Ieri è stata una giornata densa di dati macroeconomici. Aumentano i disoccupati in Italia (13,4%) ma diminuisce il numero delle persone inattive, con 312mila persone in meno in un anno che non sono occupate né cercano un lavoro. In Germania invece la disoccupazione scende al 6,5%, mentre aumentano le vendite al dettaglio. I prezzi nell’Eurozona tra novembre e dicembre calano inoltre dello 0,2%. Abbiamo fatto il punto con Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università degli Studi di Torino.
Perché la disoccupazione in Italia continua ad aumentare?
Bisogna innanzitutto evitare di cadere in un facile errore. La disoccupazione è un indicatore difficile da leggere, e bisognerebbe invece guardare l’occupazione. Quando cercano di attestare il numero dei disoccupati, le domande degli intervistatori sono due: “Lei vorrebbe o meno lavorare?” e “Ha fatto qualche tentativo per cercare lavoro ultimamente?”. Se la risposta a entrambe le domande è sì, allora una persona è considerata come appartenente alle forze lavoro e quindi inserita nel computo dei disoccupati, altrimenti ne è esclusa.
E quindi?
Nelle fasi in cui l’economia dà qualche segno di ripartenza, la gente cerca più lavoro che nei periodi di crisi. In questo modo fa salire il numero dei disoccupati nello stesso momento in cui crescono gli occupati, perché aumenta la forze lavoro. Il perimetro di quest’ultima non è costante, e quindi il confronto internazionale sul numero dei disoccupati è relativo.
Qual è la situazione reale in Italia?
La situazione reale è che l’occupazione in Italia è aumentata: in quattro mesi si sono creati 100mila nuovi occupati. Il dato sulla disoccupazione invece va preso con le molle perché comprende sia la realtà, sia i desideri della gente. La differenza tra i paesi si spiega dunque così. Per il resto la Germania ha un’economia in espansione, ma in forte rallentamento, come tutta l’Europa, e forse solo l’Italia con i suoi “zero virgola” è leggermente in crescita.
L’Europa è in deflazione?
Anche in questo caso il dato sull’aumento dei prezzi preso da solo è ingannatore. Gli americani distinguono tra la “core inflation” ed elementi più volatili determinati generalmente da fattori esterni. Se togliamo la fluttuazione del prezzo del petrolio e delle altre materie prime, l’Europa non è in deflazione. Il fatto che le materie prime costino poco ci avvantaggia e quindi non è in sé un segnale negativo, anzi è un fattore a nostro vantaggio che dovremmo sfruttare di più. Anche se non le nascondo che l’inflazione europea allo 0,5% è troppo bassa e non è certo un dato soddisfacente.
Quali decisioni si aspetta dal board della Bce del 22 gennaio prossimo?
Siccome la Bce ha come compito quello di tenere l’inflazione sotto il 2%, Draghi se vuole può agire anche subito senza attendere il board del 22 gennaio. Stando alle ultime dichiarazioni del presidente della Banca centrale europea, sembrerebbe che l’opposizione tedesca non sia un veto. Per Berlino cioè gli interventi programmati da Draghi non serviranno a nulla, ma non li condanna più di tanto. I tedeschi sembrano quasi dire: “Se gli altri paesi vogliono queste misure, attuiamole pure”.
Che cosa dovrebbe fare invece il governo italiano?
Abbiamo fatto quasi tutto quello che si poteva fare e che era comunque limitato. Ora non ci resta che aspettare e pregare che le cose vadano bene. Con il Jobs Act c’è una convenienza a trasformare l’occupazione precaria in una di tipo permanente, ma con le tutele crescenti. Nella prima fase dunque si tratta pur sempre di occupazione subordinata, anziché di partite Iva, e con il tempo si consolida e dovrebbe dare delle posizioni permanenti. Per questi ultimi lavoratori dovrebbe essere più facile ottenere un credito in banca. L’Italia ha quindi messo in moto il modesto motore di stimolo di cui dispone, ora speriamo che abbia effetto.
La Germania continua a stare meglio del resto d’Europa. È una situazione momentanea o duratura?
Dieci anni fa la Germania e i paesi nordici hanno attuato una serie di riforme che il resto d’Europa non ha fatto. Si tratta di misure che l’Italia ha introdotto negli ultimi due anni, la Spagna solo di recente, mentre Francia e Belgio devono ancora approvarle. Mi riferisco alle riforme del mercato del lavoro, delle pensioni e simili. Avendo messo sotto controllo dei meccanismi che facevano gonfiare il bilancio pubblico molto più di quanto fosse sostenibile e salvato i diritti dei lavoratori e dei pensionati, lentamente inizieranno a sentirsi i benefici.
(Pietro Vernizzi)