“Gli 80 euro in tasca agli italiani sono uno spot elettorale”. Carlo De Benedetti ha stroncato così il bonus Irpef di Matteo Renzi parlando su Radio24 intervistato da Giovanni Minoli. Dopo l’endorsement ufficiale alle primarie del Pd, con cui l’Ingegnere aveva voltato le spalle a Bersani, ora De Benedetti attacca per la prima volta Renzi. Parlando del tema della giustizia, De Benedetti ha aggiunto: “C’è stato un accanimento di Berlusconi contro la giustizia e come tutte le azioni creano anche delle reazioni”, così la magistratura non sempre è stata benevola nei suoi confronti. Parole che giungono proprio nel giorno in cui il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontrando al Quirinale i giovani magistrati alla fine del tirocinio li ha invitati a “evitare personalismi ed arroccamenti”. Ne abbiamo parlato con Mattia Feltri, editorialista de La Stampa.
Il fatto che De Benedetti critichi il premier significa che a una certa sinistra Renzi non piace più?
A una certa sinistra Renzi non è mai piaciuto. Da tempo si dice che la distinzione tra destra e sinistra non ha più senso e anch’io la penso così. Destra e sinistra sono categorie dell’Ottocento, che hanno trovato la loro completa affermazione nel Novecento, ma che nell’Europa di oggi non esistono più. Se la sinistra è quella contro le banche, a favore dei lavoratori e dei diritti acquisiti, stiamo parlando di una forza politica residuale.
Renzi è davvero di sinistra come dice di essere?
La discussione oggi non è più tra la destra e la sinistra, ma sul fatto che lo Stato sociale com’è oggi in Europa vada o meno conservato. In Cina in una notte sono costruiti tre piani di un palazzo, e noi non siamo in grado di reggere la competizione. Non auspico ovviamente il modello in cui esistono degli schiavi moderni, però è chiaro che dobbiamo ripensare completamente il nostro modo di vivere.
Che cosa c’entra tutto ciò con Renzi e De Benedetti?
Renzi sta cercando di governare un Paese senza per questo doversi accordare con Confindustria e sindacati, e già di per sé questa è una grande novità. Renzi non piace alla sinistra, ma non piace neppure alla destra, soprattutto se con quest’ultima intendiamo quella vecchio stile alla Fratelli d’Italia. Renzi piace a tutti gli altri elettori che sono la maggioranza e che vogliono qualcosa di nuovo e di concreto.
Repubblica, il principale quotidiano di De Benedetti, in passato si era già schierata con la destra difendendo De Mita contro Craxi. Siamo tornati a quell’epoca?
Craxi aveva innovato la sinistra secondo modalità che non piacevano a Repubblica, e lo si è visto fino in fondo per il modo con cui il leader Psi è stato marchiato d’infamia a partire da Tangentopoli. Però stiamo parlando di questioni di quasi 30 anni fa. Nel 1987, quando finisce il governo Craxi, è ancora in piedi il muro di Berlino, le economie sudamericane non hanno ancora incominciato a funzionare, quelle asiatiche ancora meno. Stiamo ancora una volta cercando di ragionare con categorie novecentesche in un mondo che è cambiato completamente. Passiamo al tema della giustizia.
Napolitano ha invitato i magistrati a “evitare personalismi e arroccamenti”. E’ d’accordo con questo invito?
Ha assolutamente ragione Napolitano. Quando in Italia si parla di casta, a tutti vengono in mente partiti, sindacati e giornalisti. Tra i primi posti come casta ci sono però i magistrati, i quali oggi si trovano in una situazione assolutamente insostenibile.
Perché definisce i magistrati una “casta”?
Per la Costituzione l’indipendenza della magistratura italiana, che non ha uguali in Occidente, era temperata dalla richiesta di autorizzazione a procedere. Quest’ultima è stata cancellata dagli anni di Mani Pulite, sicuramente si trattava di un anacronismo, ma il già ampio potere della magistratura si è ulteriormente allargato. Oggi ci troviamo con una magistratura dal potere esorbitante, che trascende del tutto quello previsto dalla Costituzione del 1948.
(Pietro Vernizzi)