Fermi tutti, gli equilibri economici e geopolitici del mondo stanno per subire uno scossone. Ieri è iniziato a Cernobbio l’annuale Forum Ambrosetti, sedicente consesso economico di primaria fama mondiale ma, in effetti, nulla più che un ritrovo autoreferenziale di economisti di serie B, industriali del capitalismo di relazione e comprimari della politica che fingono di tessere i destini del mondo. Il massimo del complotto che si è mai consumato sulle rive del Lago di Como è stato il siluramento di qualche direttore di quotidiano, perché fuori linea con il governo: non bastano roboanti titoli di workshop per trasformarsi in Davos, si rimane l’emanazione lacustre delle famose terrazze romane dove i poteri presunti forti intrallazzano e si lisciano le penne in favore di telecamere.
A riprova di quanto vi dico, c’è appunto la polemica del momento: Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Cassazione e guru dei 5 Stelle, ha infatti attaccato duramente il premier designato del Movimento, Luigi Di Maio, per la sua decisione di presenziare appunto al Forum Ambrosetti. La colpa? Non ci si mischia con i nemici della democrazia, con i membri della Trilateral, che si è contestato fino al giorno prima. Secca la replica di Di Maio: occorre farsi conoscere, vado a Cernobbio con le mie idee. E già questo dovrebbe farvi capire la caratura dell’incontro. Ma non basta, perché a deliziare l’uditorio ci sarà un altro noto e raffinato esperto di finanza e geopolitica come Matteo Salvini, sintomo che ormai Davos sta per perdere il suo primato di autorevolezza.
Ma davvero pensate che in quel consesso di decida qualcosa di segreto? O, peggio ancora, di importante? Pensate che un happening in cui è riverito ospite da sempre Renato Brunetta possa avere un minimo di credibilità nelle stanze che contano del potere economico? Pensate che la Fed sappia cosa sia il Forum Ambrosetti? Pensate che vengano orditi complotti in un convegno dove i workshop a porte chiuse diventano a porte aperte, se pagate l’ingresso? Ve la vedete la Spectre che mette in vendita posti a sedere per una lezione di sedizione globale?
Penso — e spero — che a Cernobbio si parli molto di non-performing loans più che di protezionismo o cambiamenti climatici, questo sì. Spero che si cerchi una soluzione per bloccare la deriva elettoralistica della politica occupazionale ed economica del governo, ormai in fase totalmente lisergica per quanto riguarda le proposte relative a mance e mancette. Spero che qualcuno chieda di discutere del futuro di FCA, soprattutto del fatto che la Consob non abbia nulla da dire rispetto al rally azionario garantito dalle voci di interesse di Great Wall: perché le regole valgono sempre e solo per gli stessi? Tranquilli, una domanda del genere a Cernobbio non verrà mai posta.
Sarebbe bello, poi, capire come mai quella pletora di menti illuminate dell’economia e della finanza che si pavoneggia in favore di telecamera durante i coffee-breaks, abbia scoperto solo ora l’esistenza di un problema euro e di un’incognita QE. Dove sono stati fino all’annuncio in sordina di ieri tramite la Reuters, che diceva chiaro e tondo che si continua a stampare e che il tapering è ancora un miraggio solo della Bundesbank? Magicamente, ieri a Cernobbio non si parlava d’altro. Peccato che quanto emerso debba fare riflettere molto. “Abbiamo un’inflazione che rimane abnormemente bassa”, ha dichiarato l’ex presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, intervistato da Bloomberg Tv, aggiungendo comunque che “abbiamo un’economia reale molto buona adesso. Abbiamo ancora un fenomeno che dovrebbe imporre alla Banca centrale di essere cauta nella propria linea di condotta, tuttavia una politica molto accomodante non può durare per sempre, né in Europa, né nel resto del mondo”. Accidenti che Premio Nobel! Infine, Trichet si è augurato che la debolezza del dollaro possa essere progressivamente corretta. Come? Non si sa, per le ricette stanno ancora attrezzandosi.
