenderla e perché non avendo una sua valuta non può “minacciare” i suoi creditori. Questa è la prospettiva con cui si deve guardare il problema ed è la stessa “prospettiva” dei mercati a cui non è importato nulla dell’esplosione del debito americano e che oggi festeggia perfino un piano di abbassamento delle tasse.
Il debito americano è sostenibile? Forse no e forse arriveremo all’impensabile, ma gli Stati Uniti sono in compagnia di un nutrito gruppo di Paesi del primo mondo tra cui Francia, Inghilterra, Giappone, ecc. La Germania non ha questo problema però ha un impero, europeo, da cui drenare risorse. Ipotizzando anche un altro mega shock finanziario gli Stati Uniti ci arriveranno con la piena occupazione e l’apparato industriale in salute. Un buon punto di partenza.
La questione che dovremmo porci quindi non è ridurre il debito, ma come essere credibili. La ricetta, o la soluzione positiva o negativa, può passare solo ed esclusivamente da una ridefinizione del ruolo dell’Italia in Europa. Ogni altra prospettiva può andare bene solo a chi ha già accettato lo stato di colonia o spera di ricavarsi un posto al sole alla corte dell’imperatore.