«Dobbiamo uscire dalla logica per cui i provvedimenti alla famiglia sono legati in ordine sparso al lavoro, alle politiche sociali e all’economia. Costruire un piano per la famiglia significa comprendere veramente questo soggetto sociale che ha delle richieste molto precise di assistenza, di integrazione e di sussidiarietà, e intorno al quale è necessario far ruotare tutto il sistema delle decisioni». Pietro Cerrito, Segretario confederale nazionale della Cisl con delega al welfare, spiega il Piano nazionale federale proposto dal sindacato per rispondere alle necessità delle famiglie italiane, un nuovo welfare locale comunitario imperniato sul territorio.
Quanto è difficile in questo momento attuare un simile Piano?
È chiaro che, in un periodo come questo in cui le risorse sono poche, non è facile pensare a un’operazione del genere, ma sicuramente si possono razionalizzare le spese esistenti e soprattutto fare in modo che quello che si decide sul piano centrale si integri con quello che si può decidere sul piano territoriale. Dobbiamo costruire un sistema in cui i livelli essenziali di assistenza sono definiti dalla legge nazionale, un vero e proprio insieme di regole che siano uguali per tutti, da Nord a Sud.
Ci spieghi meglio
Ciascuna regione, applicando queste regole, con i fondi a disposizione e le risorse che ha sul territorio, integrerà e estenderà quei livelli di assistenza che dovranno avere come minimo comune denominatore la valorizzazione della famiglia. Questo Piano è quindi nazionale sul piano delle regole, ed è federale perché sono le Regioni che dovranno gestire i fondi che hanno a disposizione.
Su quali altri temi avete deciso di concentrarvi?
Un altro tema su cui è importante agire se si vuole fare della famiglia un vero elemento di difesa è quello della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: da marzo dell’anno scorso c’è già un Avviso in comune fatto dalle forze sociali, Confindustria, datori di lavoro, Cgil, Cisl, Uil e Ugl nel quale si chiede alla contrattazione nazionale decentrata e al governo di predisporre una normativa che faciliti la conciliazione dei due impegni, perché questo aiuta le donne a non abbandonare il lavoro e nello stesso tempo a giocare il ruolo di collante della famiglia.
C’è anche una terza questione?
Sì, parliamo di una legge nazionale che definisca la cura per i disabili e i malati cronici, cioè la long term care. Abbiamo spesso avuto discussioni impegnative col governo riguardo il finanziamento del fondo per la non-autosufficienza, e oggi crediamo che sia necessario creare una legge che dica chi è autosufficiente e chi no e che quantifichi le risorse disponibili sul piano nazionale. Le regioni entreranno a far parte di questo circuito alimentandosi dei fondi nazionali, se a loro volta metteranno in campo risorse proprie. In questo modo riusciremmo a costruire quel welfare locale che si integra con quello nazionale, ma che riprende delle regole generali. In un clima nel quale le risorse economiche sono poche, con il Pil in calo nel 2012 e probabilmente a galla a stento nel 2013, il sistema di sostegno alle famiglie non potrà godere di ulteriori finanziamenti, quindi è necessario utilizzare quello che abbiamo, razionalizzandolo, ma fissando un sistema di regole affinché sui territori si possa continuare a parlare di welfare.
Si cominciano a vedere gli effetti delle manovre?
Siamo appena agli inizi di questo processo, causato dai tagli del governo degli ultimi due anni. Prima la manovra del 2010, poi il “Milleproroghe” del 2011 e infine quella di dicembre: gli effetti che i tagli hanno prodotto nei bilanci degli enti locali li vivremo veramente nel 2012, e ancora non sappiamo con chiarezza quanti servizi salteranno. Proprio per questo è urgente rilanciare una strategia che razionalizzi quello che abbiamo per fare in modo che il welfare non diventi una “cenerentola”, come sta accadendo, perché altrimenti si alimenta solo la disperazione delle famiglie e il circuito della disoccupazione. Questa è l’idea che ha la Cisl rispetto alla famiglia e ai suoi bisogni in questo momento.
Lo stesso Raffaele Bonanni ha parlato di famiglie “sfiancate”…
I redditi familiari sono ormai al lumicino e molto più frequentemente le famiglie devono ricorrere ai propri risparmi privati per far fronte alle difficoltà. Una famiglia fa di tutto per mantenere tutta la serie di servizi e assistenza al suo interno, e nell’ultimo anno tutti gli studi e le ricerche hanno parlato di un grave impoverimento delle famiglie e di una crescita della povertà. Oggi intervenire sul welfare significa attenuare questa situazione.
Cosa vi aspettate quindi dal governo?
Abbiamo apprezzato la sua disponibilità a costruire un piano per la famiglia guardando a questo soggetto come un motore centrale e cercando di avere una logica che unisca i vari provvedimenti. Le parole del ministro Riccardi parlano di un’iniziativa di confronto, quindi a breve vedremo se riusciremo ad avere una serie di provvedimenti da parte del governo che vadano nella direzione dei temi che abbiamo trattato, quelli essenziali come il welfare integrato e sussidiario e i percorsi per il sostegno ai servizi.
(Claudio Perlini)