Ma ecco che sempre in riva al lago arriva un’altra illuminante lezione. “La forte fase di ritorno dell’inflazione a livello globale che sembrava probabile all’inizio dell’anno non si è ancora materializzata. Perciò, gli obiettivi di normalizzazione dell’inflazione e della disoccupazione a livelli accettabili continuano a essere difficili”. Parola del vicepresidente della Bce, Vitor Constancio. “Comunque — ha aggiunto Constancio — la ripresa ciclica in corso nell’area euro è adesso più ampia e più consolidata e la regione è più resiliente agli shock, grazie alla riduzione degli squilibri e a una più forte sincronizzazione dei ciclo economico tra i Paesi”.
A giudizio di Constancio, infatti, “riprendere una reale convergenza economica tra i Paesi membri è vitale per l’area euro. Questa è la prossima sfida fondamentale e richiederà più riforme strutturali e istituzionali sia a livello nazionale che europeo”. Ops, riforme strutturali e istituzionali: quindi, per far salire l’inflazione e rispedire l’euro in una area export-friendly, per così dire, ci vorrebbe magari una ripetizione con esito diverso del referendum del 4 dicembre 2016. O, magari, una bella ammucchiata parlamentare dopo il voto legislativo del 2018, un bel governo delle riforme. Ecco quali illuminanti ricette escono dal Forum Ambrosetti, prove tecniche di inciucio istituzionale ammantate di saggezza da funzionario Bce.
Ma attenti, perché l’uomo dell’Eurotower che conta davvero dopo Draghi, ieri ha parlato. E non da Cernobbio, bensì da un convegno a Alpbach, in Austria. “L’esperienza giapponese dimostra che gli Stati membri dell’Unione europea devono accelerare nel risanamento delle banche” ha dichiarato il membro del Consiglio della Bce, Ewald Nowotny. E ancora: “In Giappone ci hanno messo troppo tempo a riparare le strutture bancarie. E hanno autorizzato troppo a lungo un alto livello di non-performing loans: quindi una delle lezioni che riceviamo per l’Europa è che devi muoverti più velocemente per riportare in equilibrio il sistema bancario”. A giudizio di Nowotny, “nella maggior parte dei Paesi europei l’abbiamo fatto, in altri il processo è ancora in corso”. Indovinate di quale delle due categorie fa parte l’Italia, anche alla luce del bubbone Popolare di Bari appena scoppiato e da cui vi mettevo in guardia da mesi insieme a Carige.
E ancora, proprio rispetto all’uscita di giovedì rispetto all’overshooting dell’euro e quindi alla più graduale uscita dal programma di stimolo: “L’apprezzamento dell’euro sul dollaro è un evento che non va sovra-interpretato o drammatizzato. Dall’introduzione della moneta unica ci sono stati significativi movimenti del cross euro-dollaro. Adesso ci troviamo più o meno dove eravamo quando la moneta unica venne introdotta. Siamo stati sotto la parità e siamo arrivati a 1,50-1,60 dollari”. A giudizio di Nowotny, “ovviamente una politica di bassi interessi ha effetti positivi ma anche effetti collaterali ed è importante assicurarsi che per quanto la politica rimane in vigore, questi non sfuggano di mano”. Si scrive Nowotny, si legge Bundesbank. Completa sconfessione delle dichiarazioni dell’altro giorno, completa sconfessione della linea Draghi. I falchi rigoristi non hanno perso tempo a inviare il loro segnale in vista della riunione del board di giovedì prossimo: ok bloccare la corsa dell’euro ma inviare il segnale di un QE di fatto senza una fine è troppo pericoloso per i margini di profittabilità delle banche (tedesche). Ed ecco, quindi, il richiamo a quelle poco virtuose a ancora piene di non-performing loans (italiane). La guerra valutaria con gli Usa si è già tramutata in guerra intestina nell’Ue. In Austria l’hanno capito, a Cernobbio prendono il caffè. Occorre mediare con la Merkel e in fretta, cercando di spezzare l’asse con Macron. Se la Germania non cede, allora c’è un’unica via. Mettersi di traverso a Bruxelles. E vedere chi ha più paura di restare davvero con il cerino in mano. Certo, se sperate che a darvi suggerimenti su scenari simili siano Di Maio o Salvini, conviene arrenderci subito e offrirci come prigionieri. Magari, per compassione, gli yankees ci uccideranno per ultimi.