Governanti e banchieri centrali condividono la responsabilità prioritaria di produrre fiducia. Draghi ne è certamente consapevole ed è interessante analizzare come abbia voluto interpretare tale missione nella relazione 2008 della Banca d’Italia.
Tra le righe, il messaggio principale è stato: restate freddi e se lo farete le cose andranno bene. Lo shock inflazionistico sta destabilizzando il mercato globale e molto di più l’Italia in esso. La gente trova salari sempre più inadeguati in relazione all’aumento dei prezzi (3,6% tendenziale statistico, ma molto di più, forse il 6%, quello reale) e chiede al governo misure immediate. Questo potrebbe cedere alle pressioni e fare errori che peggiorerebbero la situazione, per esempio assistenzialismi o incrementi salariali che, ambedue, amplificherebbero la destabilizzazione inflazionistica.
Ma il rischio maggiore è che il governo non riesca fare quello che è ormai irrimandabile: ridurre le tasse ed i costi pubblici, un modo non inflazionistico per ripristinare la capacità di spesa delle famiglie erosa dall’aumento di energia e cibo; controllare la resa effettiva e l’efficacia delle sovvenzioni al Sud; ridisegnare le regole del sistema affinché sia possibile per le imprese aumentare la produttività; ridurre i costi dell’energia; ecc. Pertanto il messaggio di fondo di Draghi è sembrato essere: restate freddi e applicate le soluzioni che veramente possono funzionare senza cedere alla tentazione del populismo. Se tale interpretazione è corretta chi scrive è totalmente d’accordo con Draghi.
Ma, detto questo, bisogna capire se il governo avrà la possibilità di calibrare il contenimento dell’ansia sociale di contingenza con soluzioni di medio/lungo termine. Tale domanda non riguarda la qualità dei governanti, che per lo più è buona, ma proprio le loro possibilità nel contesto italiano. L’emergenza è grave perché l’inflazione va a cadere su un sistema indebolito da problemi strutturali irrisolti e “incrostati”: il debito, due Italie e una che tira mentre l’altra è trainata, costi statali e tasse fuori ogni ragionevole misura e, soprattutto, un’abitudine consociativa complicata dall’assenza di verticalità nell’esercizio del potere esecutivo che rende difficile applicare decisioni e cambiamenti forti. Su questo punto è difficile il commento in quanto certamente il governo sta preparando una linea di azione, il suo silenzio in materia indica che sta cucinando qualcosa di grosso e sostanzioso, ma non ci sono ancora i fatti. In attesa di vederli ed analizzarli, tuttavia, possiamo chiederci: ma cosa veramente potrà fare il governo italiano per reggere l’emergenza contingente?
A prima vista poco perché la crisi inflazionistica – che ha ormai raggiunto la soglia oltre la quale l’aumento dei prezzi energetici e del cibo si trasferisce a tutto il sistema economico – ha cause esterne e soluzioni a livello di governance globale. Inoltre è inevitabile una recessione sia spontanea sia indotta per calmierare i prezzi. Con la speranza che sia di media entità. E nel timore che la recessione non abbassi i prezzi petroliferi ed alimentari in quanto trainati dalla domanda crescente, comunque, in Cina, India e dintorni emergenti. Ma in realtà il governo può fare moltissimo in senso relativo: almeno aggiustare quelle anomalie che rendono l’Italia massimamente vulnerabile in caso di turbolenza globale. Puro buon senso ed è di questo che abbiamo bisogno per difendere la fiducia.